domenica 25 aprile 2010

Il giorno 25 aprile deve essere il giorno del ricordo per i tutti i caduti di ogni parte!!!

Sui banchi di scuola e sui mezzi d’informazione mediatici vi hanno parlato sempre del 25 aprile: la lotta partigiana, la guerra di liberazione, le stragi nazifasciste ecc. Hanno fatto bene a narrarvi tutto questo, hanno fatto male a non narrarvi l’altra faccia del 25 aprile: le stragi operate da partigiani, di cui nessuno si è mai interessato. Uscì il libro “Il Sangue dei Vinti” di Giampaolo Pansa, ha fatto seguito un film, dove è narrato l’altro 25 aprile, occultato per lungo tempo, come fu occultata la strage delle Foibe.
A prescindere dal fatto che tra le forze partigiane aderirono pure forze cattoliche, liberali, conservatrici, monarchiche, non solo formazioni social – comuniste, ma a cosa servì la lotta partigiana? Se non fosse stato per gli angloamericani ancor oggi ci sarebbe la resistenza: i partigiani liberarono le città del Nord Italia quando ormai i tedeschi erano in fuga, erano consapevoli della sconfitta ed erano accerchiati ovunque dall’arrivo delle forze alleate. Perciò risulta falso questo mito dei partigiani che liberarono l’Italia. I crimini commessi in quel periodo dai nazifascisti sono stati terribili ed orrendi, non lo metto in discussione, ma alcuni potevano essere benissimo evitati, come alle Fosse Ardeatine ad esempio: dopo l’occupazione tedesca di Roma gli occupanti affissero dei manifesti, dove si diceva che per ogni morto tedesco in eventuali attentati avrebbero pagato con la vita dieci civili italiani. Allora perché gli attentatori di Via Rassella misero le bombe? Come allo stesso modo furono compiute altre rappresaglie ai danni di civili per degli inutili attentati e agguati. Ma è anche vero che alcune stragi nazifasciste avvennero senza motivi. Nessuno ha mai parlato degli stermini compiuti dai partigiani sui civili, senza apparente motivo: soprattutto vecchi, donne e bambini, soltanto perché erano sospettati di essere amici di fascisti, vennero trucidati dopo il 25 aprile. Ci si stava preparando alla rivoluzione proletaria di stampo sovietico, ogni potenziale avversario andava eliminato, perfino i partigiani che non erano social – comunisti. Il triangolo della morte in Emilia Romagna è la zona maggior incriminata per le stragi operate dai partigiani.
Nessuno si è mai interessato dei combattenti della Repubblica di Salò: non erano mostri, erano persone come tutte le altre, che per legge dovevano rispondere alla chiamata alle armi, operando una scelta di vita; si scontravano in una guerra civile sia con le bande partigiane al nord, sia con i connazionali del Regno del Sud al fronte. Quei combattenti hanno data la vita per una causa che ritenevano giusta, avevano delle persone, familiari e conoscenti, che li amavano e che non hanno neanche potuto avere un luogo dove piangerli: infatti i caduti della RSI non erano degni di entrare nei cimiteri, venivano ammassati nelle fosse comuni. La Repubblica di Salò reclutava anche personale femminile nelle forze ausiliarie: molte di queste ausiliarie furono barbaramente violentate e trucidate dopo il 25 aprile.
Il giorno 25 aprile deve essere il giorno del ricordo per i tutti i caduti di ogni parte, in cui bisogna ricordare tutti gli eccidi, sia nazifascisti sia partigiani, senza dimenticare che a differenza del 4 novembre, quando si ricorda una vittoria, in questo caso si rimembra una sconfitta: questo dovrà essere il nuovo senso di questo giorno e non dovrà essere a senso unico come lo è stato finora.
Ma se si fossero aspettati gli angloamericani buoni, buoni, nel periodo tra l’8 settembre 1943 e il 25 aprile 1945, molte stragi sarebbero state evitate, non solo quelle naziste e fasciste, ma anche quelle del dopoguerra, quando si cercò perlopiù di strappare il nostro paese all’influenza americana e farlo convergere in quella sovietica. 
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giovedì 22 aprile 2010

Spezzatino con patate .


