sabato 8 settembre 2018

Elezioni svedesi. Che Dio ce la mandi buona.

Non ci sono santi che tengono! Quassù in Svezia è una tradizione ogni 4 anni la seconda domenica di Settembre si va alle urne. Ed io questa volta mi sento abbastanza turbato pensando che uno che ha dichiarato che detesta gli immigrati solo perché quando era piccolo un bambino arabo giocando, lo fece cadere dalla bici sputandogli addosso rischia di diventare il primo ministro dello stato. La sensazione che sento è una specie di  quiete prima della tempesta, qualcosa sta cambiando e lo si respira nell`aria dolce di questo precoce autunno svedese. Anche perchè da queste parti siamo abituati a novità più o meno scioccanti, basti pensare quando la Svezia rifiutò l`euro mentre tutti facevano a botte per entrarci, siamo stati i primi a fare i conti con gli hacker che infestavano le campagne elettorali e poi la Svezia è stata tra le primissime al mondo ad avere partiti femministi e ambientalisti. Cambiò di molto anche dopo lo shock dei misteriosi assinii di Olof Palme ad Anna Lindh. Ed allora dovremmo fare molta attenzione perchè domani non voteremo solamente per la Svezia ma bisogna anche scegliere se rimanere campioni assoluti della socialdemocrazia e del modello che governa questo popolo da più di cento anni; oppure se far parte dei movimenti antimigranti e antieuropei. Allungando ancora di più la linea sovranista che parte da Stettino, passando per l’Ungheria e l’Austria, arriva fino a Trieste e divide sempre più il Continente.
Intanto Jaime Åkenson, favoritissimo leader destrorso di Sverigedemokraterna (Sd), Svezia democratica, lui tanto democratico da voler chiudere le frontiere ai richiedenti asilo e rimandare al mittente chi lo ha ottenuto è lui con la sua faccia da bravo ragazzo e amico della porta accanto ci tiene a farci sapere che  : "Questo è un referendum fra chi vuole il solito arcobaleno che ci ha riempito d’immigrati. Oppure sceglie il nostro vero welfare che si occupi degli svedesi, e non la politica dell’asilo per tutti." A me sembra un ritornello già sentito da un`altra parte. Inutile negare che Jimmie si è preparato con molta cura a questa temuta da me vittoria. Ha cacciato dal partito i razzisti impresentabili, compresa la suocera che s’era abbandonata a dichiarazioni antisemitiche, e poi ha cambiato il simbolo da una torcia fiammante in un tenero fiorellino gialloblù, aperto alle famiglie gay, messo un po’ da parte gli attacchi alla legge sull’aborto. E ai suoi elettori poco importa la quantità d’iscritti ancora legati all’estrema destra, che postano gli sfottò ad Anna Frank e frasi tipo «ci sono più parassiti in un afghano che in un cane svedese». Ai suoi elettori, sono cose che importano poco. Sulla piazza di Värnamo l’accolgono già da leader. Jimmie Be Good. Lui alza un braccio: «Portiamo la nave sulla rotta giusta». E siccome è il caso propio di dirlo, quassù succedono di tutti i colori, tanto che Akesson si prende anche l’abbraccio d’un sudanese in giubba bianca che lo voterà — "heja Jimmie" Che sarebbe -Forza Jimmi- e lui si tiene in tasca il messaggio beneaugurante dell’amico Matteo Salvini: «Caro Jimmie, dopo il voto spero d’incontrarti in una nuova, prestigiosa veste istituzionale». Che Dio ce la mandi buona.
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Sono andato, tornato, ripartito.

Sono andato, tornato, ripartito.
E così ora sono qui, in un’altra fase della Vita. Abito vicino al ponte Västerbron, a forma di arpa. E’ bellissimo. La mia gratitudine è a scoppio molto ritardato. Faccio in tempo a dimenticare gli atti, i nomi e i volti prima di aver capito quando dovessi ad ognuno.