venerdì 31 maggio 2013

Non ci sono keynesiani nelle periferie di Stoccolma.

Sui riot di Stoccolma, come accadde in Francia nel 2005, si ripete il vecchio stereotipo del taglio dei servizi sociali e dei sussidi come causa del malumore delle periferie. Un penoso tic materialista. No, non ci sono keynesiani nelle periferie di Stoccolma.

Sta invece collassando il modello multiculturale su cui l'Europa ha costruito mezzo secolo di politiche di integrazione. L’illusione era che una società ricchissima (la Svezia finanzia anche il cambio di sesso dei suoi cittadini), indifferente alla religione, sempre accogliente e tollerante, avrebbe sanato eventuali traumi da integrazione. Stessa situazione in Norvegia, il paese di Ibsen, Munch e Grieg. Un ipocrita laissez-faire, un vero razzismo.

E' in coma questa vecchia utopia welferista nata in Scandinavia ed esportata nel resto del continente. Intanto nuove camicie nere marciano sulle libertà dell'occidente.

(källa: il foglio)



giovedì 30 maggio 2013

La saggezza del popolo.

I proverbi sono la saggezza del popolo. O, almeno, cosi' si dice, e non vi è ragione di dubitarne. Consentitemi dunque di rabbrividire, dato che, se la saggezza del popolo italiano si misura dai suoi proverbi, allora non c'e' molto da stare allegri. Ecco, qui di seguito, un elenco di proverbi (tutti realmente esistenti e documentati) che vi daranno da pensare.

1) PROVERBI IDIOTI (O INCOMPRENSIBILI)

Sono quelli di cui il significato e' oscuro, oppure molto ben celato (o espresso in maniera bizzarra)

La padella disse al paiolo " fatti in la', che tu mi tingi"

I guai della pentola li sa il mestolo

Can ringhioso e non forzoso, guai alla sua pelle !

Quel che vien di ruffa in raffa se ne va di buffa in baffa. (qui siamo al delirio piu' totale)

Non dire "quattro" se non l'hai nel sacco (reso celebre dal Trap e "Mai dire Gol")

La pioggia mattutina rallegra il pellegrino. (booo…!)

L'eccezione conferma la regola. (e qui si potrebbe scrivere un libro: infatti quella appena enunciata sotto forma di proverbio e' in realta' una regola, che quindi dovrebbe avere le sue brave eccezioni. Cio' significa che la presenza di regole senza eccezioni conferma la regola secondo la quale l'eccezione conferma la regola.Se non avete capito niente non e' colpa vostra, e' il proverbio che e' stupido)

2) I PROVERBI FALSI, CONTRADDITTORI O SEMPLICEMENTE STUPIDI

Chi fa da se fa per tre - L' unione fa la forza

Il riso abbonda sulla bocca degli stolti - Il riso fa buon sangue ( Quindi per essere sani bisogna essere stupidi)

Moglie e buoi dei paesi tuoi. (questo oltre ad essere falso è anche razzista)

Tutto il mondo e' paese. (questo è anche coatto e non esce al di fuori del condominio.)

Tale il padre, tale il figlio. (ci mancherebbe anche questo…)

Ecco alcune delle cose che ho imparato nella vita:

-Che non importa quanto sia buona una persona, ogni tanto ti ferirà.

E per questo, bisognerà che tu la perdoni.

-Che ci vogliono anni per costruire la fiducia e solo pochi secondi per

distruggerla.             

-Che non dobbiamo cambiare amici, se comprendiamo che gli amici cambiano.

-Che le circostanze e l'ambiente hanno influenza su di noi, ma noi siamo

responsabili di noi stessi.

-Che, o sarai tu a controllare i tuoi atti,o essi controlleranno te.

-Ho imparato che gli eroi sono persone che hanno fatto ciò che era

necessario fare, affrontandone le conseguenze.

-Che la pazienza richiede molta pratica.

-Che ci sono persone che ci amano, ma che semplicemente non sanno come

dimostrarlo.

-Che a volte, la persona che tu pensi ti sferrerà il colpo mortale quando

cadrai,è invece una di quelle poche che ti aiuteranno a rialzarti.

-Che solo perché qualcuno non ti ama come tu vorresti, non significa che

non ti ami con tutto se stesso.