Ricetta da trattoria,anzi casalinga,ma mi piace ,ho mica si campa di pytt i panna e tortini_svedesi.

Dunque per 2 persone,ci vogliono 5-6 pezzi di punta di petto,,taglio grasso e magro che si adatta benissimo a questo piatto,1\2 bichiere di vino bianco,1\2 cipolla,4 patate di pasta gialla e belle farinose,che in parte si dovranno disfare in cottura,olio4 cucchiai,una noce di burro,sale e pepe nero.

Escecuzione ultra semplice,soffritto di cipolla,olio e burro,poi si rosola la carne ,si sfuma il vino e si aggiusta di sale.


Poi si aggiungono le patate a pezzetti, si copre tutto con un buon brodo di carne e si lascia cuocere a fiamma bassissima ...................................per due ore e più,aggiungendo man mano altro brodo.
Quando la carne è tenerissima si riassaggia di sale,e si fa stringere il sugo
Si serve bello caldo con una robusta grattata di pepe nero.

Oh a me piace ,ci vuole solo il tempo per seguir la cottura

Buon appetito.

sabato 17 aprile 2010

Riflessioni da Stoccolma.

L`intervista riportata qui sotto potrebbe essere la storia di ognuno di ”Noi” arrivati in Svezia negli anni 60. Io Franco anche se non sono del tutto d`accordo con quanto detto da Adelmo (che tra l`altro conosco benissimo) la trovo comunque molto interessante ma sopratutto vera e dettata dal cuore per questo ve la propongo con la speranza che venga letta da chi ”sogna” di emigrare in Svezia e da chi invece è emigrato da poco ed ancora non è del tutto sicuro del passo fatto…Buona lettura e buona Domenica.

Adelmo Tosi, bolognese di San Matteo della Decima, il "paese dei meloni", è arrivato a Stoccolma 46 anni fa. Pensionato, è consultore della Regione Emilia-Romagna per la Svezia. In Italia non torna per un unico motivo: la famiglia, i figli che ormai sono svedesi a pieno titolo, e lì hanno la loro vita, il lavoro, gli affetti.

Stoccolma è una bella città, sia in estate sia in inverno. La chiamano "la Venezia del nord", perché è costruita sull’acqua, su tredici isole collegate da ponti. E’ piena di parchi, giardini, e le insenature, le isole del suo arcipelago, le gite che si possono fare in battello, e soprattutto la capacità di restare in armonia con l’ambiente naturale, la rendono piacevole. Certo, anche Stoccolma non è più quella di una volta.

C’è più confusione, tanta gente, tanta immigrazione: non solo da altri Paesi ma anche dal nord e dal sud della Svezia. Ormai, su un milione di abitanti, saranno 100 mila o poco più quelli nati a Stoccolma. E poi è una città cara. La situazione è peggiorata con l’euro: gli svedesi, copiando gli inglesi, non l’hanno voluto e ora per comprare un euro ci vogliono dieci corone. Prima venire in Italia era vantaggioso, ora è l’italiano che qui con solo un euro può pagarsi un caffé e una pasta. E’ stata più furba la Finlandia, che si è allontanata dalla Russia, è entrata nell’Unione europea e nell’area euro, e ora, grazie anche alle sue grandi industrie, sta meglio di noi.

Quando mi chiedono se ci sono problemi di sicurezza a Stoccolma, rispondo che è ancora una città tranquilla ma qualche problema c’è. Recentemente il governo ha concesso il passaporto subito a 98 mila ex-jugoslavi, senza farli aspettare sette anni come di norma. Un po’ di criminalità si comincia a vedere. Ci sono bande di stranieri che assaltano i portavalori.

