sabato 6 agosto 2011

Giallistica svedese all`olezzo della monnezza napoletana

Dalla Svezia arrivano, senza tregua, romanzi gialli. L’ultimo ha un dotto retroterra storico che fa pensare a Dan Brown, ma anche a Jules Verne. E fra le pagine irte di suspense non manca neanche l’olezzo della monnezza di Napoli

Chiariamo subito un equivoco. Lo Strindberg che da il titolo a questo nuovo romanzo giallo che arriva dalla Svezia – La stella di Strinberg (editore Marsilio), scritto dal giornalista televisivo Jan Wallentin alla sua prima e fortunata prova narrativa – non è August, il drammaturgo, quello di La signorina Julie. Si tratta bensì del figlio di un suo cugino «il quale rischia la vita per una grande scoperta scientifica». Così scriveva August Strindberg nel suo diario, nel 1896.

La grande scoperta scientifica citata dallo “zio” era la spedizione artica (alla ricerca del Polo Nord geografico) organizzata – con il patrocinio dell’accademia delle scienze, del re Oscar II e di Alfred Nobel – dal quarantatreenne ingegnere Salomon August Andrée, fisico, esperto di aeronautica e esploratore, a cui si erano aggiunti due altri temerari, l’ingegnere Knut Hjalmar Ferdinand Fräkel e il fotografo Niels Strindberg, appunto. Spedizione che si concluse tragicamente con la morte dei tre esploratori. I resti della spedizione furono rinvenuti nel 1930. Furono recuperati cinque rullini di pellicola esposta e uno ancora dentro la macchina di Nils. Delle 240 immagini ne furono salvate circa 90.

Una storia ben nota in Svezia, ma molto meno fuori dall’area dei paesi scandinavi. Non ha certo l’appeal del mito del Sacro Graal che appare nel Codice da Vinci, anche se, con una certa furia editoriale, l’autore è stato subito paragonato a Dan Brown e a Jules Verne. A quest’ultimo perché i tre temerari esploratori erano partiti per la loro avventura a bordo di un pallone aerostatico che si schiantò sulla banchisa polare.

Jan Wallentin immagina che Nils Strindberg avesse portato con sé, nella spedizione artica, una croce ansata (simbolo egizio della vita) di origine sconosciuta, che usata insieme a una certa stella a cinque punte si trasformava in un oggetto provvisto di straordinari poteri. L’oggetto del desiderio riappare ai giorni nostri, rinvenuto da un subacqueo nel corso di un’immersione in una miniera abbandonata. Neanche dirlo che dopo il ritrovamento si scatena la caccia alla croce. I cattivi sono dei tedeschi di una fantomatica Fondazione filo nazista (la stessa ossessione di Stieg Larsson), il buono, l’eroe, è un tale Don Titelman, medico esperto di esoterismo.

Nel romanzo siamo citati anche noi italiani: uno dei personaggi chiave è infatti una sedicente giornalista italiana che scrive per tale Rivista del mistero e dell’occulto, ma il meglio arriva con una dettagliata citazione della monnezza di Napoli: «Dietro quello del miele adesso sentiva un familiare sapore (…) il caldo del golfo di Napoli, la puzza dei mucchi di immondizia che filtrava dalle fessure delle finestre nell’appartamento scalcinato. Ricordava che quando la puzza diventava troppo forte cercava di chiuderle».


Le escort, quelle no, ancora non sono citate. Probabilmente in un prossimo romanzo.

Attenzione

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Sono andato, tornato, ripartito.

Sono andato, tornato, ripartito.
E così ora sono qui, in un’altra fase della Vita. Abito vicino al ponte Västerbron, a forma di arpa. E’ bellissimo. La mia gratitudine è a scoppio molto ritardato. Faccio in tempo a dimenticare gli atti, i nomi e i volti prima di aver capito quando dovessi ad ognuno.