-Che non si deve mai dire a un bambino che i sogni sono

sciocchezze:sarebbe una tragedia se lo credesse.

-Che non sempre è sufficiente essere perdonato da qualcuno. Nella maggior

parte dei casi sei tu a dover perdonare te stesso.

-Che non importa in quanti pezzi il tuo cuore si è spezzato; il mondo non

si ferma, aspettando che tu lo ripari.

-Forse Dio vuole che incontriamo un po' di gente sbagliata prima di

incontrare quella giusta, così quando finalmente la incontriamo, sapremo

come essere riconoscenti per quel regalo.

-Quando la porta della felicità si chiude, un'altra si apre, ma tante

volte guardiamo così a lungo a quella chiusa, che non vediamo quella che è

stata aperta per noi.

-La miglior specie d'amico è quel tipo con cui puoi stare seduto in un

portico e camminarci insieme, senza dire una parola, e quando vai via senti

che è come se fosse stata la miglior conversazione mai avuta.

-È vero che non conosciamo ciò che abbiamo prima di perderlo, ma è anche

vero che non sappiamo ciò che ci è mancato prima che arrivi.

-Ci vuole solo un minuto per offendere qualcuno, un'ora per piacergli, e un

giorno per amarlo, ma ci vuole una vita per dimenticarlo.

-Non cercare le apparenze, possono ingannare.

-Non cercare la salute, anche quella può affievolirsi.

 -Cerca qualcuno che ti faccia sorridere perché ci vuole solo un sorriso

per far sembrare brillante una giornataccia.

-Trova quello che fa sorridere il tuo cuore.

-Ci sono momenti nella vita in cui qualcuno ti manca così tanto che

vorresti proprio tirarlo fuori dai tuoi sogni per abbracciarlo davvero!

-Sogna ciò che ti va; vai dove vuoi; sii ciò che vuoi essere, perché hai

solo una vita e una possibilità di fare le cose che vuoi fare.

-Puoi avere abbastanza felicità da renderti dolce, difficoltà a

sufficienza da renderti forte, dolore abbastanza da renderti umano,

speranza sufficiente a renderti felice.

-Mettiti sempre nei panni degli altri. Se ti senti stretto, probabilmente

anche loro si sentono così.

-Le più felici delle persone, non necessariamente hanno il meglio di ogni

cosa; soltanto traggono il meglio da ogni cosa che capita sul loro cammino.

-L'amore comincia con un sorriso, cresce con un bacio e finisce con un the.

-Il miglior futuro è basato sul passato dimenticato, non puoi andare bene

nella vita prima di lasciare andare i tuoi fallimenti passati e tuoi

dolori.

-Quando sei nato, stavi piangendo e tutti intorno a te sorridevano.

Vivi la tua vita in modo che quando morirai, tu sia l'unico che sorride

e ognuno intorno a te piange.  
di Paulo Coelho


 

mercoledì 29 maggio 2013

“al Skani”, lo svedese.


Brandbergen, Fittja, Rinkeby, nomi austeri, lontani, simboli del paradosso del paese più generoso e ospitale al mondo, noto anche come “la porta dell’Europa”. In Svezia arrivano 1.200 immigrati ogni settimana.

E la socialdemocrazia scandinava, la più avanzata e pionieristica al mondo, offre loro abitazioni gratuite e un sistema di sussidi copioso e “cieco” alle nazionalità. Ma è una generosità a senso unico. Per questo le periferie bruciano. Perché gli immigrati svedesi non si assimilano né si integrano, ma creano delle società parallele, i ghetti comunitaristi, che spesso degenerano in microstati governati dalla sharia, dal crimine e dagli hooligan.
Il numero due di al Qaida in Iraq, Mohammed Moumou, (cittadino svedese…) nom de guerre di Abu Qaswarah, rimase ucciso dagli americani in un raid.

Era anche noto come “al Skani”, lo svedese, perché era sposato a una donna di Stoccolma e dirigeva il centro islamico di Brandbergen, il più grande della capitale.

Al Skani (lo svedese) è come il nigeriano che la settimana scorsa ha terrorizzato Londra con il machete.
E’ un figlio del multiculturalismo impersonale delle democrazie europee che nelle loro periferie vedono celebrarsi il più triste commiato.