Ma oggi, per fortuna, noi italiani non siamo più un problema. Grazie al lavoro, ci siamo affrancati, integrati, non siamo al livello – per dire – degli arabi. Ma sotto sotto, se si va scavare, rimaniamo stranieri. All’anagrafe abbiamo un numero speciale: loro guardano il tuo numero e capiscono subito che sei straniero. Per diventare svedesi, ci vogliono trecento anni... Sono bravi, leali, o così sembra: ma i pregiudizi ci sono. Con i vicini, ad esempi, abbiamo rapporti cordiali, ma ognuno resta a casa propria. Io sono in Svezia dal 1960, ma se devo dire che ho un amico svedese... no, non ce l’ho.Che impressione mi ha fatto la Svezia appena arrivato? Lo dico con sincerità: sarebbe stato da tornare indietro subito. All’inizio sembrava tutto bello: ci hanno portato al ristorante e il giorno dopo a lavorare. Ma poi ci hanno sistemato subito nelle baracche. L’industria era dieci anni indietro rispetto all’Italia. Ma eravamo giovani, vedevamo le donne, avevamo vent’anni... Oggi posso dire di aver fatto una stupidata ad andare in Svezia. Avevo appena terminato il militare, sceso dal treno ho incontrato il padre di un ragazzo che stava in Svezia: "Vieni – mi diceva -, c’è tanto lavoro".

Un altro aspetto che non può essere scordato, quando si parla di questo Paese, è la solitudine. E’ incredibile quanta ce n’è. La solitudine prende la gente, la prosciuga come un albero rinsecchito. Vedi, noi italiani, noi mediterranei, in qualche modo ce la caviamo; i nordici, invece, sono deboli di nervi. Per ogni piccolo problema, si mettono a bere. Hanno problemi di divorzio, con la moglie, con i figli, sul lavoro? Bevono. E’ dal 1960, da quando sono arrivato, che sento parlare di questa piaga, ma con nessun risultato. Adesso con internet ci sono persone che, per aggirare i divieti, si fanno arrivare dalla Germania casse con anche duecento bottiglie di alcolici, che poi la Finanza puntualmente sequestra. Tutta merce bloccata in grandi magazzini di cui non si sa che fare. C’è chi vorrebbe liberalizzare la vendita degli alcolici, dato che non si può andare contro il libero mercato comunitario, ma il problema sono i giovani. Se un anziano si mette a bere e non smette più, sono affari suoi. Ma i giovani?
(Intervista tratta da Emigliano-Romagnoli nel Mondo


giovedì 15 aprile 2010

Pensate di togliervi la vita…e sceglieta la Svezia per farlo?(non fatelo le code sono troppo lunghe...)

 

Se state pensando di togliervi la vita e cercate conforto telefonando ad una linea di aiuto notturno, potrebbe capitarvi che mentre spiegate la vostra depressione, il sacerdote dall’altra parte si addormenti e cominci a russare.
E’ successo in Svezia.L’aspirante suicida aveva chiamato i servizi di emergenza alle due del mattino del venerdì santo, dicendo che si sentiva “psicologicamente instabile“.la sua telefonata è stata trasmessa ad un pastore della Chiesa di Svezia. Circa cinque minuti dopo la chiamata, l’uomo tormentato, di 44 anni, ha avuto la sensazione di stare a parlare a se stesso

RESPIRO PESANTE - “Ho pensato che forse dall’altra parte della cornetta, qualcuno stesse prendendo appunti, così ho chiesto: “Sta prendendo appunti?’” ha riferito l’uomo al quotidiano locale Barometern.”Potevo sentire il suo respiro pesante, prima che si svegliasse”. Ma, secondo l’uomo,il periodo vigile del pastore non durò a lungo. Dopo qualche altro frustrante minuto senza risposta da parte del sacerdote, l’uomo riattaccò. Fece quindi un altro tentativo per cercare una guida spirituale, ma venne messo in coda. Dopo aver atteso per dieci minuti, riattaccò per la seconda volta. Fortunatamente, la (non)risposta del pastore ai suoi guai modificò l’umore dell’uomo che da depresso diventò piuttosto arrabbiato e abbandonò tutti i propositi suicidi.

RECIDIVI - Questa settimana l’uomo ha pure parlato con il giornale Kalmar: “Non è accettabile che un prete si addormenti nel bel mezzo di una chiamata, questo non dovrebbe accadere quando si chiama in cerca di aiuto. Mi sentivo male e volevo uccidermi, ma sono riuscito a fare la telefonata. Sono molto deluso“. Monica Eckerdal Kjellstroem, che coordina le Attività di Servizio all’interno dei Pastori della Chiesa di Svezia, pur esprimendo rammarico per l’accaduto ha spiegato che non è la prima volta che succedono queste cose.”Questo genere di episodi non dovrebbero accadere mai, ma può succedere che la gente chiami e poi denunci che i pastori si sono addormentati“, ha affermato al The Local.se. E ha promesso di licenziare chiunque, in futuro, non riesca a stare sveglio abbastanza a lungo per aiutare chi chiama.
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(La perfetta organizazione svedese,anche per chi vuole suicidarsi...)

mercoledì 14 aprile 2010

Ett nytt land utanför mitt fönster (Una nuova nazione fuori la mia finestra.)



