mercoledì 31 marzo 2010

Alla ricerca del "Paradiso perduto" nelle terre dei Vikinghi.

Negli ultimi tempi ho notato un crescente desiderio da parte di alcuni lettori di questo blogg (ma anche di altri) di emigrare in Svezia.Certamente la Svezia è una delle mete preferite dei migranti per un'infinità di ragioni. Quella più importante è che lo Stato fornisce assistenza (ottima e veloce) a tutti. Anche agli stranieri, cui il welfare svedese garantisce un alloggio e un sussidio di disoccupazione che rimane in vigore finché non trovano lavoro.

C'è però un rovescio della medaglia:Purtroppo anche in paradiso quest`anno la primavera tarda ad arrivare e continua a fare “freddino” Hopp È un sostantivo che gli svedesi ripetono in maniera quasi ossessiva in questi giorni che precedono la Pasqua: hopp, che vuol dire speranza. Speranza che la corona non perda ulteriore terreno nei confronti del`euro; speranza che l' inflazione la smetta di avanzare; speranza che le industrie riprendano a camminare speditamente; speranza che la disoccupazione non dilaghi; speranza che gli stipendi possano fronteggiare il costo della vita; speranza che la mancanza di lavoro non mandi a casa altre migliaia di persone; speranza che l' Europa non si allontani troppo da Stoccolma.

La calma olimpica di questa gente è un ricordo, come il Paradiso sociale di una volta.Ora gli operai delle grandi industrie vivono a rischio: un colosso come Volvo, ha rischiato di chiudere i battenti con conseguente licenziamento di migliaia di operai è di ieri la notizia della vendita dell`azienda ad una società cinese, alla Saab, stesso ritornello, con la fabbrica di Trollhattan assai vicina al tracollo: in soldoni, oltre 2500 dipendenti sono andati a spasso, la Ericsson per la prima volta ha ridotto drasticamrnte il personale in Svezia minacciando di trasferire tutta la produzione in China.

“Abbiamo perso 200 mila posti di lavoro", tuonano i sidacati.Una perdita che costa al governo 100 miliardi di corone. Ecco qual è il salasso che lo stato subisce dalla disoccupazione. "La cifra è esagerata", commenta il governo."È la pura e semplice verita' ribattono i sindacalisti della löntagar-organisationer (letteralmente: salariati organizzati), la piu' forte organizzazione sindacale svedese, oltre 2 milioni di iscritti, l`85 per cento dei quali operai con l`acqua alla gola. La gente sbanda, riflette, teme: vede svanire il Paradiso.I liberali, alla guida di una Svezia in crisi, gettano acqua sul fuoco delle polemiche. Ma il dramma si tocca con mano: É di oggi la notizia di un calo mensile dell'1% per le vendite al dettaglio a febbraio. Le attese erano invece per un rialzo dello 0,1% m/m. Del resto basta passeggiare per le vie del centro di Stoccolma e rendersi conto della caduta degli affari. Non ci sono soldi in circolazione e i negozi, anche i più "chic" lanciano campagne di saldi in grande stile. “Rea” (letteralmente:Realizzazione,) si legge dappertutto..
Malgrado le promesse elettorali dei liberali si pagano ancora troppe tasse con la conseguenza che il divario trà il ceto “povero” ed il ceto “ricco” aumenta sempre di più, come se non bastasse le pensioni da gennaio 2010 hanno subito un decurtamento del 2-3 %, i benefici di uno Stato,padre sono svaniti come la neve di questi inizi di primavera. La cassa integrazione, attualmente, ha un limite: dura un anno per gli anziani e sei mesi per i giovani. I medicinali non sono piu' gratis come una volta, idem l' assistenza sanitaria. Pacchie antiche sono finite nel dimenticatoio, come quella dell`assenteismo. Fino a pochi anni fa, chi non andava in ufficio non perdeva nemmeno una corona. Adesso le prime due settimane escluso il primo giorno di carenza le paga il datore di lavoro 80% della paga, dopo la seconda settimana paga lo stato esibendo un certificato medico.

Cosi l`assenteismo è diminuito di colpo, perchè i prelievi sulla busta paga fanno male specialmente ora che tutti possono perdere il posto di lavoro per causa malattia.