Non c’è mix più letale della solitudine che si allea all’islamismo. Per questo il comunitarismo europeo ha fallito.
Per questo nella placida e pacifica Svezia i sobborghi del welfare ribollono di antichi rancori.


källa : il foglio












lunedì 27 maggio 2013

"Oggi niente scuola..."

foto: Aftonbladet
Brutta sorpresa questa mattina per molti bambini abitanti a Solna (un sobborgo modello di Stoccolma). ”Durante la notte la loro scuola materna è andata letteralmente in fumo”, mentre durante il fine settimana l`area degli scontri si è allargata anche fuori dalla capitale. 

A Örebro, nella Svezia centrale, una trentina di ragazzi mascherati hanno dato fuoco a tre auto e ad una scuola. Nessuno di loro è stato arrestato. Ancora, a Linkoping, 200 km a sud di Stoccolma, alcuni ragazzi hanno incendiato una decina di macchine ed ancora una scuola materna. Dalla polizia continua a non trapelare nulla sulla nazionalità dei dimostranti. E quei giornali che provano a violare il muro del politicamente corretto vengono prontamente smentiti. Sono immigrati, ma non si può dire. 
Gli abitanti dei quartieri intanto cominciano a dubitare sulla capacità delle forze dell'ordine di contenere le violenze. E una cinquantina di militanti nei movimenti di estrema destra svedesi hanno cominciato a presidiare i sobborghi.

Mentre le forze dell'ordine chiedono rinforzi e il governo moderato di Fredrik Reinfeldt appare impotente a frenare le rivolte delle periferie. Anzi, sembra minimizzarne la portata. Il ministro dell'integrazione Erik Ullenhag ha detto che la stampa internazionale ha preso un abbaglio descrivendo i disordini di Stoccolma come causati da giovani arrabbiati: "Non si tratta di giovani delle periferie che protestano contro la societa",ha dichiarato, dimenticando di dire allora chi siano i veri protagonisti di questo aspro maggio svedese.

Lo stesso primo ministro Reinfeldt, se si esclude un suo intervento all'indomani della prima notte di scontri, non ha rilasciato dichiarazioni importanti, limitandosi ad invitare tutti a compiere uno sforzo di pacificazione e tacciando gli autori degli scontri di "vandalismo". Intanto però sono state prese d'assalto anche tre scuole, tra cui una materna Montessori a Kista. E ancora auto bruciate, un centro commerciale gravemente danneggiato a Jordbro, sassaiole contro agenti e pompieri.

"La gente è furiosa" ha raccontato un fotografo dell'Afp, mentre un padre si è detto "arrabbiato e frustrato" di fronte all'incendio della scuola di Kista. I mezzi di informazione fanno fatica a raccogliere dichiarazioni dei partecipanti agli scontri ma la radio pubblica SR è riuscita ad avvicinare un giovane che, sotto lo pseudonimo di Kim, ha detto di aver agito in segno di protesta contro la disoccupazione e il razzismo. "Abbiamo bruciato auto, tirato pietre contro la polizia...E' una buona cosa, perché ora la gente sa dov'é Husby... e il solo modo per farsi ascoltare".

Con il 15 per cento della popolazione di origine extraeuropea, con una forza di attrazione dell'immigrazione che negli ultimi anni ha fatto della Svezia il secondo paese più sognato (solo lo scorso anno 44 mila richieste di asilo), la Svezia sembra non reggere più l'impatto e si trasforma, e il parere di molti osservatori, dal simbolo della generosa accoglienza, in una matrigna che relega nelle periferie la maggior parte degli immigrati.
Tobias Billström

"A poco a poco stiamo diventando come gli altri paesi", ha osservato Aje Carlbom, antropologo dell'Universita di Malmö; "Vivere da giovane in quartieri come quelli, può voler dire essere completamente isolati dal resto degli svedesi", non sentirsi parte di alcuna società. 

Gli scontri hanno tuttavia avuto il merito di causare una discussione interna nel paese e all'estero hanno fatto mettere in discussione il modello svedese, accogliente, pacifico ed egualitario, se è vero che il polemista francese Eric Zemmour si è chiesto ironicamente se "gli svedesi avessero le loro Clichy-sur-Bois o Villier-le-Bel" riferendosi alle periferie parigine in perpetua ebollizione. Eppure, solo due mesi fa il ministro dell'Immigrazione, Tobias Billström, aveva affermato che "la Svezia ha bisogno di rafforzare le leggi Tobias Billström,per i richiedenti asilo e altri potenziali immigrati, al fine di ridurre il numero di persone che arrivano nel paese", poiché, aveva rincarato, tale situazione "non è sostenibile".