Lo scrittore immigrato (invandrarförfattare)

La difinizione invandrarförfattare,è stata associata a quella di
un autore nato al di fuori dei confini svedesi, solitamente senza legami
parentali con il paese e che scrive nella lingua locale

Un esempio calzante è rappresentato dal greco Theodor Kallifatides.
Nato nel 1938 a Molai, un piccolo paese del Peloponneso, Kallifatides
emigra in Svezia nel 1964 senza sapere una parola di Svedese non approfitta dei corsi di svedese per immigrati, e mentre “pela” montagne di patate in un ristorante di Stoccolma legge Fröken Julie (la signorina Giulia) la tragiedia di August Strindberg munito di un vocabolario Svedese-Greco, dopo due anni trascorsi a lavorare appunto come “pela patate”e “lavapiatti” viena assunto dale poste svedesi come portalettere oramai ha inparato lo svedese non certo quello che si insegna ai corsi per immigrati.( svenska för invandrare),così riesce a completare gli studi universitari ed inizia subito ad insegnare filosofia pratica presso la stessa Università. Alla fine degli anni Sessanta, inizia la sua attività letteraria. Scrittore prolifico che ha sempre preferito usare la lingua svedese, Kallifatides è stato il primo autore a descrivere in maniera compiuta l’esperienza dell’immigrato in Svezia,

l’incontro/scontro con una cultura straniera radicalmente diversa dalla propria e la nostalgia per la terra d’origine. Alfiere di un’intera generazione (la mia), Kallifatides ha rappresentato per anni il prototipo dell’invandrarförfattare,che, linguisticamente assimilato alla nuova patria,
ne descrive la realtà dall’interno e tuttavia con lo sguardo “dell’altro”, dello straniero con un retroterra culturale diverso che ne caratterizza, appunto,la prospettiva di osservazione.

Nel 2000, è stato nominato dal governo svedese Professore Emerito,con la seguente motivazione: Per il grande contributo dato alla letteratura svedese.
Theodor Kallifatides ha anche lavorato come capo redattore della rivista letteraria Bonniers, è stato direttore dell'Istituto ellenico, Presidente del Club svedese Pen e ora fa parte come supplente del consiglio d`amministrazione della televisione svedese (Sverige Radio). Theodor mantiene i colloqui su temi quali appuntamenti culturali, leadership, etica e morale e lo fa con grande fantasia e un notevole umorismo.


PS:Vi consiglio di leggere:Ett nytt land utanför mitt fönster (Una nuova nazione fuori la mia finestra.)Tack Theo !

Theodor Kallifatides är en av Sveriges mest kända författare, och utnämndes år 2000 av regeringen till professor ”för ett storartat författarskap”. Han har givit ut ett trettiotal böcker och fått mängder av litterära utmärkelser. Theodor är född i Grekland, kom till Sverige 1964 utan att kunna ett ord svenska, och började arbeta som potatisskalare för att två år senare börja undervisa i praktisk filosofi vid universitetet. Han hade då lärt sig svenska, men absolut inte via svenskkurser för invandrare, utan genom att läsa Fröken Julie med ett lexikon. Sin första mening på svenska sa han vid en kräftskiva: ”Det tycks mig som om vi samtliga voro berusade”. En kanske något Strindbergsk version av språket.

