giovedì 9 agosto 2012

C’era una volta. (Det var en gång)


Smarrito in un sobborgo di Stoccolma.
Oggi come allora una giornata da sogno: settembre svedese, caldo ma non da morire, un alito di brezza che mi metteva di buon umore. Solo. Completamente. Non c’era nessuno in giro quel pomeriggio di tanti anni fa, mentre imboccavo Älvsjövägen strada da me sconosciuta e intrigante. Ero da poco arrivato a Stoccolma, reduce dello stress dell’esame di maturità nell`unico istituto tecnico della ”Piccola città” ed io mi ero proprio inmedesimato nello spirito di questa mia stage in Svezia. I miei famosi tre mesi a Stoccolma che mi rigirarono per benino tutto il resto della vita.
Ma che ne sapevo io? Novello Peter Pan, alla ricerca dell`isola che non c`è, un mondo magico, popolato dai sogni che mi ero creato per anni lì a casa mia nei lunghi pomeriggi d`estate passati su una panchina del viale cittadino. "E che noia" dicevo sempre.
L’arrivo ad Arlanda,“movimentatissimo” aeroporto di Stoccolma era stata un’emozione straordinaria; mi venne a prendere un gentile dipendente Ericsson, che non conoscevo e capivo ben poco. 
E mi vidi sfuggire Stoccolma, lì, nella VOLVO Amazon grigia, mentre ci allontanavamo dal centro dalla città, avanzando su uno di quei imponenti ponti della Stora Essingen visti solo in televisione nei film americani, verso le zone periferiche…Ma…non restiamo a Stoccolma, vicino al Palazzo Reale? Dicevo o pensavo, anch’io convinto che tutti gli Svedesi abitassero a breve distanza dal Palazzo Reale e da Gamla Stan.(città vecchia),
Ma no, mi avevano ubicato fuori città, in un lungissimo viale alberato ombreggiato da betulle e aceri, con una miriade di villette ai lati, una di fronte all’altra, ordinate con precisione matematica tutte munite di quel pezzetto di prato dall’erba verde e bassa, tagliata di fresco.
Dei cani abbaiavano nei giardini del retro, bambini biondissimi e scalzi correvano nei giardini, con pistole ad acqua, ridenti, spensierati, liberi.. Hej, mi dicevano e io non capivo, perchè credevo che ciao si dicesse hello. Nuova questa lingua svedese strana…
Una vita fa. Surreale per me, cresciuto in un quartiere povero di Civitavecchia inmerso nel dolce chiasso cittadino.
E qui oggi, questa mia vita, a pochi passi da "Johan Skyttesvägen." Chi l’avrebbe mai immaginato. Sempre uguale, questa strada di Älvsjö, alcune delle villette hanno il "rosso Falun" un pò sbiadito, altre sono state imbiancate (o pitturate di un giallo molto chiaro e grigio sabbia!), i fiori sempre teneramente curati, i bambini cresciuti, i biondi sembrano essere partiti, ed altri (bruni) li hanno sostituiti. 

Ma la calma pomeridiana è sempre la stessa, anche le macchine sembra che non vogliano far rumore, il marciapiede è quasi tutto all’ombra e i cani fanno sempre lo stesso casino quando passo vicino a gli steccati. "Svensk förort" (sobborgo svedese) . Sì, sono smarrito. Ma solo un pò!


Attenzione

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Sono andato, tornato, ripartito.

Sono andato, tornato, ripartito.
E così ora sono qui, in un’altra fase della Vita. Abito vicino al ponte Västerbron, a forma di arpa. E’ bellissimo. La mia gratitudine è a scoppio molto ritardato. Faccio in tempo a dimenticare gli atti, i nomi e i volti prima di aver capito quando dovessi ad ognuno.