Ciao a tutti come va...?? Vi annoiate chiusi in casa e fa tanto caldo...?? VI piacerebbe fare un giro sull`isola di Gotland la più grande isola della Svezia durante la settimana dedicata al Medioevo...? Pensate che quassù ogni anno durante questa settimana si riuniscono i Vikinghi (e anche le Vikinghe...) di tutto il mondo. Quest`anno purtroppo NO! Anche ai rudi Viikinghi il coronavirus mette una gran fifa meglio rispettare le distanze di sicurezza e rimandare tutto al prossimo anno. Allora approfittiamo che su quest`isola il contagio è stato praticamente zero e che non c`è nessuno (forse...) venite con me. Pensate che c`è un paesino che si chiama Roma e c`è anche una pizzeria. (guardate che è vero.) Infine se vi và guardate il video.🇮🇹❤️❤️🇸🇪
Allora, venite con me in mezzo al Baltico su un isola magica il cui carattere differisce radicalmente da quello del resto della Svezia alla quale appartiene. Si potrebbe quasi credere che un'isola classica del Mediterraneo sia stata trasportata come per un colpo di bacchetta magica nel mare del Nord e poi i resti di monete e di vasi romani ed arabi rinvenuti in scavi recenti non possono che accentuarne l'impressione.
Pensate che le sage nordiche raccontano che Gotland era una terra incantata che ogni mattina sorgeva dalle acque del Baltico per poi inabissarsi al tramonto. Quando il dio Thor vi portò il fuoco l’incantesimo si spezzò ma la sensazione di quanto, a volte il confine tra leggenda e realtà possa essere sottile su quet`isolaè davvero forte.
Il paesaggio dice già tutto: l’isola come ho detto è un luogo magico modellato dai capricci del vento e da una storia millenaria (i resti più antichi risalgono al 5.000 a.C.), massi colossali
sono i raukar rocce granitiche residui del ritiro dei ghiacci alti fino a dieci metri e prati verdissimi, mulini a vento e città medievali talmente belle che l’Unesco le protegge come Patrimonio dell’Umanità.
Resteremo incantati dal verde dagli olmi il grigio dei torrioni e la fuga di tetti rossi che termina sul cappellaccio nero del campanile del Duomo. Intorno tre chilometri di mura millenarie una severa serie di chiese gotiche e romaniche l’impressione di essere al posto giusto nel momento sbagliato: fossimo mercanti di pelli di ambra o di aringhe del XIV secolo Visby sarebbe l’alfa e l’omega del nostro portafogli. Ma oggi? Che ci facciamo in pieno Baltico a novanta chilometri dalla costa svedese sotto i riflettori perenni della fresca estate del Nord? Beh, per esempio potremmo fare una puntatina fino a Roma. Roma ?!?! ”
Ma siamo in Svezia!” Direte voi. Certo che siamo in Svezia. Andiamo non si può non visitarla se non altro per il nome che porta. Roma Kungsgård è un importante centro artigianale dell`isola: vetri, ceramiche, manufatti tessili... tutto alla maniera dei vichinghi.
Qui il 2 e 3 luglio dopo 1000 anni ritornerà in vita l'Alltinget del Gotland la suprema istituzione politica, giuridica e religiosa della società vichinga il più antico parlamento della storia.
Sarà un momento di incontro per tutti gli abitanti dell'isola e per i vichinghi di tutto il mondo. Fra le iniziative collaterali teatro, artigianato, incontri di spade, visite guidate e altro ancora.
Avrete certamente capito che il Gotland è un luogo estremamente caro agli svedesi ma non è meta del turismo di massa tanto meno a livello internazionale. È un luogo che più che a “fare”, ci invita ad “essere”, ad assorbire la quiete che dimora tra le sue rocce e il riverbero al cobalto del Mar Baltico.
A frugare tra i ciottoli lungo la riva in cerca di fossili di conchiglie e piccoli animali marini. A passare pomeriggi lenti tra prati e foreste attraverso minuscoli borghi a visitare i tanti fari sparsi lungo la costa ad aspettare l’alba o il tramonto in riva al mare o tra antiche rovine.