Theodor Kallifatides har även arbetat som chefredaktör för Bonniers Litterära Magasin, direktör för Grekiska Institutet, ordförande för Svenska PEN-klubben och nu som suppleant i Sveriges Televisions styrelse. Theodor håller sina föredrag om ämnen som kulturmöten, ledarskap, etik och moral och gör det med stor inlevelse och en ansenlig portion humor.

martedì 13 aprile 2010

Oggi voglio farvi conoscere Jan Guillou. (Janne)

 
Oggi voglio farvi conoscere (per chi ancora non lo conosce) Jan Guillou, nato a Södertälje nel 1944 dove ancora vive (ad un tiro di schioppo da casa mia) Janne come lo chiamano gli amici è uno scrittore e giornalista svedese figlio di immigrati. Le sue opere più famose sono romanzi di spionaggio che hanno come protagonista l'agente segreto svedese Carl Hamilton, oltre ai quattro libri del "romanzo delle crociate", basati sulle vicende del Templare Arn Magnusson e dei suoi discendenti.

Io oggi voglio consigliarvi di leggere un suo libro "Ondskan", bestseller in Svezia, edito in Italia come "La fabbrica del male", da cui è stato tratto il film "Evil - Il ribelle", del regista Mikael Håfström candidato agli Oscar 2004 per la Svezia come Miglior Film Straniero.


Il racconto si svolge in Svezia, primi anni Sessanta: l'adolescente Erik è vittima di un padre sadico e violento che lo picchia a sangue sistematicamente al minimo pretesto e di una madre succube e rassegnata. L'allenamento a sopportare il dolore rende Erik un duro, apparentemente freddo e calcolatore, capo di una banda di bulli che organizza attività illecite nella scuola e nel quartiere. Ma la situazione precipita ed Erik viene espulso dalla scuola. Prima che il padre venga a conoscenza dell'accaduto e scateni l'inferno, la madre riesce a mandare Erik in un collegio privato, che però si rivela un ambiente brutale e razzista, retto da un sistema di regole che eguagliano in sadismo quelle paterne: nonostante i sogni di Erik di lasciarsi alle spalle il male distruttivo che ha finora segnato la sua vita, la spirale della violenza non sembra avere fine...

Spietata analisi di una "famiglia che uccide", duro atto d'accusa contro un intero sistema scolastico e sociale e straordinario romanzo di formazione, letto da milioni di lettori e adottato in centinaia di scuole svedesi, "La fabbrica del male" è un romanzo intenso e sofferto, in parte autobiografico, che pone un interrogativo morale che non può non avvincere tutti i lettori del mondo d'oggi: è lecito l'uso strumentale della violenza per sconfiggere il male?
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PS: Ai nuovi immigrati consiglio di leggerlo in lingua svedese (originale)non solo è molto più bello ma vi aiuterà a capire molte sfumature... (nyanser...)

martedì 6 aprile 2010

Quando la Svezia perse la sua “innocenza”



La Svezia perse la sua “innocenza” in una fredda sera d`inverno in Sveavägen una delle principali arterie di Stoccolma è un venerdi esattamente il 28 febbraio 1986 .
Il primo ministro svedese Olof Palme è uscito da pochi minuti accompagnato dalla moglie Lisbet dal cinema Grand dove ha assistito alla proiezione del film i Fratelli Mozart del regista Suzanne Osten.

Nella Svezia di quegli anni le scorte non hanno ragione di esistere,del resto lui non si è mai preuccupato della sua sicurezza personale, il suo numero telefonico è registratoto nella guida telefonica di Stoccolma. Nelle sere d`inverno non rinucia alla sua passeggiatina dopo cena nei vicoli della città vecchia(gamla stan) dove abita da tanti anni con la moglie Lisbet,mentre d`estate non è raro incontrarlo mentre “scorazza” in bicicletta per il centro di Stoccolma.
Un episodio accaduto qualche anno prima è restato famoso. L’auto ministeriale che stava portando Palme all’aeroporto Arlanda di Stoccolma si blocca per un guasto meccanico a pochi chilometri dalla meta. Il primo ministro non ha alternative: o perdere l’aereo o cercare di raggiungere l’aeroporto facendo l’autostop. Optò per la seconda soluzione.

Sono intanto passate da poco le 23. È una notte buia, tipica del rigido inverno di Stoccolma. I coniugi Palme hanno da poco salutato il figlio Mårten e la fidanzata.