NB: La rabbia nei confronti della polizia e delle istituzioni è cresciuta anche quando alla fine del 2012 è stato approvato il progetto Reva. Agli agenti è stato consentito di fermare e denunciare immediatamente gli immigrati senza permesso di soggiorno. Una legge razzista, per le associazioni degli immigrati. 

Ma è solo un altro anello della catena di cause su cui ci si interroga in questi giorni. Mentre per le risposte, e le misure da attuare, c'è ancora da attendere.
diverse källor




domenica 26 maggio 2013

Un pomeriggio svedese.

Un pomeriggio tranquillo, con le cose semplici della vita, quelle che ti danno la linfa vitale per poter continuare. Sabato pomeriggio, la mia nipotina impegnata in una recita, nell`aula magna del ginnasio, per sentirsi più grandi.  C`erano un pò tutti, dall`asilo fino alla terza elementare per la recita.  Ai senior del ginnasio il coro e un orchestrina jazz (veramente bravi)  Il parcheggio pieno zeppo, con gli svedesi che quando fai manovra ti si piantano dietro e non si spostano nemmeno a pagarli; tutti i sedili occupati.  

Io e mio figlio abbiamo trovato proprio dei bei posti, lì davanti, mia figlia invece “volontaria” inpegnata a vendere caffè e pasticcini.  Un senso di comunità ed atmosvera festaiola pervadeva l’aria; tutte le famiglie dei nostri “attori e ballerini”, felici, orgogliosi del momento di celebrità delle piccole pesti, erano in attesa.  Anche un complessino di tutte ragazze ci ha intrattenuto, ragazze dai 12 ai 16 anni, con keybord, chitarre, clarino e voci davvero belle. Musica pop, alla svedese, ci mancerebbe altro.  

I nostri bambini i nostri ragazzi, gioventù svedese, di cui sono parte i miei figli e i miei nipotini. Infatti: i miei figli sono svedesi.  Mi fà un certo effetto sentirmelo dire. A volte non ci credo.  Ma così è la vita.  Piena di sorprese. Esco, mi manca l`aria, fuori un venticello leggero e frizzantino mi accarezza il viso. Guardo verso il posteggio, e vedo un ragazzo e una ragazza, seduti su un campetto verde che separa il parcheggio dalla strada. Sono vicinissimi, lui le stringe la vita; lei gli accarezza i capelli, il viso. Incuranti dei passanti  E forse per loro non esistono. 

Vedo (sento) che c’è amore nei loro sguardi, e la gioia più pura, la felicità semplice di un giovane amore. Quello che ci da il coraggio e la forza, per afrontare il resto della vita.Vita che noi abbiamo complicato tanto da farci star male. 
Allora, ricordo, penso, ascolto. L`orchestrina sta suonando. Secret Garden.
Buona notte, e Buona domenica a tutti!

venerdì 24 maggio 2013

Dietro la rivolta di Husby.


I disordini alla periferia di Stoccolma dimostrano il fallimento dell’integrazione degli immigrati e il disinteresse del governo in materia di istruzione e impiego.

Il lancio di pietre e gli incendi di macchine a Husby [nella periferia nord di Stoccolma] mettono in evidenza il fallimento di una politica. Ci è voluto molto tempo per arrivare a questa situazione, e ci vorrà molto tempo per cambiare la situazione.

Husby assomiglia a tante altre periferie difficili di Stoccolma. Tutti questi quartieri hanno in comune una forte popolazione di origine immigrata, un alto numero di persone assistite dallo stato, molti giovani che hanno abbandonato la scuola e un elevato tasso di disoccupazione.

Secondo le cifre dell'agenzia per l'occupazione svedese, il 20 per cento dei giovani di Husby non svolgeva alcuna attività nel 2010. Un ragazzo tra i 16 e i 19 anni su cinque era senza lavoro o non andava a scuola. Sulla carta non facevano niente. Ma gli esseri umani hanno sempre tendenza a crearsi delle occupazioni, e questi giovani – per lo più ragazzi – si sono trovati nuove attività, come per esempio andare sui ponti e tirare sassi sulle volanti della polizia, o incendiare la macchina del vicino. Non dicono ovviamente che sia meglio fare questo che non fare nulla, ma di fatto è quello che fanno e questo è il problema.

