Abisko National Park. |
”Una piccola stazione ferroviaria sperduta nella tundra
innevata. Niente lampioni, né macchine, né case, il cielo è il padrone
assoluto. A pochi metri, un unico edificio, il Mountain Lodge. È tutta qui
Abisko, nel centro esatto della Lapponia svedese… Così comincia il racconto di
Alessandra, fortunatissima Aurora Hunter, che si è trovata al posto giusto nel
momento giusto, durante la spettacolare aurora del 24/25 gennaio.”
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Una piccola stazione ferroviaria sperduta nella tundra
innevata. Niente lampioni, né macchine, né case, il cielo è il padrone
assoluto. A pochi metri, un unico edificio, il Mountain Lodge. È tutta qui
Abisko, nel centro esatto della Lapponia svedese, 200 km a nord del Circolo
Polare Artico e a un’ora di treno dall’abitato più vicino.*****
Sfidando temperature proibitive, nei mesi invernali qui si
radunano viaggiatori provenienti da tutto il mondo. La ragione che li spinge ad
affrontare 3 o 4 coincidenze aeree e mezz’ora di vestizione ogni volta che si
tratta di mettere il naso fuori dal tepore dell’albergo, si chiama aurora boreale.
L'Aurora Sky Station. |
Sì, perché le “luci del Nord” non sono tutte uguali, né è
sufficiente varcare la fatidica soglia del circolo polare per osservarle.
Nelle immediate vicinanze dell’albergo, in venti gelidi
minuti una seggiovia porta all’Aurora Sky Station, situata a 1000 metri di
altitudine sulla vetta del monte Nuolja (il “monte che tiene lontane le
nuvole”, secondo le popolazioni Sami). Qui, l’assoluta mancanza di inquinamento
atmosferico e luminoso trasforma le lunghe notti di caccia in sogni a occhi
aperti.
L'aurora sopra il monte Nuolja, il monte che, secondo le
popolazioni Sami "tiene lontane le nuvole"
Mentre sorseggio un succo di lampone artico caldo, incontro
i miei 7 compagni d’avventura, provenienti da Inghilterra, Olanda, Francia e
America, tutti accumunati della passione per il cielo, e incontro Chad Blakley
che, stregato dalle luci del Nord, si è trasferito ad Abisko dal lontano
Wyoming, per studiare e fotografare l’aurora, che d’inverno organizza safari
fotografici notturni.
Chad ci ha fornito preziosi consigli per consentire a noi e
alla nostra attrezzatura fotografica di sopravvivere a temperature inferiori ai
-30°C. Fotografare a queste temperature non è uno scherzo. Oltre a rischiare
l’amputazione delle dita ogni volta che si tolgono i guanti per modificare le
impostazioni della macchina, bisogna anche evitare gesti troppo bruschi o
affrettati. Dopo un’intera notte all’aperto, macchina e cavalletto si
trasformano in fragilissimi pezzi di ghiaccio metallici. Quindi, niente
telecomandi a filo perché si spezzerebbero, solo a infrarossi; niente
autofocus, né sulla macchina né sull’obbiettivo se si vuole riportarli a
casa integri, e numerose batterie di scorta, perché il tempo di resa a
queste temperature è un terzo della normale durata. Nel gruppo c’è stato chi in
5 ore ne ha usate ben 4!
Sono partita con la speranza di fotografare un’aurora di
livello 3, grado di tutto rispetto, dominato da archi e nastri poco dinamici di
colore verde, dovuti alle particelle che interagiscono con gli atomi di
ossigeno ad un’altezza compresa tra i 100 e i 300 km di quota. Le mie
aspettative sono state ampiamente superate nella notte tra il 25 e 26 gennaio,
quando un flare classificato M9 ha raggiunto la terra dando vita alla tempesta
magnetica più forte degli ultimi 7 anni.
Come ogni pomeriggio, anche quel giorno eravamo riuniti davanti al proiettore per commentare le foto della sera precedente, quando Chad arrivò di corsa nella sala per le proiezioni. Agitava il cellulare urlando le previsioni di SpaceWeather: quella notte era prevista un’aurora di grado 6. Ci disse che era stato appena contattato da National Geographic. In nord America era previsto cielo coperto, perciò la tempesta magnetica sarebbe stata visibile solo in Scandinavia: volevano un servizio fotografico. Nessuno di noi si capacitava della nostra fortuna.
Dopo un breve breafing, decidemmo che quella sera non
saremmo saliti all’Aurora Sky Station, ma ci saremmo diretti sulle rive del
lago ghiacciato, all’interno del parco naturale di Abisko. Lì, il Lodge aveva
una capanna per gli attrezzi, davanti alla quale avremmo potuto accendere un
fuoco, indispensabile per scaldarsi in quella che si profilava come una lunga
notte.
Cenammo velocemente perché eravamo tutti preda
dell’eccitazione.
Chad ci disse di coprirci il più possibile, fuori
c’erano -32°C. Indossammo un intero guardaroba: quando ci incontrammo fuori
dalla porta eravamo irriconoscibili gli uni agli altri. Solo gli occhi erano
scoperti.
Trainando su un bob la legna per il fuoco, arrivammo al lago dopo mezz’ora di cammino. Ognuno scelse dove posizionare il cavalletto. Quella notte sarebbe terminata otto ore dopo, alle 4 del mattino.
Occorrono dosi massicce di pazienza e resistenza, perché
l’aurora ama celarsi, e dopo una prima, lattiginosa apparizione ha latitato per
ore prima di apparire in tutto il suo cangiante splendore.
Qualcuno è stato sul punto di rinunciare, perché il freddo era, semplicemente, insostenibile. Ma quella notte non si poteva davvero: sapevamo che probabilmente non saremmo più stati tanto fortunati. Così ci scaldammo saltando, correndo e ballando intorno al fuoco.
Quando finalmente la vedemmo prendere forma con luci che
vorticavano tumultuosamente avvolgendo tutta la volta celeste, contro un cielo
tempestato di stelle come raramente accade di vedere nella vita, la vista ci
lasciò ammutoliti. Ma fu solo un momento, prima di abbandonarci a grida di
gioia e abbracci commossi tra compagni di avventura che fino a pochi giorni
prima erano perfetti sconosciuti.
Abbiamo osservato incantati tutte le possibili forme
dell’aurora, dai semplici nastri che si arrotolavano e arricciavano, ad archi
pulsanti fino alle strutture più complesse come tende e corone. L’intensità era
così elevata che, in alcuni momenti, alle quote più alte comprese tra i 300 e
400 km, è stato possibile osservare il colore rosso.
Fotografarla non era semplice, il movimento era talmente rapido che persino un’esposizione di 3 secondi risultava eccessiva. Dopo ore di fotografie abbiamo deciso di sdraiarci e abbandonarci alla vista di quel meraviglioso spettacolo della natura.
Nessuno di noi potrà mai dimenticare la notte in cui il
nostro sogno è diventato realtà.
Alessandra Farina per nonno Franco a Stoccolma.
Lights Over Lapland Photo Expedition
video of CME impact on 1-24-2012 from Lights
Over Lapland on Vimeo.