Vorrei anche ricordare a gli aspiranti emgranti che la Svezia ha chiuso le porte alla forza lavoro all'infuori che per i paesi del nord. Tranne che per specialisti e professionisti necessari al paese.

Così gli anni 60-70: sembrano lontani anni luce quando gli immigrati combattevan al fianco dei sindacati per migliorare i sacrosanti diritti di ugualianza e relativi miglioramenti salariali così mentre ieri gli immigrati generavano ricchezza, oggi sono letteralmente una autenticha “palla al piede” Altro problema è che gruppi di immigrati si riuniscono in quartieri più o meno centrali andando a creare veri e propri ghetti mal tollerati dalla popolazione locale.

I problemi dell'integrazione sono particolarmente evidenti a Malmö, città in cui il numero di immigrati (soprattutto arabi e turchi) è elevatissimo e provoca tensioni con gli svedesi. in alcuni casi qualcuno è staso sorpreso a rubare, ci si è fatta giustizia senza aspettare i poliziotti. Lezioni a suon di calci e pugni nella speranza che il gesto non si ripeta più. La speranza, appunto. Hopp, come ripetono gli svedesi che di pazienza ne hanno tanta. “Ma fino a quando durera'. L`Europa guarda e spera (anche lei) che presto il Paradiso torni a illuminare le case di Stoccolma, di Goteborg, di Malmoe... e, nel frattempo, la Svezia cammina a piedi, il traffico è scorrevole e in tanti hanno rispolverato la vecchia bicicletta.
Un maglione in più e un calcio alla spesa della benzina.

lunedì 29 marzo 2010

Andremo tutti in China...? La VOLVO sembra propio di SI!

 
Posted by Picasa

A ottantadue anni dalla nascita e dopo quasi 16 milioni di automobili prodotte, Volvo Cars cambia ancora padrone. Esce Ford, che aveva acquistato il controllo del ramo automotive del gruppo svedese agli inizi del 1999 per 6,5 miliardi di dollari (battendo anche la concorrenza di Fiat, interessata soprattutto ai camion che Volvo Ab non intendeva cedere), e arriva la cinese Geely, l’ultimo di una lunga serie di pretendenti avvicendatisi nel corso del 2009, che dovrebbe versare nelle casse di Dearborn circa due miliardi di dollari per il 100% del brand svedese.
Un comunicato congiunto annuncia infatti che è stata raggiunta un’intesa su «tutti i termini commerciali sostanziali» della vendita, e che un accordo definitivo sarà firmato entro il 31 di marzo così da concludere la vendita entro il primo semestre 2010. Toccherà agli analisti, una volta resi noti i dettagli dell’operazione, stabilire chi abbia fatto l’affare nella compravendita di una casa che nel decennio trascorso all’ombra dell’Ovale blu non si è mai sensibilmente mossa dalle 400mila vetture l’anno, un risultato lontano dal target di 600mila fissato da Ford per il 2002.
Scontato è l’obiettivo primario di Geely: produrre Volvo in Cina, dove tutti i brand premium europei sono attivi da anni con solide joint-venture. Una possibilità più volte presa in esame a Goteborg e sempre scartata. Non meno importante per i cinesi è l’accesso al formidabile know how che Volvo vanta nel campo della sicurezza, un’area tuttora critica per i costruttori del Paese della Grande Muraglia. Il compito che attende i manager di Pechino non è comunque facile, non tanto per lo stato di salute di Volvo Cars, che nel 2010 potrà contare sull’arrivo della nuova S60, quanto per la difficoltà di gestire il brand svedese che esce da vent’anni piuttosto travagliati.

Tutto all’opposto rispetto agli anni ’70 e ’80 durante i quali al timone c’era Pehr G. Gyllenhammar: un monarca assoluto, giunto al comando di Volvo nel 1971, che seppe dare vita a un’autentica public company con quasi 80mila dipendenti che spaziava dalle vetture ai medicinali, dalle macchine da cantiere all’acqua minerale Ramlosa, dai trucks alle turbine aeronautiche e ai motori marini Penta. Furono anni di acquisizioni, fra le quali la divisione auto dell’olandese Daf nel 1972 e di decisive partnership tecniche, come l’esclusiva del motore diesel sei cilindri di Volkswagen.

