Buongiorno
alla sensibilità.
A chi si sente
fragile e piccolo.
A chi per questo
ha sofferto molto.
A chi gli basterebbe
un sorriso mancato
per sentirsi morire.
A chi gli basta una carezza,
un abbraccio forte,
un "andrà tutto bene".
A chi gli basta
il mare un po' agitato,
un nonno seduto
alla panchina da solo
o un cane abbandonato.
Buongiorno
a chi ha il cuore tenero
ma anche tanto forte.
A chi sembra debole
ma non lo è.
A chi sa usare
gli artigli.
A chi sa essere duro
con chi se lo merita.
A chi non si fa più
prendere in giro.
A chi sa farsi
rispettare.
Buongiorno
a quei duri che poi
sono immensamente dolci.
A chi si emoziona per
una risata di bambino,
per una foglia che cade,
per il cinguettino di uccelli,
per un tramonto più rosa del solito.
A chi sorride con poco.
A chi ha spalle grandi
e piene di sbagli
e sa cosa vuol dire
non ricevere un abbraccio.
A chi per questo
ne regala molti.
A chi ne chiede tanti.
A chi gli basta poco
per sentirsi amato.
A chi ha provato cosa vuol
dire sentirsi abbandonato.
A chi è stato lasciato solo.
A chi poi è stato ritrovato.
Buongiorno a chi
nella fragilità
ha trovato la sua forza.
Il guardiano del faro di Camilla Läckberg, tradotto
da Laura Cangemi è uscito da qualche mese anche in Italia Edito in patria nel 2009 con il titolo di Fyrvaktaren si tratta del
settimo romanzo dell’autrice svedese, come sempre ambientato nella natia
Fjällbacka e incentrato sulle figure dell’ispettore Patrik Hedstrom e della
scrittrice Erica Falck.
In questo libro la storia comincia con una donna alla guida di un’auto che,
mani sporche di sangue, in una notte d’estate guida a tutta velocità lungo la
strada che da Stoccolma porta alla costa ovest. Si chiama Annie e sta scappando
assieme al figlio di cinque anni in direzione dell’isola di Gråskär, posta
nell’arcipelago di Fjällbacka. C’è un motivo perché Gråskär è chiamata da tempi
remoti Gastholmen, l’isola degli spettri. Chi vi moriva non la lasciava mai. Lo
dicevano gli abitanti dell’arcipelago di Fjällbacka, con uno strano luccichio
negli occhi. Eppure, l’isoletta è bellissima, con un faro e una sola casetta,
circondata dal verde. Non è possibile che un posto così bello nasconda qualcosa
di malvagio. L’antica leggenda svedese ha un ruolo preciso nel romanzo di
Camilla Läckberg, la regina di Svezia del giallo, “Il guardiano del faro”. Un posto tranquillo, ma decisamente solitario questa
Gråskär o Gastholmen, come la preferisce indicare la vecchia storia dei
fantasmi che popolerebbero lo scoglio isolato, passata di bocca in bocca. Annie
ci crede e si è ritirata senza esitazione sull’isola vuota, col figlioletto
Sam, di cinque anni. L’avvio del thriller la vede dirigersi in auto, con le
mani insanguinate, verso il molo, per raggiungere un battello. Lei laggiù si è
sempre sentita bene, è consapevole delle presenze e non ha mai avuto paura, sa
che non le vogliono male.
Ricorda i sussurri di notte, le voci, nella sua infanzia.
Quando si era svegliata l’orologio segnava le tre. Li aveva sentiti, parlavano,
di sotto. Una sedia che grattava contro il pavimento. Di cosa discorrevano tra
loro i morti? Di quello che era successo prima che morissero o di quello che
stava accadendo in quel momento, molti anni dopo? Sua madre aveva notato
che da piccolissima a volte rideva e agitava le braccine, come se avesse visto
qualcosa di invisibile a tutti gli altri. Crescendo, era capitato sempre più
spesso. Una voce, uno sprazzo di luce, la sensazione di non essere sola nella
stanza. Restava ad ascoltare le voci, finché lentamente la cullavano nel sonno.
E la mattina le ricordava solo come un sogno distante. Annie è stata compagna di classe di Erica Falck a
Fjällbacka. Biondissima, la più bella di tutte, sicura di sé, affiancata da
quell’adone di Mats Severin. La giovane Falck, invece, era tra gli invisibili.
Si riteneva e veniva considerata insignificante, non tanto in basso nella scala
sociale scolastica da meritare attenzioni sgradite, scherzi atroci e atti di
bullismo, ma nemmeno così popolare da ascendere tra i vip dell’istituto. Un
insoddisfacente e anonimo niente. Il brutto anatroccolo è poi diventato la straordinaria
Erica, scrittrice e investigatrice per passione, oltre che brava moglie,
partner amorevole e spalla di Patrik Hedström, il migliore elemento della
polizia di Tanum. È lei, Erica Falck: intuizione, capacità di ragionamento,
quel tanto di istinto che non guasta, molto buon senso. Nella sua vita e in quella del marito è piombata felicemente
la piccola Maja, poi sono arrivati due gemellini urlanti, Anton e Noel, in
circostanze meno fortunate. Certo, anche loro sono una benedizione per la
coppia, al di là del severo impegno e delle attenzioni che pretendono. Sono
nati prematuri, subito dopo l’incidente stradale costato la vita al cuginetto,
figlio della sorella Anna. Non ha retto allo scontro e al parto.
Dunque, Annie si è ritirata sull’isoletta con Sam, sempre
molto tranquillo, fin troppo. Quanto a Mats o Matte, come lo chiamano i suoi,
responsabile del servizio finanze del Comune, viene ucciso con un colpo di
pistola nel suo appartamento ed è certo che prima è stato in visita a Graskar.
Perchè?
Sull’isola, nel 1870, si è sviluppata la vicenda di Emelie,
raccontata ad ogni inizio di capitolo del romanzo della Läckberg. Era serva in
un podere e il figlio del padrone, all’improvviso, le chiede di sposarlo. Karl
è il nuovo guardiano del faro, con l’aiutante Julian. Sullo scoglio sono in
tre.
Diventano quattro, alla nascita di Gustav, ma la vita è
tutt’altro che spensierata in quell’angolo isolato dell’arcipelago, popolato di
rumori, di voci, di presenze. Gråskär o Gastholmen, l’isola dei fantasmi?
Camilla Läckberg, nella sua Fjällbacka
Come i precedenti volumi campione di vendite in patria, Il
guardiano del faro ha visto i lettori svedesi abbastanza concordi nel
giudicare positivamente questa nuova opera di Camilla Läckberg.
Se siete tra quanti
aspettavano di mettere le mani su questo settimo episodio della serie, non mi
resta che augurarvi buona lettura.
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Sono andato, tornato, ripartito.
E così ora sono qui, in un’altra fase della Vita. Abito vicino al ponte Västerbron, a forma di arpa. E’ bellissimo. La mia gratitudine è a scoppio molto ritardato. Faccio in tempo a dimenticare gli atti, i nomi e i volti prima di aver capito quando dovessi ad ognuno.