martedì 18 agosto 2020

È tutta colpa della RAI e di Overland.

Ieri sera una delle rete RAI ha trasmesso una replica della serie "Overland" viaggiando sulle strade del Regno di Svezia da nord a sud, per un momento ho avuto la senzazione che avessero preso spunto da uno dei miei 2 blog tanto erano simili gli argomenti trattatati durante la trasmissione, per altro ben fatta, anche se ha alternato momenti emozionanti a noia totale. Da stendere un velo pietoso quando il conduttore seduto in un bar spiega pateticamente il significato svedese di "FIKA" (pausa caffè) il poverino finisce la scena sorseggiando il caffè pronunciando la fatidica frase (che peraltro tutti aspettavano): "Viva la fika svedese."
Ragazzi Basta! Non se ne può più! Siete Ridicoli!
Ri-bloggo il mio di post, quello sul popolo Sami, che spiega molto meglio. (Anche se il dubbio che mi abbiano copiato rimane...)
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Lapponia Svedese e il mio incontro con il popolo Sami.
Oggi voglio prendervi per mano e portarvi lontano lontano a Strömsund nel Grande Nord dove ancora si possono raccontare le favole. Precisamente nella Lapponia Svedese la regione dove vivono i Sami.
Chi sono i Sami…?  Ecco appunto, me lo immaginavo che non sapevate chi sono. Generalmente sono conosciuti in italiano come lapponi sebbene il termine sia ambiguo dato che può identificare tutti gli abitanti della Lapponia o della Provincia della Lapponia finlandese a prescindere dall'etnia. Il termine deriva, attraverso il latino medievale Lappones, dallo svedese Lapp che in origine era un termine spregiativo. I Sami che nascono come popolazione nomade sono una popolazione indigena di circa 75.000 persone stanziata nella parte settentrionale della Fennoscandia, in un'area da loro chiamata Sápmi, che si estende dalla penisola di Kola fino alla Norvegia centrale includendo anche le regioni più settentrionali della Finlandia e Svezia nella regione della Lapponia.
I sami hanno la loro storia, lingua, cultura, attività professionali modo di vivere e identità. I Sami mantengono una forte identità culturale e pur usufruendo dei servizi sociali dello stato svedese negli ultimi decenni hanno evitato di cadere vittime di un processo di totale assimilazione al modello nazionale. Solo dopo il secondo conflitto mondiale, del resto, il governo svedese ha messo in atto una serie politiche per rispetto dell'identità sami, promuovendo per esempio lo studio e l'insegnamento delle lingue native. Attualmente i sami non sono più completamente nomadi, bensì vivono in piccoli paesi, tra i quali annovero Kautokeino, considerata la capitale culturale dei sami, dal momento che il 90% dei suoi abitanti parla la lingua sami. Diverse istituzioni sami sono localizzate in questa città: il teatro "Beaivváš Sami Theatre", un centro scolastico comprendente la Sami University College e il Nordic Sami Research Institute.
Parlando più strettamente della popolazione, in tempi remoti i Sami erano per lo più allevatori di renne, pescatori e dediti alla caccia. Erano nomadi e abitavano in capanne chiamate kota (per intenderci capanne della stessa forma di quelle degli indiani d’America) oppure in tende che avevano il nome di Layvu. Ovviamente esistevano abitazioni fisse e abitazioni portatili entrambe costruite con legno e pelli di renna; l’unico mezzo di trasporto a loro congeniale era la slitta ovviamente sempre trainata da renne, anche se, grazie ad uno straordinario reperto del 1500 a.C. si sa per certo che utilizzassero anche una sorta di sci.
L’allevamento di renne per i Sami è sempre stato uno degli elementi più importanti della loro cultura: tramite questa attività riuscirono a sopravvivere per secoli e secoli; dalle renne infatti potevano procurarsi cibo, latte e dai loro corpi pelli per gli abiti, per le loro case, ossa e corna per fabbricare utensili e strumenti di caccia e lavoro. In generale l’allevamento li portava a dover trascorrere l’inverno in terre completamente in pianura, mentre nei mesi più caldi, si rifugiavano nei pascoli montani. La storia di questo popolo non è particolarmente antica, anzi se ne conoscono i primi accenni nel 1555 quando uno svedese di nome Olaus Magnus pubblicò presso Roma il testo “Historia de Gentibus Septentrionalibus”, in cui era ovviamente narrata la storia di queste genti. 