L’ultima operazione di Gyllenhammar fu il merger deciso in marzo 1991 con la Renault guidata da Raymond Lévy, una fusione che avrebbe portato gli svedesi al controllo dei trucks (una leadership che per Volvo Ab dura ancora oggi e che ha dato vita al secondo gruppo mondiale nei veicoli pesanti) e i francesi al comando nelle autovetture. Un’integrazione fra le gamme indovinata che avrebbe permesso a Renault di non produrre più un’ammiraglia e alla casa di Goteborg di presentarsi con degli affidabili monovolume sul mercato americano nel quale occupava il primo posto fra le auto d’importazione. Il fidanzamento durò però appena due anni, e a romperlo furono gli svedesi in un rigurgito di orgoglio nazionale, convinti, secondo una tradizione consolidata e sempre smentita, di bastare a se stessi.La storia della Volvo Cars indipendente si chiude agli inizi del 1999, dopo il lancio della S80, la grande ammiraglia incompiuta, non all’altezza dei colossi tedeschi per la mancanza di fondi necessari a rifinirla in modo adeguato,non resta che aspettare il "destino" della SAAB.(oggi si è parlato di un aquirente russo...speriamo bene...)

giovedì 25 marzo 2010

Leonardo, Michelangelo e Raffaello: "Arrivano a Göteborg"


Tre geni del Rinascimento insieme. E' la mostra 'And there was light' (E luce fu), che si aprirà sabato prossimo a Goteborg e che fino al 15 agosto esporrà opere di Leonardo, Michelangelo e Raffaello, mettendole anche in relazione con artisti moderni del calibro di Andy Warhol. Tra le novità anche il 'Profilo di giovane dama' o 'La bella principessa', capolavoro attribuito recentemente a Leonardo che viene presentato in anteprima mondiale proprio a Goteborg. Presente anche una copia a grandezza naturale del David di Michelangelo. Il percorso espositivo inizia con un big bang 'a rebours': indietro nel tempo dal 2010 al XV secolo, e si conclude con un viaggio di ritorno dal Rinascimento al presente. Vengono inoltre esposte, spesso per la prima volta, opere inedite o praticamente sconosciute, facendole emergere anche da inaccessibili collezioni private di Austria, Inghilterra, Italia, Svizzera, Usa. La mostra presenta anch e una parte multimediale, con ricostruzioni di opere, macchine e invenzioni con modelli in 3D che ne spiegano il funzionamento, manoscritti da sfogliare digitalmente, e poi touch-screen, e test psico-percettivi cui sottoporsi nell'osservazione delle opera.

martedì 9 marzo 2010

La grande fuga..."per starnuto da fame...!!!"


La grande fuga è il titolo di un bellissimo film con Steve McQUEEN un idolo dei miei 20anni , mentre “lo starnuto da fame” era lo strano malessere che accusavo prima di organizzare la MIA grande fuga verso la Svezia. (metà anni 60) si lo sò a voi non interessa “un fico secco” nemmeno a me ad essere sincero non soffro più di questo strano malessere da diversi anni,il problema è un altro qualche tempo fa ho letto su un Blogg di un giovane italiano il quale sogna di venire in Svezia ed allo stesso tempo spera che i suoi genitori perdano la pensione: “così se ne accorgono anche loro come si stà male in Italia...” sono le sue testuali parole...!!! Capirete da soli che mi sono chiesto ma chi sono questi.., di chi sono figli...??? Come potrei definirli...! Questa sera sono particolarmente buono mi limiterò a definirli: Bamboccioni, fuoricorso, mantenuti. Cervelli in fuga, risorse del paese, angeli del precariato.

Si è propio così in Italia sembra essere scoppiato il fenomeno "bamboccioni", come per dire che è tutta colpa dei giovani e delle loro famiglie se i figli restano in famiglia fino a tarda età. Gli stessi mamma e papà che non hanno insegnato al ministro Renato Brunetta a rifarsi il letto. E che se lo sono tenuti in casa fino ai 30 anni. Per sua stessa ammissione

Ma sopratutto sembra essere "colpa" di quei genitori che hanno un lavoro stabile, se i loro figli sono destinati ad essere precari per tutta la loro vita.
In pratica uno scontro generazionale senza precedenti, dove la risoluzione del problema occupazionale dei giovani, sembra essere quello di togliere il lavoro sicuro ai padri e le pensioni ai nonni.