Visitare questo luogo senza tempo e soprattutto portarci i bambini significa immergersi nella calma, nel silenzio, nella lentezza rinunciando a tanti aspetti della nostra vita riscoprendone altri più importanti: primo fra tutti un tempo diverso.
Scandito dai ritmi della natura e non della tecnologia in grado di riportarci a noi stessi e di rasserenarci nel profondo della nostra anima.
Alla prossima avventura. (sempre con nonno Franco...!!)
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sabato 1 agosto 2020
martedì 28 luglio 2020
Le bianche braccia della signora Sorgedahl
Stanotte fa caldo e non si dorme così ho finito di ri-leggere: Le bianche braccia della Signora Sorgedahl, il quale è senza alcun dubbio uno dei libri più belli che io abbia mai letto di Lars Gustafsson, un compagno silenzioso che ho ri-letto volentieri e mi ha accompagnato in questi ultimi giorni di questo caldo luglio svedese, eccovi un brano.
Le “bianche braccia” del titolo sono dunque solo un pretesto: d'amore, certo, emozione violenta ed irripetibile, ma pur sempre un escamotage grazie al quale il vecchio professore si mette sulle tracce delle orme lasciate in anni di cammino, finanche i segni delle cadute, delle deviazioni. Gustafsson ha posto dunque l'arte della riflessione al centro di questo romanzo “proustiano”, intriso di scienza e filosofia: è l'idea del tempo che lo affascina, il suo essere materia sfuggente e concreta, quel susseguirsi di stagioni che, smontate e analizzate, permettono al professore di rileggere il presente sotto una nuova luce. Il fluire degli anni, mescolato alla corrente dello scibile umano, assume a volte i caratteri del sogno, o della più assurda allucinazione: all'anziano intellettuale, come a tutti noi, resta solo la possibilità di cogliere aspetti separati, momenti isolati, esperienze sbiadite, istantanee malamente cucite insieme dal filo rosso dell'“io” per definire i confini dell'identità. A metà strada tra testamento letterario e memoir autobiografico.
Le bianche braccia della signora Sorgedahl rifulge della perfetta bellezza delle cose perdute, senza macchie, strappi: e si concede poco a poco, come una donna sensuale incerta se obbedire ad un istinto per sempre giovane.
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"Tutto il resto che ho senza dubbio dimenticato? Lo spazio tra i caratteri, dice Wittgenstein, è parte di ciò che da ai caratteri un senso. Se qualcuno ricordasse tutto, non gli rimarrebbe nessun presente in cui vivere. O vivrebbe in un eterno presente? Ho la strana sensazione che la memoria scelga per proprio conto. E mi domando che cos’è è che vuole. Ricordo la signora Sorgedahl così bene. Pensate! Nei cinquant’anni che sono trascorsi, non ho mai fatto stranamente nessun tentativo di rintracciare la signora Sorgedahl, non ho neanche cercato il suo nome nell’elenco del telefono."
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Supponiamo allo stesso modo che il tempo sia una somma imperfetta di ricordi e cicatrici: un luogo remoto dove il possibile non si avvera mai, e l'assurdo trova sempre una via per manifestarsi. Il tempo attraverso il quale è passato un professore di filosofia, in pensione dopo una vita spesa ad Oxford, è un tempo affollato: camminano fianco a fianco, affacciandosi sul bordo della memoria, i vivi, i morti, i sopravvissuti. Dal placido ritiro inglese il professore torna con la forza della memoria alla nativa Svezia, al piccolo paese di Västerås, dove ancora, come nel 1954, lo attendono le bianche braccia della signora Sorgedahl: traguardo inaspettato, desiderato, la tanto attesa lezione su delizia e croce dell'abbandono. Prima di raccontarla, però, ad un invisibile uditorio, il vecchio professore gioca a scacchi con il passato (per la morte ci sarà un altro, diverso tempo) snocciola citazioni e cammina all'indietro, gambero d'acqua dolce: tutto per capire che cosa l'abbia fortuitamente portato nell'abbraccio accogliente di una donna affascinante ed annoiata. Per capire, in fondo, chi è stato, chi è ora.