Dei quattro ragazzi che sono stati fermati finora [il 22 maggio] in seguito agli incidenti di Husby, il più anziano ha 18 anni. Tutti tranne uno hanno già dei precedenti, anche il ragazzo di 15 anni che peraltro è penalmente responsabile solo da poco [in Svezia si è penalmente responsabili a partire da 15 anni].

Non c'è bisogno di aver fatto un'università molto selettiva per capire che ci troviamo di fronte a un evidente fallimento politico. Il problema viene dalla ghettizzazione. Sui 12mila abitanti di Husby più del 60 per cento è nato all'estero. E se si aggiungono coloro che sono nati in Svezia ma da genitori nati all'estero la percentuale arriva all'85 per cento.

Il problema dipende anche dalla scuola. Il 21 maggio il primo ministro Fredrik Reinfeldt ha parlato della possibilità di sbloccare nuovi fondi per l'educazione nazionale. È una buona notizia, ma forse avrebbe dovuto essere fatto un bel po' di tempo fa. Quando un liceale su cinque non va a scuola significa che l'insegnamento locale ha fallito.

Il problema viene anche dall'occupazione. Il lavoro è il primo elemento di integrazione. È in questa sede che si perfeziona la lingua, che si intrecciano legami e che si guadagna denaro.

Verdura esotica

Le periferie che accolgono molti immigrati richiedono un'attenzione enorme. Un'attenzione che i politici non hanno voluto dare loro. Purtroppo questo problema di gestione non è nuovo e si è curiosamente preferito far finta di niente. A lungo non abbiamo neanche avuto il diritto di dire che un quartiere che conta non meno di 114 nazionalità diverse richiedeva più risorse e più attenzione di altri quartieri meno cosmopoliti. Al contrario, le periferie con un'alta densità di immigrati erano presentate come dei luoghi esotici dove si poteva comprare verdura a buon prezzo.
Lena Mellin (Aftonbladet)
Traduzione di Andrea De Ritis


Il problema non sarà risolto dall'oggi al domani e sarà necessario stanziare risorse considerevoli nel settore dell'istruzione, fin dalla scuola materna. Quando si comincia a prendere una brutta strada fin dall'adolescenza, come nel caso dei ragazzi che sono stati fermati, le possibilità di tornare sulla buona strada sono molto basse. Quando i propri genitori e quelli degli amici sono senza lavoro può sembrare perfettamente normale non lavorare. Quando la scuola sembra un paese straniero è facile abbandonarla.

A Husby il tasso di attività è intorno al 40 per cento, rispetto al 65 per cento su scala nazionale. È in questo dato che risiede il male – o piuttosto il peggiore dei mali.








giovedì 23 maggio 2013

Quarta notte di disordini.

Purtroppo questa notte ci sono stati ancora scontri nelle periferie di Stoccolma, dove ormai sono 15 i distretti periferici investiti dalle violenze che stanno assumendo la connotazione della protesta contro la crisi economica e la disoccupazione, oltre che contro la mancata integrazione degli immigrati. A Rågsved, nella zona sud, è stata data alle fiamme una stazione della polizia ma non vi è notizia di feriti. Ad Högsätra è stata attaccata una pattuglia della polizia ed un agente è rimasto ferito in modo grave. A Skogås, sempre nella zona sud, è stato incendiato un ristorante e scontri si sono verificati anche a Husby, nel nord, da dove la rivolta è partita domenica sera
Il movimento "Megafonen"

Le proteste sono una reazione alla "brutalità della polizia", spiega Rami al Khamisi, uno studente di legge fondatore del movimento giovanile Megafonen, quasi a voler giustificare gli incidenti, e ha parlato anche di "razzismo" da parte delle forze dell’ordine, che avrebbero apostrofato con il termine "scimmie" alcuni giovani immigrati. -La gente ha iniziato a reagire - ha detto Rami al Khamisi ad un quotidiano locale - alla crescente marginalizzazione e segregazione, sia di classe, sia di razza degli ultimi 20 anni".
Rami al Khamis

Chiunque si senta "maltrattato dalla polizia dovrebbe denunciarlo", ha replicato il ministro della Giustizia, Beatrice Ask, mentre le forze dell’ordine sono convinte che il diffondersi degli incidenti sia legato ad un fattore di opportunismo.
"Sembra che la gente stia approfittando del fatto che l’attenzione della sicurezza è concentrata sul quartiere di Husby per mettere a ferro a fuoco altre zone della capitale", ha detto il portavoce della polizia Kjell Lindgren, che ha riferito come i rivoltosi siano un "mix di qualsiasi tipo di gente", giovanissimi, ma anche trentenni, stranieri come svedesi.

