giovedì 12 settembre 2013

Svezia:" Un paese multiculturale in ritardo di vent`anni"

La Svezia si è sempre considerata una società tollerante ed equa. Ma la mancanza di un vero dibattito sull’immigrazione ha creato esclusione e incomprensione

Per Nazanin Johansson il suo aspetto non è mai stato un problema. A causa dei suoi capelli e dei suoi occhi scuri non è mai passata inosservata. Sapeva che avrebbe dovuto fare del suo meglio per riuscire. Ma nonostante ciò la Svezia rimane per lei un paese che permette di farcela. E dove si può diventare, come nel suo caso, una dinamica mediatrice di un centro per l’occupazione in un quartiere difficile.
Nazanin Johansson 
Ma ci vuole molta buona volontà. Talvolta su questo punto Nazanin ha dei dubbi quando parla con i ragazzi. “Vogliono un lavoro, ma solo se non ci si impegna troppo, non vogliono cominciare dalla gavetta. A volte si dimentica che la mentalità di molti ragazzi ha la sua importanza”. Nazanin lavora all’agenzia per l’occupazione di Kista, una periferia di Stoccolma che è anche il centro tecnologico della capitale svedese.Per una settimana ci sono state macchine incendiate e scontri con la polizia Ma Kista è anche situata fra Rinkeby, Husby e Tensta, quartieri che a maggio sono finiti sulle prime pagine dei giornali a causa degli incidenti provocati dai ragazzi. Per una settimana ci sono state macchine incendiate e scontri con la polizia.

Le immagini provenienti dalla Svezia hanno fatto il giro del mondo. Un sentimento di rabbia in un paese in cui il governo si prende cura dei suoi cittadini dai primi vagiti all’ultimo sospiro? Razzismo e segregazione nel paese più egualitario del mondo?
Rapidamente ci si è resi conto di qual era la situazione. Mentre il mondo guardava altrove, il modello svedese era stato rimesso in discussione. Dopo la bolla economica degli anni novanta la coalizione di centrodestra guidata da Fredrik Reinfeldt ha ridotto nel 2006 le spese pubbliche e abbassato l’aliquota minima.

La Svezia rimane una società egualitaria, ma qui le disuguaglianze sono aumentate più che altrove in Europa. Come nel resto d’Europa gli immigrati, i lavoratori poco qualificati e i giovani – i ragazzi più delle ragazze – sono quelli più in difficoltà. E come nel resto d’Europa durante gli incidenti di maggio molti provocatori facevano parte di queste categorie. Ogni anno la Svezia rilascia un numero sempre più grande di permessi di soggiorno, al contrario di molti paesi europei dove il loro numero è in calo. I 110mila permessi rilasciati nel 2012 rappresentano un record. Fra i rifugiati si contano soprattutto siriani, somali, iracheni e rom.

Per loro uscire dalle periferie è molto più difficile che per i loro predecessori. C’è meno lavoro, la società è diventata più complessa e più esigente. “Mi piacerebbe diventare custode ma ho bisogno della patente”, spiega per esempio Sameh Sakr, un egiziano di 22 anni del quartiere di Hallunda. Una patente, brontola il ragazzo, “ma dove posso trovare il denaro per pagarla?”

In Svezia la segregazione è un fenomeno importante.
Orient-Express.
A Stoccolma la maggior parte degli immigrati vive nelle città-giardino che costeggiano la linea della metropolitana blu, soprannominata Orient-Express. Si tratta di edifici in cemento da tre a sette piani costruiti negli anni sessanta e settanta.In alcuni quartieri l’80 per cento dei residenti sono immigrati di prima o seconda generazione In alcuni quartieri l’80 per cento dei residenti sono immigrati di prima o seconda generazione e il 50 per cento sono disoccupati, rispetto all’8 per cento della media svedese. Un immigrato su quattro abbandona la scuola prima del tempo. Il tre per cento dei bambini svedesi è povero, rispetto al 40 per cento dei figli di immigrati.
La separazione fra ricchi e poveri in termini di luoghi di abitazione esiste in tutte le città d’Europa.
Tuttavia fra i quartieri Stoccolma vi sono delle isole e delle vaste zone verdi, e questo ha permesso alle classi più agiate di diventare quasi automaticamente delle gated communities, delle comunità chiuse.

