Che cosa
significa essere italiani, oggi? Prima di tutto sentirsi italiani e contenti di esserlo. Il che non vuol dire
churchillianamente, «sto con il mio Paese (o il mio popolo) giusto sbagliato
che sia».
Significa
non denigrarsi, attività che ci è molto congeniale, e essere coscienti che la
nostra storia e la nostra cultura fanno di noi un popolo molto speciale, quali
che siano i problemi che dobbiamo affrontare – oggi – come nazione e Stato.
Significa capire che in molti Paesi dell’Occidente possono esserci realtà,
politiche e sociali, migliori di quelle di cui disponiamo noi: ma questo non
significa che ovunque, tutto, sia meglio che da noi, meglio di noi. Continuando
con questa autodenigrazione, così provinciale, finiremmo per ridurci
psicologicamente proprio come quegli extracomunitari che sognano di arrivare in
un Paese «altro», quale che sia.
Autodenigrarci,
sport nazionale, per le quotidiane miserie della cronaca e della politica
significa avere sguardo da miope, e ignorare i secoli di storia che hanno fatto
– fanno – di noi un grande popolo.
Da un
articolo di Giordano Bruno Guerri