Il primo ministro Fredrik Reinfeldt ha dichiarato in una conferenza stampa: “Invitiamo tutti ad aiutare a riportare la calma. Gli abitanti di Husby devono riprendere il controllo del loro quartiere. Ci sono gruppi di giovani che pensano di dover cambiare la società con la violenza. Dobbiamo essere chiari: questo non va bene. Non possiamo essere dominati dalla violenza”.

Tuttavia la protesta ha riportato al centro dell'attenzione il tema dell'immigrazione e della disoccupazione nell'agenda politica: le politiche governative si sono infatti dimostrate incapaci di gestire la grande fetta di popolazione (circa il 15%) nata al di fuori dei confini svedesi, e un partito nazionalista di estrema destra, i Democratici Svedesi, che oggi risulta la terza forza politica del Paese, secondo i sondaggi in vista delle elezioni del prossimo anno.

Intanto arriva la notizia di due auto date alle fiamme nella città meridionale svedese di Malmö, episodio che sembra sostanziare l'allarme lanciato in questi giorni dalle autorità svedesi su una possibile estensione delle violenze.


(diverse källor)


mercoledì 22 maggio 2013

Un Genio che sceglie di star male nella sua Italia.


Gianluca Verin
È un cubo di 80 centimetri per 80. Si può spostare ovunque su rotelle, come fa col suo trolley un qualsiasi viaggiatore abituato a muoversi nelle metropoli fra stazioni ferroviarie, aeroporti e alberghi. Purtroppo le destinazioni di questa valigia, pesante 60 chili, sono assai meno amene: centri abitati rasi al suolo da terremoti, spazzati via da alluvioni, devastati da incendi; località di montagna isolate da bufere di neve; isole colpite da tsunami.
Insomma, ovunque una catastrofe abbia privato la popolazione della possibilità di comunicare col resto del mondo.

Dentro non ci sono vestiti, biancheria e spazzolini da denti, ma schede madri, processori, banchi di memorie Ram, hard disk, interfacce di rete, radio, modulatori, amplificatori, antenne. Un groviglio così compatto da racchiudere in appena mezzo metro cubo quelle tecnologie che di norma richiedono decine di stanze climatizzate zeppe di armadi e di rack, gli scaffali aperti traboccanti di server, switch, router, ventole, gruppi di continuità, monitor, tastiere e altri componenti hardware. A governarlo vi è infatti un software rivoluzionario, studiato per ottimizzare dentro il cubo nero tutte le risorse che per essere allocate costringono Telecom, Vodafone, 3, Wind e tutti i gestori di telefonia mobile ad affittare interi palazzi e a servirsi delle migliaia di centraline sparse sul territorio.

Si chiama Primo, e non solo perché è l'acronimo di «private mobile», ma anche perché è davvero la prima rete mobile dedicata, trasportabile, in grado di creare una regione Internet a larga banda per l'utilizzo di telefonini e smartphone. Il primo apparato al mondo capace cioè di far funzionare le comunicazioni telefoniche e web quando tutte le reti, a cominciare da quella con la «r» maiuscola, vanno giù; alimentato, in mancanza di elettricità, con gruppi elettrogeni o pannelli solari. Nell'attimo in cui all'improvviso dovessero sparire dai display dei cellulari quelle tacche rassicuranti seguite da sigle per la maggioranza di noi esoteriche (Gsm, Edge, Umts, 3G, Lte), Primo è ancora su, come l'«Ercolino sempre in piedi» che negli anni Sessanta reclamizzava i formaggini Bel Paese Galbani.
Karim e Gianluca

A compiere il prodigio è stato Gianluca Verin, che di Carosello sa poco o nulla, essendo nato nel 1970. Originario di Bassano del Grappa, laureato in ingegneria elettronica (ramo telecomunicazioni) a Padova nel 1996, master nel Regno Unito all'Università di Sunderland, è un «cervello di ritorno» rientrato apposta in Italia dalla Svezia nel 2005 per creare nell'Area science park di Padriciano, a Trieste, questa start up che ora è diventata un'azienda, Athonet, con sede a Bolzano Vicentino. 

