giovedì 7 novembre 2013

"Pensionati svedesi da primato."


Una buona pensione, un servizio sanitario che riesca a fornire l’assistenza necessaria, un ambiente adatto alle proprie esigenze, un’istruzione superiore e la possibilità di lavorare, se lo si vuole. Sono questi gli elementi che contribuiscono a farci invecchiare bene, utilizzati dagli esperti di HelpAge International per creare il Global AgeWatch Index, un indice che aiuta a capire come si invecchia oggi nel mondo.
INDICE - Creato con il supporto del Fondo delle Nazioni Unite per le Popolazioni e la collaborazione del Centre for Research on Ageing dell’università di Southampton in Inghilterra, AgeWatch è la prima misura quantitativa del benessere degli anziani in 91 Paesi. Lo scopo è incoraggiare le nazioni a rendersi conto di quanto fanno per gli over 60, visto che si tratta di un segmento di popolazione in rapidissimo aumento: oggi ha più di 60 anni l’11 per cento della popolazione mondiale, ma nel 2030 la proporzione salirà al 16 per cento e nel 2050 addirittura al 22 per cento. Come spiega Silvia Stefanoni di HelpAge International, «Il mondo sta rapidamente invecchiando e già oggi il numero di over 60 supera quello dei bambini con meno di cinque anni; nel 2050 sarà maggiore degli under 15. Escludere l’invecchiamento dall’agenda politica dei Paesi è uno dei più grossi errori che si possano commettere oggi, con le prospettive che abbiamo di fronte. L’Indice AgeWatch serve proprio a capire dove si è fatto qualcosa di positivo, per prenderlo a modello altrove, e a individuare le aree “critiche” dove intervenire in ciascun Paese». Non è insomma solo un “metro” per sapere dove si invecchia meglio, ma anche uno strumento per intervenire dove e come serve.
PAESI - I parametri considerati per costruire l’indice sono quattro: la sicurezza economica (data dalla certezza delle pensioni, dal PIL pro-capite, dal tasso di povertà in età avanzata, dal welfare per anziani), il benessere e la salute (benessere psicologico, aspettativa di vita a 60 anni e aspettativa di vita senza malattia a 60 anni), l’impiego e il livello di educazione, l’ambiente (ovvero le connessioni sociali, la sicurezza, l’accesso ai trasporti pubblici, la libertà personale). I dati provengono da fonti inattaccabili come la Banca Mondiale, l’Organizzazione Mondiale della Sanità, l’Institute for Health Metrics, l’Organizzazione Internazionale del Lavoro e il database Gallup World Poll. Dando “voti” a ciascuno dei vari parametri gli esperti sono riusciti a stilare una classifica che riserva qualche sorpresa e conferma alcune certezze: Svezia e Norvegia, ad esempio, sono i luoghi migliori per invecchiare seguiti da Germania, Olanda, Canada. Gli Stati Uniti sono ottavi e nella top ten ci sono solo Paesi europei o del Nord America, fatta eccezione per la Nuova Zelanda (settima) e il Giappone (decimo); l’isola di Mauritius è il Paese migliore in Africa, il Cile si guadagna il primo posto in Sudamerica mentre i posti peggiori dove vivere (non solo da vecchi, si suppone) sono l’Afghanistan e, solo di poco migliori, il Pakistan, la Tanzania e la Giordania.
ITALIA - L’Italia se la cava con un dignitoso ventisettesimo posto, preceduta di poco da Argentina e Repubblica Ceca: la “pagella del Paese”, che si può consultare sul sito internet dell’iniziativa, spiega che già oggi da noi il numero degli anziani è enorme (gli over 60 sono il 27 per cento della popolazione e siamo il secondo Paese più vecchio al mondo, nel 2050 diventeranno il 38 per cento), tuttavia siamo solo al 62° posto per numero di over 60 con un impiego e un’istruzione superiore. Va un po’ meglio con l’ambiente di vita, per cui ci piazziamo al 53° posto: la maggioranza degli italiani infatti giudica bene l’accesso ai trasporti pubblici, la sicurezza delle città, la possibilità di scelte libere, inoltre l’83 per cento afferma di poter contare su un familiare in caso di necessità a riprova di una “rete” sociale adeguata. Siamo quindicesimi per la salute, perché abbiamo un’aspettativa di vita sana alta (a 60 anni possiamo vivere ancora 25 anni, di cui oltre 18 in piena salute) e un buon benessere psicologico nella terza età; l’Italia infine è addirittura sesta per la sicurezza economica degli anziani perché il PIL pro capite è abbastanza elevato, il tasso di povertà si ferma all’11 per cento e soprattutto vengono erogate a tutti le pensioni, in buona parte perfino prima dei 65 anni. Quest’ultimo punto rischia di essere uno specchio forse un po’ distorto della realtà, perché come in tutte le statistiche si mettono assieme gli “estremi”, dalle pensioni d’oro, ai baby-pensionati, agli assegni minimi (la media delle pensioni, stando al “calcolatore” PensionWatch della stessa organizzazione, è di 464 euro: non proprio da nababbi). Allo stesso modo non giustifica ottimismi osservare la classifica generale e accorgersi che siamo superiori solo di poco rispetto a Paesi come Costa Rica, Ecuador, Sri Lanka o Albania.
källa: elena meli corriere della sera
Insomma, non va malissimo ma di certo si può migliorare e chissà che vedere nero su bianco le differenze fra Paesi e le “pagelle” date dagli esperti non serva a prendere, finalmente, decisioni che aiutino gli anziani italiani, di oggi e del futuro.
FoF


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Sono andato, tornato, ripartito.

Sono andato, tornato, ripartito.
E così ora sono qui, in un’altra fase della Vita. Abito vicino al ponte Västerbron, a forma di arpa. E’ bellissimo. La mia gratitudine è a scoppio molto ritardato. Faccio in tempo a dimenticare gli atti, i nomi e i volti prima di aver capito quando dovessi ad ognuno.