venerdì 22 novembre 2013

Svezia: "Un paese a misura di bambino"

Svezia ai primi posti, l’Italia è penultima. «Solo l’uno per cento del Pil italiano è destinato ai minori»
"Abbiamo bisogno di asili nido più che di strade. Sono le vere infrastrutture per costruire il futuro". Raffaela Milano, direttore del programmi Italia-Europa di Save the Children , non lascia dubbi. Nel giorno in cui il mondo celebra i diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, la classifica dei Paesi migliori per i bambini- stilata dalla sua associazione sulla base degli indici Eurostat - lascia sgomenti: l’Italia è penultima in Europa. Dopo c’è solo la Bulgaria. Se si considerano le singole voci (12 in tutto, che misurano dall’istruzione alla povertà), il nostro Paese si piazza per 7 volte oltre il ventesimo posto. I bimbi italiani hanno ben poco da festeggiare.

A poter scegliere, bisognerebbe nascere al Nord;
ai primi posti campeggiano i «soliti» Paesi scandinavi: Finlandia e, a seguire, Svezia, Danimarca, Olanda e Lussemburgo. I migliori, non a caso, anche per le madri. Intanto, ed è una buona notizia, a livello mondiale la situazione migliora: tra il 2005 e il 2010 i minori malnutriti sono stati 36 milioni in meno che negli anni tra il 1995 e il 1999. Nello stesso periodo sono aumentati di 50 milioni quelli che hanno potuto sedersi sui banchi di scuola.

L’Italia, però, non fa progressi. Al contrario peggiora. Pesa un problema nuovo di miseria. «Nel 2012 abbiamo raggiunto un milione di bambini e adolescenti in povertà assoluta - spiega Raffaela Milano -. Significa che non hanno accesso ai beni e servizi fondamentali per una vita dignitosa». Due anni prima erano 650 mila: il balzo è enorme. Vivono soprattutto al Meridione, sono i figli di madri sole, immigrati, famiglie numerose o - ed è un segnale pessimo per il futuro - genitori giovani e precari.

La loro situazione è particolarmente difficile anche perché li aiutiamo poco. Mentre la Danimarca usa il 5,3 per cento della ricchezza nazionale per proteggere famiglie e minori, l’Italia solo l’1,1 per cento (meno di noi solo Grecia e Lettonia, con lo 0,7%). Finora hanno supplito le famiglie, ma ora la crisi si è fatta sentire e non ce la fanno più. La cartina di tornasole la offre l’indice che calcola il rischio di deprivazione materiale per gli under 18: Svezia, Lussemburgo, Olanda e Danimarca hanno quello più basso; in Italia è quattro volte più alto. Povertà significa anche lavoro minorile: secondo Save the Children sono almeno 260 mila gli under 16 italiani che lavorano (è illegale), di cui 30 mila impegnati in attività particolarmente a rischio: lavori notturni, o nei cantieri o incompatibili con la scuola. E infatti è alta anche la dispersione scolastica: in Italia quasi un ragazzo su cinque non arriva oltre la terza media.

Questa è la fascia di assoluta emergenza. Ma i problemi riguardano tutti.
«Si stanno sgretolando i pilastri del welfare che negli anni hanno garantito il benessere dei bambini», avverte l’analista di Save the Children . A cominciare dall’assistenza sanitaria e dall’istruzione: «I pediatri denunciano sempre più ritardi nell’accesso delle cure, soprattutto dentistiche». C’è poi il capitolo scuola: oggi i bambini italiani sotto i 15 anni sono al 14esimo posto in Europa per capacità di lettura (prima c’è, di nuovo, la Finlandia). Istruzione di cattiva qualità significa anche minori opportunità da adulti. «La scuola pubblica è in difficoltà: tra il 2008 e il 2011 ha subito tagli per 8,4 miliardi di euro», dice Raffaela Milano. Il rischio è perdere uno dei fiori all’occhiello dell’Italia, che per quanto riguarda materne ed elementari è sempre stata all’avanguardia.

I numeri mostrano che investire su istruzione e assistenza all’infanzia è fondamentale:
«I Paesi scandinavi sono ai primi posti perché c’è una rete di supporto ai bambini che parte dai primi anni di vita - spiega Milano -. La fascia 0-3 anni è fondamentale sia per i bimbi che per l’educazione dei genitori. C’è chi considera gli asili nido solo parcheggi a disposizione delle mamme che lavorano. Invece i dati mostrano che i bimbi che ci vanno hanno una salute migliore e maggior successo scolastico». In Italia ci sono intere zone in cui praticamente non esistono: in Calabria e Campania meno di 3 bambini su 100 hanno un posto in un nido pubblico.  

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«Il paradosso è che le eccellenze a livello locale non mancano. Eppure siamo incapaci di fare sistema - chiude Milano -. Bisogna creare delle infrastrutture nazionali per le infanzia». 


Attenzione

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Sono andato, tornato, ripartito.

Sono andato, tornato, ripartito.
E così ora sono qui, in un’altra fase della Vita. Abito vicino al ponte Västerbron, a forma di arpa. E’ bellissimo. La mia gratitudine è a scoppio molto ritardato. Faccio in tempo a dimenticare gli atti, i nomi e i volti prima di aver capito quando dovessi ad ognuno.