Nell'avventura s'è scelto come partner Karim El Malki, 39 anni, romano di padre egiziano e di madre veneta. 
L'idea è nata nell'appartamento che condividevano a Stoccolma, dove entrambi erano stati chiamati a lavorare dalla Ericsson.
Auguri ragazzi!!!

(diverse källor)



martedì 21 maggio 2013

Husby, un quartiere a nord di Stoccolma.


Oggi avrei voluto scrivere un post di ben altro genere ma mi sento molto amareggiato dopo quello che è successo per la seconda notte consecutiva ad Husby un quartiere a nord di Stoccolma abitato in prevalenza da immigrati dove purtroppo un gruppo di giovani ha appiccato il fuoco ad auto ed edifici. 
Le violenze sono degenerate in scontri diretti con le forze dell’ordine. Alla base delle proteste ci potrebbe essere l’uccisione avvenuta ieri di un uomo di 68 anni da parte della polizia.

Oggi sono previsti incontri "pacifici" tra le autorità e gli abitanti del quartiere per discutere i problemi delle periferie. Problemi molto gravi che non si risolvono con qualche stretta di mano.

Io spero che il governo la smetta di nascondere la polvere sotto il tappeto, e che si metta a lavorare di puzzo buono per risolvere se non tutto almeno una parte di questo enorme problema, e che tutto,tutto,finisca al più presto.
franco a Stoccolma


sabato 18 maggio 2013

Svezia: "La Reklam che non ama le donne"

Emelie Eriksson

Emelie Eriksson, una blogger svedese di 24 anni, in un recente post del suo blog – rilanciato anche da Buzzfeed – ha criticato molto duramente le immagini promozionali del sito di American Apparel, un noto marchio di abbigliamento americano che ha più di 260 negozi in tutto il mondo, accusandole di «diffondere un’immagine della donna davvero degradante».

Nelle foto le modelle sono quasi sempre giovanissime, molto poco vestite, e vengono ritratte in atteggiamenti parecchio provocanti. Al contrario, per gli stessi vestiti i modelli maschili vengono fotografati in situazioni più ordinarie, senza che vi sia alcun riferimento al sesso: la differenza è particolarmente evidente quando si tratta di pubblicizzare abbigliamento definito “unisex”, e quindi la stessa camicia viene indossata da un modello e da una modella.

La stessa camicia a quadri, cara ai boscaioli americani, è indossata educatamente chiusa dal giovane con la barbetta chiara, ma aperta sul seno nudo e sulle mutandine bianche da una deliziosa biondina. Ce n'é per far infuriare bloggers, associazioni dei consumatori e frequentatori della rete contro la catena di abbigliamento Usa American Apparel accusata di atteggiamento sessista per le pubblicità dei suoi prodotti nelle quali le ragazze sono sempre mezze nude, mentre i modelli sono costumati giovani vestiti di tutto punto.

In breve tempo il blog della Eriksson è stato letto da centomila persone e le associazioni dei consumatori svedesi hanno chiesto l'intervento delle autorità che dovrebbero vigilare sulla pubblicità. Le autorità svedesi hanno risposto che non è nella loro giurisdizione oscurare il sito della casa di moda, perché è in inglese e ha un dominio non registrato in Svezia.

Certo è che l'azienda Usa, proprietà del canadese Dov Charney e basata a Los Angeles, è stata spesso criticata per le sue pubblicità di cattivo gusto e lo stesso Charney ha detto che il sesso è un elemento che rientra nelle caratteristiche del prodotto. L'azienda aveva subito simili attacchi, con le stesse accuse di sessismo, recentemente anche in Gran Bretagna. Non è certamente una bella pubblicità per chi si fregia di nutrire particolare attenzione per i diritti dei lavoratori e per la sostenibilità sociale e ambientale della sua produzione.

(diverse källor)


venerdì 17 maggio 2013

"Corpi estranei alla società svedese."