Il quartiere di Nockeby è pieno di ville perfettamente tenute e dotate di antifurto. In compenso vicino alla stazione della metropolitana di Rinkeby si vedono molti uomini fermi a chiacchierare sulle panchine fra gli edifici. Qui per esempio ci sono un caffè turco e un bazar somalo, ma non c’è neanche un bancomat. Com’è possibile che la Svezia egualitaria abbia lasciato arrivare a questi livelli le sue statistiche e il suo malcontento? Eppure lo stato non si disinteressa della questione. Al contrario il ministero dell’integrazione e dell’occupazione vuole creare dei posti di lavoro di base sovvenzionati e diversificare i corsi di svedese, in modo che un ingegnere iracheno non si trovi allo stesso livello di un somalo appena alfabetizzato.

Venti anni di ritardo.
Il ministro per l’integrazione Erik Ullenhag dice che il governo non ha alcuna intenzione di adottare una politica più severa in materia di rifugiati, come vorrebbe il partito xenofobo dei Democratici svedesi. “Riteniamo che si tratti di un problema economico e di occupazione giovanile e non di un problema di immigrazione. Quando si alzano i toni nei confronti degli immigrati si compromette, in quanto paese, la propria dignità. Inoltre si rende più difficile la posizione di chi è già nel paese. In ogni caso la Svezia ha bisogno di immigrati”.
Tobias Hübinette
Spesso non sono considerati come svedesi, neanche quelli che sono nati in Svezia

Tobias Hübinette, ricercatore specializzato nelle questioni di immigrazioni presso il Centro multiculturale della periferia meridionale di Botkyrka, dice che in realtà gli immigrati hanno bisogno di molta buona volontà, di perseveranza e di fortuna per colmare il divario economico e di istruzione e le differenze etniche. Spesso non sono considerati come svedesi, neanche quelli che sono nati in Svezia. E chi parla l’Einkeby-Svenska, cioè lo svedese con un accento straniero, non ha alcuna possibilità di trovare un lavoro.

Ullenhag ha una soluzione: un nuovo “noi” per l’Europa. “Non mi piace il fatto che in Europa il ‘noi’ faccia sempre riferimento al passato. Negli Stati Uniti chiunque abiti sul territorio americano è considerato americano. In questo paese il ‘noi’ è rivolto al futuro. Dobbiamo fare lo stesso in Europa”.“Sarebbe già molto diverso”, dice lo scrittore e giornalista Viggo Cavling, “se cominciassimo a riconoscere che non siamo quel paese omogeneo dove tutti sono uguali”.
Ma per Hübinette in Svezia è proprio questo che non si vuole ammettere. “Il 19 per cento degli svedesi ha ormai un genitore di origine straniera. Ma non ancora non ce ne rendiamo conto. Non dimenticate che la Svezia non ha mai avuto delle colonie. Proprio per questo motivo la Svezia è un paese nazionalista. 
Trad. di Andre De Ritis 
Maartje Somers
Agli svedesi piace non solo comportarsi bene, ma anche avere un’alta considerazione di se stessi. Accogliamo volentieri dei rifugiati, ma facciamo fatica a riconoscere che abbiamo permesso la creazione di situazioni inaccettabili. Nel dibattito multiculturale siamo in ritardo di venti anni”.



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Sono andato, tornato, ripartito.

Sono andato, tornato, ripartito.
E così ora sono qui, in un’altra fase della Vita. Abito vicino al ponte Västerbron, a forma di arpa. E’ bellissimo. La mia gratitudine è a scoppio molto ritardato. Faccio in tempo a dimenticare gli atti, i nomi e i volti prima di aver capito quando dovessi ad ognuno.