Non sarò certamente io a fare a fare demagogia gratuita sull'argomento, voglio invece credere che in Italia esistono migliaia di giovani e meno giovani che vengono da realtà formative e da percorsi scolastici di tutto rispetto, che non aspettano altro di raccogliere i frutti di anni di sacrifici, attraverso prospettive nel mondo del lavoro, per potersi rendere indipendenti ed autonomi dalle famiglie di origine e senza per questo entrare in conflitto con i loro genitori che hanno un lavoro e con i loro nonni che ricevono una pensione!

Anche se purtroppo mio malgrado devo riconoscere che questi giovani oggi hanno davanti solo due strade, la prima è quella di emigrare all'estero, in paesi pronti ad investire sul "capitale umano" e la seconda è quella di restare a casa dei genitori.
In entrambi i casi, si direbbe che che più che una loro scelta, è una condizione.

mercoledì 3 marzo 2010

L'inverno non è per sempre…(di Inger Lindahl).


Inger Lindahl è una giovane autrice svedese. Zigge con la Zeta è il suo primo libro e ha avuto un grande successo nei paesi scandinavi.
Inger Lindahl in Italia è stata ospite della Feltrinelli alla Fiera del Libro per Ragazzi di Bologna e poi di Glossateatro, con sede in provincia di Vicenza, che ha organizzato un suo breve giro di incontri con ragazzi di scuole primarie, in biblioteche e librerie del Veneto e un incontro all'Università di Padova.

Inger vive a Göteborg, in Svezia, dove tuttora affianca all'attività di scrittrice per ragazzi quella di insegnante di svedese in scuole per stranieri. Debutta come scrittrice per bambini a 42 anni col il libro "Zigge con la zeta" (2000) Aveva appena avuto il suo secondo figlio e, su raccomandazione del primo, scrive un libro. La figura letteraria di Zigge nasce in una zona della città di Göteborg che si chiama Masthugget. E' lì che Inger ha trovato l'ispirazione. Ad ispirarla è un bambino suo vicino di casa: Zigge è uno "strano" bambino che ama gli insetti, le lettere dell'alfabeto e soprattutto la zeta, ha paura del sangue, soffre di vertigini e ha molte altre paure.. Inger Lindahl sparge "humor"calore e la giusta dose di"suspense"nei libri di Zigge.

Secondo me peró Inger supera se stessa quando scrive"L'inverno non è per sempre"il quale pone al lettore molte domande sul valore e sulla capacità di ognuno di noi.La protagonista del racconto è Lina una adolescente di quattordici anni la quale vive in Svezia in una famiglia felice.Apparentemente, felice. La mamma è talora sin troppo presente e il padre è un uomo meraviglioso, ma di tanto in tanto soffre di un oscuro malessere. Anche Lina, apparentemente senza problemi, ha un incubo ricorrente… Per Lina è arrivato il momento di andare oltre l’apparenza delle cose: lo fa grazie all’amicizia per Kattri, l’amore per Leo e la passione per lo scrivere. Nel tema dato in un concorso letterario scolastico Lina racconta l’affetto fortissimo che prova per il padre ma anche ciò che di lui viene da tutti rimosso: la dipendenza dall’alcol. Lina vince il concorso e con il suo coraggio contribuisce a dissipare in parte l’ipocrisia del mondo degli adulti. Una emozionante ricognizione sul senso della distanza tra come ti senti e come gli altri ti vedono così come sulla capacità e il coraggio di capire e affrontare la realtà.

(vagabondo)

Attenzione

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Sono andato, tornato, ripartito.

Sono andato, tornato, ripartito.
E così ora sono qui, in un’altra fase della Vita. Abito vicino al ponte Västerbron, a forma di arpa. E’ bellissimo. La mia gratitudine è a scoppio molto ritardato. Faccio in tempo a dimenticare gli atti, i nomi e i volti prima di aver capito quando dovessi ad ognuno.