Rovistando nell'affollato, impolverato baule del passato l'uomo trova i resti di una giovinezza trascorsa nel cono d'ombra delle scoperte: bruciano, ieri come oggi, i baci dati alla figlia del Fonditore, primo, acerbo amore; suonano sempre astrusi i racconti della madre distratta; non sono terminate le discussioni di un improvvisato club filosofico nel locale caldaia. Ogni attimo, ogni capitolo, testimoniano l'adolescenza dell'anziano, indizi dell'adulto che sarebbe poi diventato. Fino alla prova ultima, assaggio di piacere e passaggio obbligato verso la “terra dei grandi”: “Mi sembrava come se realmente avessi ricevuto, alla fine, una risposta alla domanda se esistevo” Le bianche braccia della signora Sorgedahl: ovvero la Svezia che (per fortuna) non ti aspetti, lontana chilometri dai luoghi comuni sui “generi”. Perché in questo romanzo di Lars Gustafsson, filosofo, matematico, tra i più tradotti scrittori scandinavi, non c'è nessun cadavere a cui rendere giustizia, nessun investigatore dalla tormentata vita affettiva: perfino l'imperitura neve lascia il passo ad un'incredibile e memorabile grandinata estiva. Qui c'è solo il silenzio, un costante ribollir di passioni sotto il gelo che tutto copre: un velo sottile preserva dal caos un'idea di continua ricerca di sé, cerchio magico che si costruisce e chiude intorno al protagonista.Le “bianche braccia” del titolo sono dunque solo un pretesto: d'amore, certo, emozione violenta ed irripetibile, ma pur sempre un escamotage grazie al quale il vecchio professore si mette sulle tracce delle orme lasciate in anni di cammino, finanche i segni delle cadute, delle deviazioni. Gustafsson ha posto dunque l'arte della riflessione al centro di questo romanzo “proustiano”, intriso di scienza e filosofia: è l'idea del tempo che lo affascina, il suo essere materia sfuggente e concreta, quel susseguirsi di stagioni che, smontate e analizzate, permettono al professore di rileggere il presente sotto una nuova luce. Il fluire degli anni, mescolato alla corrente dello scibile umano, assume a volte i caratteri del sogno, o della più assurda allucinazione: all'anziano intellettuale, come a tutti noi, resta solo la possibilità di cogliere aspetti separati, momenti isolati, esperienze sbiadite, istantanee malamente cucite insieme dal filo rosso dell'“io” per definire i confini dell'identità. A metà strada tra testamento letterario e memoir autobiografico.
Le bianche braccia della signora Sorgedahl rifulge della perfetta bellezza delle cose perdute, senza macchie, strappi: e si concede poco a poco, come una donna sensuale incerta se obbedire ad un istinto per sempre giovane.
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domenica 19 luglio 2020
Quando attraversavo un ponte di 6 Km per comprare patate e uova fresche.
Domenica mattina sono le 6:47. C`è un bel cielo azzurro e tanto sole. La temperatura è già di 22°C, speriamo bene. Certo oggi ci starebbe bene una bella gita all`isola di Öland, tanto basta passare il ponte. Buona Domenica a chi passa da quì. A proposito passiamo il ponte...? Io ho oggi mi sento un vagabondo...!. ❤️🙋♂️
Quando arrivai in Svezia questo ponte che collega il breve tratto di mare tra la terra ferma e l`isola di Öland (la seconda isola del Regno) ancora non c`era. Infatti i lavori iniziarono a dicembre del 1967 appena tre mesi dopo la storica decisione di passare dalla guida a sinistra a quella destra. (finalmente... era un incubo...!!) La costruzione iniziò a pieno regime solamente a metà del 68.Quando in Italia i nostri futuri ingegneri giocavamo a rimpiattino con i poliziotti a Valle Giulia. Dopo appena quattro anni nel 1972 il ponte veniva inaugurato da Carlo Gustavo Re di Svezia. Con il lancio di una bottiglia di spumante di scarsa qualità. Uno spreco immane per i rudi abitanti dell´isola di Öland.
