Gianluca Verin |
È un cubo di 80 centimetri per 80. Si può spostare ovunque
su rotelle, come fa col suo trolley un qualsiasi viaggiatore abituato a
muoversi nelle metropoli fra stazioni ferroviarie, aeroporti e alberghi.
Purtroppo le destinazioni di questa valigia, pesante 60 chili, sono assai meno
amene: centri abitati rasi al suolo da terremoti, spazzati via da alluvioni,
devastati da incendi; località di montagna isolate da bufere di neve; isole
colpite da tsunami.
Insomma,
ovunque una catastrofe abbia privato la popolazione della possibilità di
comunicare col resto del mondo.
Dentro non
ci sono vestiti, biancheria e spazzolini da denti, ma schede madri, processori,
banchi di memorie Ram, hard disk, interfacce di rete, radio, modulatori,
amplificatori, antenne. Un groviglio così compatto da racchiudere in appena
mezzo metro cubo quelle tecnologie che di norma richiedono decine di stanze
climatizzate zeppe di armadi e di rack, gli scaffali aperti traboccanti di
server, switch, router, ventole, gruppi di continuità, monitor, tastiere e
altri componenti hardware. A governarlo vi è infatti un software
rivoluzionario, studiato per ottimizzare dentro il cubo nero tutte le risorse
che per essere allocate costringono Telecom, Vodafone, 3, Wind e tutti i
gestori di telefonia mobile ad affittare interi palazzi e a servirsi delle
migliaia di centraline sparse sul territorio.
Si chiama
Primo, e non solo perché è l'acronimo di «private mobile», ma anche perché è
davvero la prima rete mobile dedicata, trasportabile, in grado di creare una
regione Internet a larga banda per l'utilizzo di telefonini e smartphone. Il
primo apparato al mondo capace cioè di far funzionare le comunicazioni
telefoniche e web quando tutte le reti, a cominciare da quella con la «r»
maiuscola, vanno giù; alimentato, in mancanza di elettricità, con gruppi
elettrogeni o pannelli solari. Nell'attimo in cui all'improvviso dovessero
sparire dai display dei cellulari quelle tacche rassicuranti seguite da sigle
per la maggioranza di noi esoteriche (Gsm, Edge, Umts, 3G, Lte), Primo è ancora
su, come l'«Ercolino sempre in piedi» che negli anni Sessanta reclamizzava i
formaggini Bel Paese Galbani.
Karim e Gianluca |
A compiere il prodigio è stato Gianluca Verin, che di Carosello sa poco o nulla, essendo nato nel 1970. Originario di Bassano del Grappa, laureato in ingegneria elettronica (ramo telecomunicazioni) a Padova nel 1996, master nel Regno Unito all'Università di Sunderland, è un «cervello di ritorno» rientrato apposta in Italia dalla Svezia nel 2005 per creare nell'Area science park di Padriciano, a Trieste, questa start up che ora è diventata un'azienda, Athonet, con sede a Bolzano Vicentino.
Nell'avventura s'è scelto come partner Karim El Malki, 39
anni, romano di padre egiziano e di madre veneta.
L'idea è nata nell'appartamento che condividevano a Stoccolma, dove entrambi erano stati chiamati a lavorare dalla Ericsson.
Auguri ragazzi!!!
L'idea è nata nell'appartamento che condividevano a Stoccolma, dove entrambi erano stati chiamati a lavorare dalla Ericsson.
Auguri ragazzi!!!
(diverse källor)