Mentre sono indecisi se fare a piedi il tratto di strada che conduce alla loro abitazione o prendere la metropolitana come hanno fatto nel tragitto di andata, un uomo si rivolge al primo ministro. Palme si volta d’istinto. Lo sconosciuto spara a bruciapelo alcuni colpi di pistola contro il premier. Uno dei proiettili ferisce di striscio sua moglie. Per un attimo Palme guarda in faccia il suo assassino, poi si accascia al suolo. Lisbet urla disperata e chiede aiuto. Il killer lascia indisturbato il luogo del delitto. Palme muore poco dopo in ospedale. Aveva 59 anni.

Fin qui la scena del delitto politico - il killer è tuttora sconosciuto - che sconvolse la Svezia nel 1986 e che spezzò la “terza via” tra capitalismo e comunismo che stava praticando la società svedese guidata da Palme.

Palme era un leader molto amato e molto odiato in patria (ma anche all’estero) per le caratteristiche radicali della sua politica. Era diventato premier nel 1969 raccogliendo il testimone di Tage Erlander. Sconfitto poi nelle elezioni del 1976 era tornato a guidare il governo nel 1982 ed era ancora primo ministro quando fu ucciso nel 1986. Basta ricordare alcune scelte politiche della Svezia nel periodo di Palme per capire la qualità della sua “terza via” sul fronte internazionale: no alla guerra in Vietnam (pagata con la temporanea rottura dei rapporti diplomatici tra Stoccolma e Washington), sostegno ai movimenti di liberazione nel Terzo mondo e di quelli democratici in un’Europa che fino a metà dei Settanta aveva regimi fascisti ad Atene, Madrid e Lisbona, contrasto dell’espansionismo sovietico, ferma posizione anti-riarmo in Europa dei primi anni Ottanta, mediazione nei conflitti internazionali su mandato dell’Onu (come nel caso della guerra Iran-Iraq iniziata nel 1980). In politica interna si assistette negli anni di Palme a uno sviluppo senza precedenti del peculiare welfare che fece parlare di un “modello svedese” a cui guardare ammirati.

Vi consiglio di leggere l`ultimo libro di Monica Quirico Olof Palme e il socialismo democratico Questo libro traduce per la prima volta in italiano testi e discorsi di Palme. Da qui la sua utilità perché va a riempire il buco nero dell’editoria politica italiana rispetto a uno dei personaggi più originali della storia della socialdemocrazia europea. Basti citare un episodio che lo vide protagonista.

Nel Natale del 1972, appresa la notizia del bombardamento della città di Hanoi da parte degli aerei americani B52, Palme decide di rendere pubblico un comunicato del suo governo leggendolo alla radio (il testo è riportato nel libro): «Non ci sono ragioni militari per i bombardamenti. Fonti militari a Saigon negano che fossero in corso preparativi in questo senso da parte dei nordvietnamiti. I bombardamenti non si possono neppure attribuire alla rigidità nordvietnamita al tavolo delle trattative. L’opposizione agli accordi dello scorso ottobre a Parigi, come fa notare il New York Times, viene soprattutto dal presidente Thieu di Saigon. Quello che invece si fa concretamente è colpire una nazione e un popolo per umiliarli e costringerli a sottomettersi al linguaggio della forza. Per questo, i bombardamenti sono un crimine. Nella storia ce ne sono stati molti. E spesso hanno dei nomi: Guernica, Oradour, Baij Jar, Ridice, Sharpeville, Treblinka. La violenza ha trionfato in quelle occasioni. Ma il giudizio del mondo si è abbattuto duramente su chi ne porta le responsabilità. Ora c’è un altro nome da aggiungere alla lista: Hanoi, Natale 1972».

Chi uccise Palme in quella tragica notte d`inverno forse non lo sapremo mai, ma tutti noi capimmo che il nostro modo di vivere sarebbe cambiato radicalmente ed anche in fretta in coseguenza che la Svezia aveva perso per sempre la sua innocenza,in quella fredda notte d`inverno del 28 febbraio 1986

Attenzione

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Sono andato, tornato, ripartito.

Sono andato, tornato, ripartito.
E così ora sono qui, in un’altra fase della Vita. Abito vicino al ponte Västerbron, a forma di arpa. E’ bellissimo. La mia gratitudine è a scoppio molto ritardato. Faccio in tempo a dimenticare gli atti, i nomi e i volti prima di aver capito quando dovessi ad ognuno.