Quel giorno il ponte con grande orgoglio dei discendenti dei ritrosi e timidi vichinghi (lo dicono loro che sono ritrosi e timidi, lo reputano un difetto, tanto che a noi italiani ci invidiano moltissimo) deteneva anche un record. Era il più lungo d`Europa con ben: 6 072 metri. Mantenne questo primato fino a quando in un mattino pieno di sole e speranze per il popolo portoghese nell`anno di grazia 1998 il rekord venne letteralmente polverizzato a Lisbona dal "Vasco da Gama." Un nome che è tutto un programma. Comunque, ancora oggi in nostro bravo ponticello si batte bene ed è ancora oggi è tra i più lunghi d`Europa. "Ma allora cade." Direte voi dato che sono quasi 50 anni.
Manco per niente... Questi senza dir niente a nessuno, colpa sempre della loro proverbiale timidezza del cavolo. Sono stati costretti nei primi anni 90 a rinnovarlo con grossi interventi alla struttura portante. Durante un lavoro di manutenzione preventiva si accorsero che la salsedine cosa normalissima in un ponte a sbalzo sul Mar Baltico ci aveva messo del suo. E cosi si accorsero che i 112 piloni del ponte davano segni evidenti di usura sotto forma di sbriciolamento e tracce di ossidazione. (Niente di strano. Anche questo è un processo naturale.) Anche lo spessore iniziale di cemento si era assottigliato essendosi diluito in più parti a contatto con l`acqua salmastra. Il mare presentò il conto a noi umili e fedeli contribuenti del Regno di Svea di ben 1097 milioni di corone svedesi da investire tra il 1982 e il 2011. Circa 80 milioni di corone se si rapporta al valore corrente.
E così il ponte fu salvato insieme ad un sacco di vite umane. A pensarci bene un costo veramente irrisorio. Ma adesso bando alle chiacchiere venite con me. Dovete sapere che io sono molto affezionato a quest`isola. Eravamo giovani (due ragazzini) ci venivamo spesso in bicicletta. Ancora il ponte non c`era, si saliva su un traghetto che tutti i giorni faceva la spola trasportando patate, uova, pollame che i contadini del luogo venivano a vendere ai mercati generali di Stoccolma.
Quindi avevamo tutto il tempo possibile e immaginabile di esplorare l`isola in lungo e in largo con la bicicletta per me amante di questo umile mezzo di trasporto una autentica manna dal celo. Non si pagava e volendo non si scendeva nemmeno dalla bici, si ritornava la sera con lo stesso traghetto
A volte rimanevamo anche la notte dormendo in una piccola canadese che ricordo di color verde. Proprio in questo tratto di costa dove ancora pascolano le mucche. La mattina ci svegliavano cercando di entrare nella tenda non sò perchè cominciavano a lecchare con insistenza la parte dove dormivo io...e mia moglie che correva fuori per scacciarle, agitando le sue lunghe braccia e urlando. (Non sò perchè ma mi ricordava tanto Clarabella, la moglie di Orazio.)
SÌ! È proprio quì che mettevamo la tenda, il posto che vedete nella foto.
Posto molto caratteristico dell`isola si chiama Neptuni Åkrar (il nome è stato dato da Linneo il grande botanico svedese durante un suo soggiorno nell’isola pare nel 1741) proprio quì all’estremo nord ovest dell’isola. Vi avverto. Se volete visitarlo preparatevi a fare parecchi chilometri per arrivarci le strade sono delle mulattiere e non possono certo essere considerate a scorrimento veloce. Quello che rende unico questo posto è che i marosi e le tempeste che per migliaia di anni di anni si sono infranti sulla costa dell`isola hanno lavato, rilavato e risciacquato questo tratto di costa scorticandolo a dovere e lasciando solo la nuda e cruda roccia.
Allora avete capito. Se avete l`occasione di visitare quest`isola mi piace pensare che vi siete fermati proprio in questo punto, tra mucche e rocce corrose dal tempo, per fare una piccola escursione. Solo per questo. E non pensate sempre a male...!! Vi sembrerà di stare sulla luna (a parte che c’è il mare) e chissà. Forse con un pò di fortuna potreste trovare tantissimi fossili (ecco forse... perchè non si possono prendere si rischia la galera meglio di no).
È vero! Tutta l’isola ha una natura particolare diversa da quella che si trova sulla terraferma. Quasi quasi non sembra neanche di essere in Svezia. (Ma questo l`ho già detto in un altro post.)
Beh, visto che sono rimasto il bravo ragazzo dI sempre vi metto anche qualche foto che ho fatto qualche settimana fa.
