martedì 4 novembre 2014

"Vivo Altrove”

Claudia Cucchiarato
L’insegnante che sbarca il lunario come cantante a Barcellona. Il biologo di Latina che diventa editore a Berlino. L’avvocato che vive all’Aja e sogna di fare il deejay a Parigi. Storie di giovani. Giovani italiani che partono. Per andare dove? A volte basta “altrove” per diventare qualcuno perché qui non sono nessuno. Hanno tra i 25 e i 40 anni e hanno deciso di lasciare il nostro Paese.
A raccontare le loro vite Claudia Cucchiarato. Che nel suo libro, da poco anche documentario, “Vivo Altrove” ha voluto descrivere cosa vuol dire andarsene per questi emigrati del nuovo millennio. La stessa autrice si può definire tale. Figlia di quell’”effetto Erasmus” che a 21 anni le fa  prendere l’aereo per Barcellona senza sapere che poi sarà quella la città dove ancora oggi vive. Il suo attaccamento all’Italia, però, è comunque forte e crede che sia giusto continuare a sperare di renderlo un Paese dove si possa e debba vivere bene. Anche se ora non è cosi.
È sempre maggiore, infatti, il numero di persone che se ne va e alla fine non torna. Non si hanno cifre precise e affidabili perché molti di loro non si registrano agli Italiani all’Estero. E spesso vagano per città e continenti, sono una generazione cosiddetta liquida. È una scelta non facile quella di lasciare tutto, amici, casa e famiglia per l’assoluto ignoto. Non si tratta solo di cervelli in fuga, certi di trovare all’estero opportunità migliori, ma anche di ragazzi normali che sentono questa Italia troppo statica, chiusa e rivolta solo a se stessa. Dove fin da subito si convive con un eterno senso di disillusione per quel che sarà. E allora a volte si fa quel salto verso un futuro prossimo o meno che sia.

È una scelta non sempre fortunata e spesso piena di difficoltà, contraddizioni e sacrifici. Il laureato in Ingegneria, che si adatta a fare il cameriere a Londra da più di 3 anni ne è un esempio vivente. Ma quello che stupisce di più è leggere nei loro occhi un entusiasmo e una grinta che anche a 20 anni difficilmente ormai riesci più a incrociare. Sul sito di Vivo Altrove colpisce e quasi commuove la lettera di un giovanissimo attore che scrive con la valigia in mano e pieno di rabbia annuncia la propria fuga. Le sue sono grida di sofferenza e amarezza contro uno Stato totalmente indifferente, che non ascolta e non agisce.
In tanti, forse in troppi, ci hanno detto e ripetuto che l’Italia non è un paese per giovani. I primi a farlo sono proprio coloro che l’hanno resa così e che addolorati oggi consigliano ai figli di esiliare. Ed ecco quindi che sorge il dilemma più grande, qual è la vera sfida rimanere o andare via? Chi vince, chi perde?
Se ti rendi conto che lì le cose vanno meglio perché non cercare di cambiarle qui? A volte nemmeno ci si prova. Forse allora non è più soltanto una questione di rabbia e di rancore per un sistema che indubbiamente ha tradito tante promesse, che non è stato in grado di evolversi e che ha eliminato dal vocabolario la parola meritocrazia. Forse, un po’, è anche la paura di rimboccarsi le maniche e di ricostruire pezzetto dopo pezzetto questa vecchia e deludente Italia? Perché con lo stesso entusiasmo e determinazione con cui, con pochi euro in tasca, puntiamo il dito sulla mappa e scopriamo realtà migliori che ci arricchiscono, non scegliamo di crederci ancora e di ritornare qui?


Attenzione

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Sono andato, tornato, ripartito.

Sono andato, tornato, ripartito.
E così ora sono qui, in un’altra fase della Vita. Abito vicino al ponte Västerbron, a forma di arpa. E’ bellissimo. La mia gratitudine è a scoppio molto ritardato. Faccio in tempo a dimenticare gli atti, i nomi e i volti prima di aver capito quando dovessi ad ognuno.