mercoledì 5 febbraio 2014

"Chi parte sa da che cosa fugge... ma non sa che cosa cerca..."


Benvenuti in Svezia: Quando i carrelli dell’aereo stridono contro la pista, vi coglie un fremito che spezza i primi sintomi della malinconia: un fremito di euforia. Non è stato facile, ma ci siete riusciti. C’è voluto del tempo, ci sono voluti dei sacrifici, probabilmente più del previsto, ma alla fine ce l’avete fatta. Siete arrivati. Vi aspetta una nuova vita. Avete mollato tutto o quasi: amici, partner, famiglia, lavoro, hobby… Tutto per trasferirvi in un’altra città. Lontano da casa. Da soli!
All’inizio, come animali fuori dal loro territorio, sarete disorientati, ma nel vostro caso anche entusiasti e pieni di energie. Energie che userete per imparare una nuova lingua, cercare pazientemente casa, affrontare numerosi colloqui di lavoro, visitare la città, scoprire locali nuovi in cui trascorrere le vostre notti e alzare i vostri gomiti, conoscere nuovi amici e amiche; avrete addirittura voglia di passare le feste lontano da casa e sentirete di rado le persone che eravate soliti frequentare, e probabilmente vi siete già trovati una ragazza o un ragazzo per “facilitarvi la vita”. Prima o poi, tuttavia, finirete inevitabilmente intrappolati in una routine, perché – udite udite – anche chi odia la routine ne ha una.
Allora inizierà una ricerca più profonda, sarete più esigenti,selettivi, intransigenti, intolleranti. Inizialmente saranno bazzecole: partirete alla ricerca del ristorante più raffinato, del supermercato più economico, del mezzo di trasporto più efficiente, del club o bar dove si beve meglio, del parrucchiere più abile, del centro commerciale più fornito, del negozio di abbigliamento con più saldi… fino a conoscere la città come il palmo della vostra mano.
Poi passerete a questioni più serie: probabilmente cambierete appartamento un paio di volte per motivi futili; scazzerete con qualche “amico” acquisito in fase di “bisogno di amici”; e, infine, il vostro stato mentale si avvicinerà pericolosamente a quello che vi torturava prima di trasferirvi. Non sarà facile rendervene conto, succederà un giorno qualunque in un momento qualunque, ascolterete per caso una canzone, vedrete per caso un film o una serie in TV o qualcuno pronuncerà una frase che vi farà ripiombare nel passato. Lì capirete che siete gli stessi di prima, solo in un altro posto, e intuirete che non basta trasferirsi per cambiare. Non tutti sappiamo accettare la verità, però. Ci piace distorcerla in modo da sentirci meglio con noi stessi. Perciò, ognuno interpreterà in modo diverso questa sensazione. 
Nella maggior parte dei casi soffriremo di un’acuta (ed eventualmente cronica) mancanza di casa, penseremo di aver sbagliato tutto, che saremmo dovuti restare dov’eravamo, che si stava meglio quando si stava peggio. Niente di più sbagliato: il problema è che ci siamo tenuti in testa un grosso pezzo di casa e abbiamo cercato di imporla nel nostro nuovo habitat. Non sappiamo adattarci.
Poi c`è lo spirito nomade, quello che è convinto di dover continuare a migrare per sentirsi in pace con sé stesso. Questo è caratterizzato da mancanza di pazienza e da una famelica assuefazione alle novità. Non si accontenta mai, è il tipico individuo sregolato che non è capace di farsi durare le cose. Probabilmente continuerà a spostarsi per tutta la vita, senza mai trovare pace né amore, e perdendo quel poco di buono che avrà incontrato. Non sa accettare i difetti. Ci saranno sicuramente mille altri casi, come coloro che biasimeranno un qualche deus ex machina o fingeranno di stare bene per tutta la vita, ma sono certo che qualcuno capirà che la propria melanconia proviene soltanto da dentro, e allora ci sarà spazio per un cambiamento.
Certo, a questo punto è anche possibile che siate felici, ma siamo onesti: stiamo parlando degli esseri umani…Tack och farväl. (Grazie e arrivederci.)





Attenzione

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Sono andato, tornato, ripartito.

Sono andato, tornato, ripartito.
E così ora sono qui, in un’altra fase della Vita. Abito vicino al ponte Västerbron, a forma di arpa. E’ bellissimo. La mia gratitudine è a scoppio molto ritardato. Faccio in tempo a dimenticare gli atti, i nomi e i volti prima di aver capito quando dovessi ad ognuno.