giovedì 31 ottobre 2013

"Quando si diventa blogger, ci si trasforma."

Quando si diventa blogger, ci si trasforma. Si subisce una mutazione permanente, irreversibile e perniciosissima.
Prima si scrive, si corregge, si lima il post e poi lo si pubblica. E infine si aspetta. Si aspetta per vedere se il post piace, se viene letto, se interessa, se raccoglie consensi o suscita dibattiti. Tuttalpiù anche un po’ di polemica o di astio vanno bene.
In pratica, in poche parole, si diventa assetati di commenti.
Ebbene sì. Il commento è l’indice di gradimento, l’indicazione che siamo piaciuti o perlomeno che abbiamo destato l’attenzione del pubblico.

È come una specie di Auditel per la TV. Si mette il proprio pensiero in rete e poi si controlla di tanto in tanto che cosa succede. I blogger più maniacali ed ossessivi sono capaci di fare un check  ogni mezz’ora: non si sa mai. Comunque la frequenza può variare; ma tutti, dico tutti, desideriamo essere letti e commentati. Ci dà un brivido di piacere vedere il numerino tra parentesi alla fine del post, che cresce, che sale, che non s’arresta. E se lo fa, se si arresta troppo in fretta, ci soffriamo. Ci domandiamo perché e a volte non troviamo la risposta. “Sarò stata noioso? Scontato? Prevedibilo? Forse banale. O magari a nessuno frega niente di questo argomento. O dovevo cogliere di più il lato ironico? O quello cinico. O sottolineare l’aspetto sarcastico. Dovrei essere più arguto. Ecco la chiave! Arguzia. O cattivo? Forse per suscitare interesse devo essere più "colione triste" o politically uncorrect.”.
E poi si fa il giro per i blog altrui, quelli più seguiti, quelli più cliccati, per capire, per estrapolare il segreto di tanto successo e farlo proprio. Ma non funziona, perché queste cose sono difficili a esaminarsi, sono anche frutto del caso, del momento, chissà. Allora ci si rivolge agli amici e ai parenti e s’implora loro di lasciare un commento e non si manca occasione per farlo. “Mi lasci un commento quando hai un minuto?”; “Hai letto il mio ultimo post?”; “Che cosa ne pensi della mentalità italiana? Ci ho fatto anche sopra un post, dacci un occhio e magari dì la tua!”. Che cosa non si farebbe! Alla fine gli amici ti odiano, odiano te e il tuo blog, non ne possono più delle tue richieste di commenti, dei tuoi messaggi subliminali (“uh quanto è divertente lasciar commenti nei blog” si declama con nonchalance una sera a cena con i vecchi compagni di scuola, quasi come se il tutto fosse perfettamente casuale). A forza di dai e dai, tutti vorrebbero vederti sparire per sempre dalla faccia della terra, tu e il tuo blog del cavolo. A questo punto il commento non te lo lasciano neanche a morire, fossi matto, mi rompe talmente le palle…poi se comincio e lo accontento, non mi smolla più.
by: Eireen die Italienerin

Cari amici, parenti, lettori fissi e lettori casuali, abbiate un occhio di riguardo; non voltate lo sguardo schifati alla richiesta più o meno implicita di commenti  e perdonate tutti quei “E voi che cosa ne pensate, carissimi?” alla fine del post. Cercate di capire le manie di noi aspiranti blogger di fama (inter)nazionale. Dateci una pacca sulla spalla, incoraggiateci.
E lasciate un commento, porca miseria!


mercoledì 30 ottobre 2013

Smaklig måltid. (Buon appetito.)

Come direbbe zi`Caterina: "Quanto si mangia bene in Italia non si mangia da nessun'altra parte". E, forse, questa volta avrebbe ragione.
Nel nostro paese la cultura gastronomica ha radici profonde e diffuse.
Forti di consolidate tradizioni storiche e di una felicissima posizione geografica, noi italiani produciamo e consumiamo buon cibo e buon vino.
L'Italia se ne sta là. Spalmata sul Mediterraneo e tenuta per i capelli dalle Alpi. Godendo, senza merito alcuno, di sole, mare, montagne e laghi.
Da noi tutto può essere coltivato e tutto può essere allevato. Con il risultato che per noi la cucina è un'enorme ricchezza, diversa ma sempre preziosa, da Nord a Sud, da regione a regione, da comune a comune.
Anche agli svedesi piace mangiare. Ma loro, poveretti, stanno in Svezia. E cosa cresce in Svezia? Rape rosse e patate. Patate e rape rosse.
La cucina svedese è più povera della nostra, esattamente come quella di tre quarti d'Europa. Ciò è dovuto ad una sorta di maledizione divina che fornisce a noi e a tutti i sudditi del continente millemila ingredienti disponibili, e a loro e a tutti i nordici un'esigua varietà.
Tzatziki
Gli svedesi, però, hanno deciso di trarre vantaggio dalla globalizzazione e dalla loro celeberrima passione per i viaggi. Così hanno cercato d'innestare le tradizioni culinarie straniere sulla loro cultura, fin nell'interno delle loro case.
Mi spiego meglio. Se vado da zi`Caterina e le dico "Tzatziki!", lei tutt'al più mi risponde "Salute!" Ma, se lo vado a dire ad una casalinga svedese, sono molto alte le probabilità che questa ne tiri fuori dal frigo una vaschetta preconfezionata o che, addirittura, me ne prepari con le sue vikinghe mani una scodellona formato famiglia. I supermercati svedesi sono pieni di prodotti stranieri, entrati ormai a far parte dei loro pranzi e delle loro cene. E tra le cucine di tutto il mondo, un po' per merito e un po' per la forte immigrazione, quella italiana occupa da sempre un posto speciale negli stomaci e nei cuori scandinavi. Posto che, però, non impedisce che, ogni tanto, questi stolti nordici non ne facciano inconsapevole e involontario(?) scempio.
Come quella volta che la signora Giuseppa detta Giusy siciliana DOC, con il suo ultimo fidanzato in ordine di tempo( un finlandese dal nome inpronunciabile) in occasione del suo compleanno, organizzò un pranzo per il gruppo più stretto di amici. Pranzo a base di deliziose lasagne, preparate dalle sue amorevoli manine.
Noi italiani, che un profumo così casalingo e materno non lo sentivamo da mesi, ci sciogliemmo in una pozza di besciamellica nostalgia.
Gli skandinavi, svedesi in testa, si esaltarono in una nuvola di scoppiettante entusiasmo.
Eravamo tutti felici: noi, loro e la cuoca festeggiata.
Tutti felici fino a quando Reykjavík, il fidanzato della signora Giusy dal nome impronunciabile, ebbe la malsana idea di chiedere il ketchup.
Il ketchup.
Il ketchup.
Scusatemi, ho bisogno di dirlo un'altra volta, il ketchup!
Il ketchup per affogarci le lasagne, per uccidere il sapore, per eliminare la delicatezza.
Il ketchup per fare del male alla pasta, a noi, e al mondo tutto!
Dalla parte italica della tavola partì una vera e propria rivolta:
"Eretico!", urlò la folla inseguendo lo stolto con forconi e fiaccole.
E la sciagurata scena si concluse con la defenestrazione della rossa salsa, prima, e del biondo finnico, dopo.
ursprunglig källa :
(jane)pancrazia in berlin