L`apparecchio telefonico "Ericofon" in una reklam drl 56.
Quando a metà anni sessanta arrivai in Svezia per una stage. incontrai molti connazionali nella multinazionale che mi ospitava, erano tutti dei gran lavoratori. Essi erano orgogliosi nel dire che sebbene in Svezia, era sufficiente lavorare tre mesi di fila per ottenere un assegno di disoccupazione pari al 80% dello stipendio mensile per ben due anni, loro, non se ne approffitavano. ovviamente le pecore nere c'erano, ma erano in maggioranza di altre nazionalità che incapaci di inserirsi nel tessuto sociale, passavano le giornate tra bere vino e interminabili tornei di briscola..
Poi una ventina d'anni fa, a Stoccolma. incontrai un italiano si chiamava Giovanni, aveva una trentina d'anni, era un calabrese di Rossano e nella sua vita aveva lavorato sì e no sei o sette mesi. Ma non di seguito. In Svezia c'era arrivato sul finire degli anni Ottanta inseguendo due miti: quello della femmina facile e del welfare. E aveva trovato tutti e due. "Il risultato è che ora cambio donna ogni sei mesi. Dunque un tetto ce l'ho", mi raccontò. E per i soldi? "Se uno si contenta è facile. Col sussidio di disoccupazione prendi anche ottocento euro (la cifra era corone, ma tanto farebbe ora, ndr). E se dimostri che sei iscritto a un corso per imparare lo svedese i soldi sono anche di più", ridacchiava raccontando.
Pensai allora che Giovanni fosse un corpo estraneo in seno alla società svedese, in natura qualsiasi organismo, raggiunto da corpi estranei, cerca o di integrarli o di espellerli. Succede anche in quei grandi, multiformi organismi che sono i popoli. Ogni popolo può, e spesso è ben disposto, ad accettare individui, abitudini, comportamenti appartenenti ad altri popoli, finché non se ne sente attaccato o addirittura danneggiato.
Tutto ciò serve a introdurre un discorso delicato, delicatissimo, perché può essere frainteso, spesso in malafede, attirando su chi lo fa l'accusa infamante di razzismo. Sto, ovviamente, parlando della Svezia e degli svedesi, che nelle ultime elezioni  hanno mandato in Parlamento - per la prima volta - i "Democratici di Svezia" (Sd) di Jimmie Akesson: con il 5,7% dei voti sono diventati una forza determinante nella politica del Paese.
La Svezia aveva già sorpreso l'opinione pubblica internazionale, qualche anno fa, mandando a casa, dopo ottant'anni, quei socialdemocratici creatori di un ipotetico paradiso in terra che assicurava una protezione del cittadino «dalla culla alla tomba». Paradiso ipotetico, se si pensa che la Svezia ha una percentuale di suicidi fra le più alte del mondo eppure di certo confortevole, se si pensa all'assistenza sanitaria, alle politiche scolastiche e della famiglia. Ma i socialdemocratici, nei loro sforzi di portare tutti - proprio tutti - in paradiso, non hanno tenuto abbastanza conto del fatto che anche gli svedesi sono un organismo che dispone di corpi e di anticorpi.
E sono scattati gli anticorpi ovvero l'estrema destra di Jimmie Akesson, ovvero un giovanottone in giacca e cravatta - obbligatoria nel partito - che ha ripulito i suoi non con la giacca e la cravatta ma soffocando (almeno all'apparenza) la componente apertamente razzista del Sd.
Il futuro ci dirà se ci è riuscito. Di certo, quanto è avvenuto in Svezia è una lezione interessante per tutti gli altri Paesi europei, in special modo per quelli guidati dal centrodestra. I quali, se adottano una politica troppo tollerante verso l'immigrazione, regalano all'estremismo spazi che posso diventare anche molto vasti.
Staremo a vedere...! (Sperando che nel frattempo i Giovanni non si siano moltiplicati...)




Attenzione

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Sono andato, tornato, ripartito.

Sono andato, tornato, ripartito.
E così ora sono qui, in un’altra fase della Vita. Abito vicino al ponte Västerbron, a forma di arpa. E’ bellissimo. La mia gratitudine è a scoppio molto ritardato. Faccio in tempo a dimenticare gli atti, i nomi e i volti prima di aver capito quando dovessi ad ognuno.