venerdì 6 giugno 2014

"Polpettine Svedesi"

  Saab: Jas-39 Gripen,

 Svezia, il paese pacifista che arma il mondo:
La Svezia che un tempo era avanguardia pacifista oggi è tra i maggiori esportatori di armi nel mondo, non senza un discreto spargimento d’ipocrisia.

GLI AFFARI PROSPERANO -
La Svezia è il terzo paese al mondo per valore pro-capite nell’export di armi dietro a Israele e Russia, il governo incassa oltre 53 dollari per ogni abitante all’anno dalla vendita di armi e sistemi d’arma. Come valore assoluto la Svezia è il nono paese per fatturato.
Il tutto a dispetto di leggi che a Stoccolma vieterebbero di vendere ai paesi che non rispettano i diritti umani e a Berna imporrebbero di essere sicuri che le armi siano vendute solo ad acquirenti legittimi che ne facciano un uso legittimo, in pratica nessuno o quasi.

La Svezia, negli ultimi anni si è segnalata per una serie di scandali che hanno scosso il paese, anche se evidentemente non abbastanza da imporre al paese un’inversione di rotta. Lo scandalo che ha fatto più rumore è stato sicuramente quello che ha visto i governi svedesi, quelli di destra come quelli di sinistra, organizzare una serie di società dietro alle quali nascondere la collaborazione delle industrie nazionali alla costruzione di una fabbrica d’armi e missili in Arabia Saudita, paese che attualmente svetta al terzo posto tra i paesi importatori d’armi e che mira evidentemente anche ad affrancarsi dai fornitori esteri dotandosi di un’industria bellica nazionale all’avanguardia.
Jas-39 Gripen in costruzione
LOBBYING SPERICOLATO - Un esito non esattamente auspicabile da parte occidentale, per non dire delle qualifiche saudita in tema di rispetto dei diritti umani o delle credenziali democratiche di una monarchia feudale che usa senza scrupoli la rendita petrolifera come la religione e che corteggia e manipola ogni genere d’estremismo o dittatura araba coltivando sogni di potenza. Il governo svedese s’è poi segnalato per l’intenso lavorio nel proporre il suo caccia, il Saab lo Jas-39 Gripen, alle aviazioni dei più disparati paesi del mondo. Una politica strana per un paese che a lungo si è dichiarato non allineato e neutrale e che proprio per questo non si è mai associato formalmente all’alleanza atlantica, ma la Svezia non ha fatto mancare i suoi uomini in Bosnia e Kosovo, ha preso parte fin dal 2006 alla missione ISAF in Afghanistan e il governo di Stoccolma è stato anche uno dei partner più entusiasti della campagna in Libia.

NON SEMPRE VA BENE - Come rivelato dai cable pubblicati da Wikileaks, la maggior preoccupazione degli svedesi in Afghanistan era quella di far partecipare i Gripen all’azione, e lo stesso motivo s’intuisce abbia guidato l’adesione alla campagna di bombardamenti sulla Libia, che anche secondo i rappresentanti di Saab è valso come un ottimo biglietto da visita per le vendite del mezzo. Con la Svizzera invece non è andata bene, l’affare per i 22 Gripen che aveva trovato l’ok dei parlamentari è stato bocciato di misura in un referendum pochi giorni fa ed è opinione comune che a far raggiungere il risicato 53% ai no abbia contribuito la scoperta che l’aggressiva compagna di marketing degli svedesi non si era limitata alle forme tradizionali di pubblicità, ma era anche stata accostata da un lavoro di pressione più clandestino sui deputati svizzeri che non è piaciuto a molti. La partita di F-18 acquistata dagli Stati Uniti in precedenza aveva superato analoga prova in scioltezza.

COME SE LA RACCONTANO
- «Gli svedesi si vedono molto etici e restrittivi quando si tratta di fornire ai dittatori o a chi viola i diritti umani i mezzi per rimanere al potere. Ma la realtà è che un tempo era così».
Siemon Wezeman
La Svezia di oggi si può riassumere con queste parole di Siemon Wezeman, un esperto d’armamenti dello Stockholm International Peace Research Institute (SIPRI), che ha spiegato come la recente «apertura» dipenda dalla fine della guerra fredda e dall’aprirsi di nuove opportunità commerciali e l’emergere di clienti che un tempo non erano tali. Ma se vendere i Gripen al Brasile non sembra eticamente riprovevole, quando s’arriva all’Arabia Saudita, al Pakistan o agli Emirati la questione si fa molto diversa.

NON SOLO SOLDI -
La questione in Svezia ha ovvie radici politiche ed economiche, che sembrano favorire le prime sulle seconde, visto che secondo molti analisti il paese potrebbe procurarsi sistemi d’arma in maniera più efficiente ed economica comprandoli all’estero, anche gli aerei che produce. L’industria bellica è però il primo datore di lavoro privato del paese e le pressioni politiche a sostegno dell’occupazione non sono da meno delle aspirazioni di qualche politico convinto che il bene del paese consista in un fin troppo evidente allineamento a Washington, una vicinanza che ha spinto il paese anche a intrappolarsi da solo in una pessima figura con il caso Assange.

L’OPINIONE PUBBLICA S’ADEGUA
- Agli svedesi importa di più di quei posti di lavoro degli intrighi con i sauditi o con la NATO e lo stesso Wezeman non ha difficoltà ad ammetterlo: «La nostra partecipazione alla campagna in Libia ha portato discreti benefici al Gripen. Questo non l’ammetterebbe mai alcun politico, ma è vero. "La gente lo ha visto partecipare alle campagne aeree. È positivo per il business." E tanti saluti al pacifismo, alla neutralità e al non allineamento, il richiamo dei soldi si è dimostrato più forte delle ragioni ideali di chi ha scritto le leggi in Svezia e anche delle stesse leggi. Un’evoluzione che mette a nudo l’ipocrisia delle pretese di paesi che in passato hanno fatto scelte che oggi ripudiano ipocritamente in silenzio, perpetuando una finzione che serve solo a coprire la violazione delle loro stesse leggi. Un gran brutto segnale per tutti, se questi sono i paesi più virtuosi al mondo quando si arriva a parlare di pace e di come evitare le guerre, c’è ben poco da stare allegri.
(diverse källor)



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Sono andato, tornato, ripartito.

Sono andato, tornato, ripartito.
E così ora sono qui, in un’altra fase della Vita. Abito vicino al ponte Västerbron, a forma di arpa. E’ bellissimo. La mia gratitudine è a scoppio molto ritardato. Faccio in tempo a dimenticare gli atti, i nomi e i volti prima di aver capito quando dovessi ad ognuno.