martedì 6 novembre 2018

Perchè a volte scrivo in svedese.

Sono un uomo romano. Alcuni dei miei antenati, diversi secoli fa, erano già cittadini romani. Dovrei quindi essere un romano vero, o quasi, visto che alcune dosi di sangue barbarico devono sicuramente scorrere nelle mie vene, forse germanico e gallico della regione alpina. La mia lingua è l’italiano, idioma non troppo diverso dal latino parlato dalla gente comune al tempi del tardo Impero Romano. Il motivo per cui mi sforzo di comunicare in questa lingua di origine germanica – che non padroneggio del tutto e che, sebbene suoni un pò fredda al mio cuore, considero non del tutto priva di fascino – è la varietà che mi eccita come una droga e l’essere un pò stanco di parlare quasi esclusivamente con i miei connazionali, nella speranza che lo svedese antica lingua vikinga, permetta uno scambio più esteso di idee.
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Attenzione

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Sono andato, tornato, ripartito.

Sono andato, tornato, ripartito.
E così ora sono qui, in un’altra fase della Vita. Abito vicino al ponte Västerbron, a forma di arpa. E’ bellissimo. La mia gratitudine è a scoppio molto ritardato. Faccio in tempo a dimenticare gli atti, i nomi e i volti prima di aver capito quando dovessi ad ognuno.