Benvenuti in Svezia: Quando i carrelli dell’aereo stridono contro la pista, vi
coglie un fremito che spezza i primi sintomi della malinconia: un fremito di
euforia. Non è stato facile, ma ci siete riusciti. C’è voluto del tempo, ci sono
voluti dei sacrifici, probabilmente più del previsto, ma alla fine ce l’avete
fatta. Siete arrivati. Vi aspetta una nuova vita. Avete mollato tutto o quasi:
amici, partner, famiglia, lavoro, hobby… Tutto per trasferirvi in un’altra
città. Lontano da casa.
Da soli!
All’inizio, come animali fuori dal loro territorio, sarete
disorientati, ma nel vostro caso anche entusiasti e pieni di energie. Energie
che userete per imparare una nuova lingua, cercare pazientemente casa,
affrontare numerosi colloqui di lavoro, visitare la città, scoprire locali
nuovi in cui trascorrere le vostre notti e alzare i vostri gomiti, conoscere
nuovi amici e amiche; avrete addirittura voglia di passare le feste lontano da
casa e sentirete di rado le persone che eravate soliti frequentare, e
probabilmente vi siete già trovati una ragazza o un ragazzo per “facilitarvi la
vita”. Prima o poi, tuttavia,
finirete inevitabilmente intrappolati in una routine, perché – udite udite –
anche chi odia la routine ne ha una.
Allora
inizierà una ricerca più profonda, sarete più esigenti, selettivi,
intransigenti, intolleranti. Inizialmente saranno bazzecole: partirete alla
ricerca del ristorante più raffinato, del supermercato più economico, del mezzo
di trasporto più efficiente, del club o bar dove si beve meglio, del
parrucchiere più abile, del centro commerciale più fornito, del negozio di
abbigliamento con più saldi… fino a conoscere la città come il palmo della
vostra mano.
Poi
passerete a questioni più serie: probabilmente cambierete appartamento un paio
di volte per motivi futili; scazzerete con qualche “amico” acquisito in fase di
“bisogno di amici”; e, infine, il vostro stato mentale si avvicinerà
pericolosamente a quello che vi torturava prima di trasferirvi.
Non sarà
facile rendervene conto, succederà un giorno qualunque in un momento qualunque,
ascolterete per caso una canzone, vedrete per caso un film o una serie in TV o
qualcuno pronuncerà una frase che vi farà ripiombare nel passato. Lì capirete
che siete gli stessi di prima, solo in un altro posto, e intuirete che non
basta trasferirsi per cambiare.
Non tutti
sappiamo accettare la verità, però. Ci piace distorcerla in modo da sentirci
meglio con noi stessi. Perciò, ognuno interpreterà in modo diverso questa
sensazione. Nella maggior parte dei casi soffriremo di un’acuta (ed
eventualmente cronica) mancanza di casa, penseremo di aver sbagliato tutto, che
saremmo dovuti restare dov’eravamo, che si stava meglio quando si stava peggio.
Niente di più sbagliato: il problema è che ci siamo tenuti in testa un grosso
pezzo di casa e abbiamo cercato di imporla nel nostro nuovo habitat. Non sappiamo adattarci.
Poi c`è lo
spirito nomade, quello che è convinto di dover continuare a migrare per
sentirsi in pace con sé stesso. Questo è caratterizzato da mancanza di pazienza
e da una famelica assuefazione alle novità. Non si accontenta mai, è il tipico
individuo sregolato che non è capace di farsi durare le cose. Probabilmente
continuerà a spostarsi per tutta la vita, senza mai trovare pace né amore, e
perdendo quel poco di buono che avrà incontrato. Non sa accettare i difetti.
Ci saranno
sicuramente mille altri casi, come coloro che biasimeranno un qualche deus ex
machina o fingeranno di stare bene per tutta la vita, ma sono certo che
qualcuno capirà che la propria melanconia proviene soltanto da dentro, e allora
ci sarà spazio per un cambiamento.
Certo, a
questo punto è anche possibile che siate felici, ma siamo onesti:
stiamo
parlando degli esseri umani…
Tack och farväl.