Precedentemente si conosceva qualcosa di questo popolo solamente a livello di leggende e storie fantastiche da parte di autori medioevali. Si raccontava addirittura di amazzoni che potevano rimanere incinte solamente bevendo dell’acqua, di uomini verdi e di cannibalismi! Seppure non particolarmente catalogata e studiata negli anni passati, la loro tradizionale forma religiosa era quella dello sciamanesimo. Adoravano le divinità legate al culto della natura e infatti le principali erano quelle della Madre Terra e il Dio del Tuono. Credevano inoltre che il corpo fosse dotato di un’anima in grado di distaccarsene al momento del trapasso. La figura più importante all’interno delle tribù era per l’appunto lo sciamano che poteva dar vita ad una serie di riti propiziatori utilizzando anche una sorta di tamburo magico dei sogni, strumento che gli permetteva di comunicare con i morti.
La cultura Sami perdurò intatta nel tempo, solamente negli anni ’50 smisero di essere nomadi e cominciarono a stanziarsi: si formarono i primi veri e propri agglomerati urbani e sorsero anche i primi ordini politici tra cui i famosi parlamenti. Questi pochi cenni sul paesaggio aiutano a capire perché i Sami sono un popolo indigeno e non una minoranza. Qual è la differenza tra un popolo indigeno e una minoranza? I Sami sono un gruppo di minoranza in Svezia, nel senso che ci sono pochi Sami rispetto alla maggioranza della popolazione svedese.
Tuttavia quando si parla dei diritti dei Sami va tenuto a mente che, da un punto di vista giuridico, essi sono un popolo indigeno e non una minoranza. Il diritto internazionale fa una distinzione rilevante tra le minoranze da un lato, e le popolazioni indigene dall'altro. Riassumendo, la differenza più grande sta nel fatto che i popoli indigeni, a differenza delle minoranze, hanno un legame strettissimo con le loro tradizionali aree d’origine.
Questo vale anche per i Sami, i cui tradizionali mezzi di sussistenza, come l'allevamento delle renne, la caccia e la pesca, così come il credo un tempo sciamanico e oggi prevalentemente sincretista , sono direttamente collegati alla terra e alle zone d'acqua che i Sami  abitano e utilizzano - ripeto -  da tempo immemorabile . Naturalmente, nussuno può stabilire per quanto tempo e in che misura i Sami sono stati presenti su un territorio al punto da poterlo definire territorio del popolo ”Sami''. Ci sono stati molti conflitti tra costoro e gli svedesi (i proprietari terrieri) proprio su questo delicato argomento. In alcuni casi essi si sono risolti nei tribunali, come ad esempio i contenziosi sul “ pascolo delle renne” nell’Härjedalen. Va pure aggiunto, per la cronaca, che il governo svedese aveva aperto un'inchiesta e aveva incaricato una commissione ad accertare dove il confine delle aree Sami  terminava e quello svedese cominciava.
Questa indagine avrebbe dovuto essere completata entro la fine del 2004, ma siccome si procede a spizzichi e a bocconi, gli accertamenti sono “ancora in corso”. Beninteso i Sami hanno vinto la causa e i quaranta proprietari terrieri sono stati condannati al pagamento di 190 mila euro di spese processuali. Tuttavia hanno guadagnato un compromesso che stabilisce che i Sami si facciano carico dei danni che gli animali posso provocare alle colture. Nicklas Johansson, Il capo della comunità Sami, si è dichiarato soddisfatto e si è augurato che questo sia l’inizio di una collaborazione tra due realtà così diverse, di modo che «le nuove generazioni possano assicurare una continuità con l’impegno dei loro padri , per il bene delle collettività e della natura che le circondano».
Bella conclusione di una vicenda molto tormentata, ma non c’è dubbio che sulla sentenza avrà influito il timore di un intervento delle Nazioni Unite, sempre molto attente in fatto di violazione dei diritti dei popoli indigeni. Anche perché il professor James Anaya, presentando (20 settembre 2011) la sua relazione sul popolo Sami al Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite, non si era detto soddisfatto di come gli svedesi trattano i Lapponi, o meglio i Sami, per essere esatti.
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Sono andato, tornato, ripartito.

Sono andato, tornato, ripartito.
E così ora sono qui, in un’altra fase della Vita. Abito vicino al ponte Västerbron, a forma di arpa. E’ bellissimo. La mia gratitudine è a scoppio molto ritardato. Faccio in tempo a dimenticare gli atti, i nomi e i volti prima di aver capito quando dovessi ad ognuno.