Noi italiani possiamo perdonare quasi tutto.
Quasi…!!!



martedì 29 ottobre 2013

Facebook non e`diabolico.



NON E` CHE SPUTO NEL PIATTO DOVE MANGIO:
Anche perche` non e` scrivendo sul social network che mi procuro da mangiare.
Certo qualche volta e` divertente, spesso passano messaggi edificanti ( ri-postati ennemila volte e che spesso perdono il contesto cosi che` non sai piu` il motivo per cui sono scaturiti.)
 
Di per se`, poi, come tutti gli strumenti, Facebook non e` certo diabolico. E` fatto per mettere in comunicazione le persone, per far si` che scambino contenuti liberamente, che condividano pensieri e opinioni, oltre che immagini. E questo va tutto a vantaggio di un recupero di una interazione sociale, specie ora che le mutate condizioni di vita  precluono  a molti l'accesso alla piazza reale ( sempre meno tempo a disposizione, dispersione del tessuto commerciale)  a favore dei rapporti mediati da computer.
Il punto e` che se l'uso che se ne fa di questi social si ferma al chiacchericcio, al gossip, allo scambio di materiale piu` o meno pruriginoso.... non e` che sia un grande uso.
I vantaggi di uno strumento come  Facebook possono essere:
- condivisione di discussioni su temi delle comunita` di appartenenza;
- acquisizione di informazioni non divulgate dagli altri media, perche` di interesse locale ( purche siano informazioni autentiche e non bufale - e qui si aprirebbe un'altra discussione );
- promozione delle proprie iniziative;
- mantenimento delle relazioni sociali pre-esistenti e creazione di nuove;


Di questi aspetti se ne avvantaggiano anche altri strumenti informatici, siti e blog, che trovano nella finestra di Facebook una vetrina a  basso costo ed alto rendimento.
Sempre che` non si consideri il proprio universo circoscritto dalla cornice del monitor, ma si portino nel mondo reale le relazioni costruite in Rete.

L'uso responsabile di uno strumento cosi` potente permette di ottenere risultati diversamente impensabili.
L'invito e` dunque quello di provare a considerare questo strumento non piu` e non solo per svago e per riaffermazione della propria presenza nel circolo degli amici, ma come autentico sistema di scambio di informazioni e di creazione di una comunita` virtuale, si`, ma specchio di quella reale.
källa:appunti e virgole

Attenzione

Attenzione
Questo blog non rappresenta una testata giornalistica in quanto viene aggiornato senza alcuna periodicità . Non può pertanto considerarsi un prodotto editoriale ai sensi della legge n° 62 del 7.03.2001. Le informazioni contenute in questo blog, pur fornite in buona fede e ritenute accurate, potrebbero contenere inesattezze o essere viziate da errori tipografici. L`autore si riserva pertanto il diritto di modificare, aggiornare o cancellare i contenuti del blog senza preavviso. Alcuni testi o immagini inserite in questo blog sono tratte da internet e, pertanto, considerate di pubblico dominio; qualora la loro pubblicazione violasse eventuali diritti d’autore, vogliate comunicarlo via email. Saranno immediatamente rimossi. L`autore del blog non è responsabile dei siti collegati tramite link né del loro contenuto che può essere soggetto a variazioni nel tempo.

Sono andato, tornato, ripartito.

Sono andato, tornato, ripartito.
E così ora sono qui, in un’altra fase della Vita. Abito vicino al ponte Västerbron, a forma di arpa. E’ bellissimo. La mia gratitudine è a scoppio molto ritardato. Faccio in tempo a dimenticare gli atti, i nomi e i volti prima di aver capito quando dovessi ad ognuno.