Per fare colazione vi consiglio di fermarvi da Andréns Bageri. Credo che questa panetteria ci sia sempre stata.
C`è ogni ben di Dio. Anche il gelato più morbido del mondo (mjukglass) non è male. Dite la verità vi è venuta voglia di venirci. Eccovi la mappa!
Non contate su di me, io non ci sono, sono troppo vecchio.
Baci e abbracci svedesi per tutti da nonno Franco.
Quando arrivai in Svezia questo ponte che collega il breve tratto di mare tra la terra ferma e l`isola di Öland (la seconda isola del Regno) ancora non c`era. Infatti i lavori iniziarono a dicembre del 1967 appena tre mesi dopo la storica decisione di passare dalla guida a sinistra a quella destra. (finalmente... era un incubo...!!) La costruzione iniziò a pieno regime solamente a metà del 68.Quando in Italia i nostri futuri ingegneri giocavamo a rimpiattino con i poliziotti a Valle Giulia. Dopo appena quattro anni nel 1972 il ponte veniva inaugurato da Carlo Gustavo Re di Svezia. Con il lancio di una bottiglia di spumante di scarsa qualità. Uno spreco immane per i rudi abitanti dell´isola di Öland.
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Una bella foto di quel tempo. Inizio anni 70 |
Manco per niente... Questi senza dir niente a nessuno, colpa sempre della loro proverbiale timidezza del cavolo. Sono stati costretti nei primi anni 90 a rinnovarlo con grossi interventi alla struttura portante. Durante un lavoro di manutenzione preventiva si accorsero che la salsedine cosa normalissima in un ponte a sbalzo sul Mar Baltico ci aveva messo del suo. E cosi si accorsero che i 112 piloni del ponte davano segni evidenti di usura sotto forma di sbriciolamento e tracce di ossidazione. (Niente di strano. Anche questo è un processo naturale.) Anche lo spessore iniziale di cemento si era assottigliato essendosi diluito in più parti a contatto con l`acqua salmastra. Il mare presentò il conto a noi umili e fedeli contribuenti del Regno di Svea di ben 1097 milioni di corone svedesi da investire tra il 1982 e il 2011. Circa 80 milioni di corone se si rapporta al valore corrente.
E così il ponte fu salvato insieme ad un sacco di vite umane. A pensarci bene un costo veramente irrisorio. Ma adesso bando alle chiacchiere venite con me. Dovete sapere che io sono molto affezionato a quest`isola. Eravamo giovani (due ragazzini) ci venivamo spesso in bicicletta. Ancora il ponte non c`era, si saliva su un traghetto che tutti i giorni faceva la spola trasportando patate, uova, pollame che i contadini del luogo venivano a vendere ai mercati generali di Stoccolma.
Quindi avevamo tutto il tempo possibile e immaginabile di esplorare l`isola in lungo e in largo con la bicicletta per me amante di questo umile mezzo di trasporto una autentica manna dal celo. Non si pagava e volendo non si scendeva nemmeno dalla bici, si ritornava la sera con lo stesso traghetto
A volte rimanevamo anche la notte dormendo in una piccola canadese che ricordo di color verde. Proprio in questo tratto di costa dove ancora pascolano le mucche. La mattina ci svegliavano cercando di entrare nella tenda non sò perchè cominciavano a lecchare con insistenza la parte dove dormivo io...e mia moglie che correva fuori per scacciarle, agitando le sue lunghe braccia e urlando. (Non sò perchè ma mi ricordava tanto Clarabella, la moglie di Orazio.)
SÌ! È proprio quì che mettevamo la tenda, il posto che vedete nella foto.
Posto molto caratteristico dell`isola si chiama Neptuni Åkrar (il nome è stato dato da Linneo il grande botanico svedese durante un suo soggiorno nell’isola pare nel 1741) proprio quì all’estremo nord ovest dell’isola. Vi avverto. Se volete visitarlo preparatevi a fare parecchi chilometri per arrivarci le strade sono delle mulattiere e non possono certo essere considerate a scorrimento veloce. Quello che rende unico questo posto è che i marosi e le tempeste che per migliaia di anni di anni si sono infranti sulla costa dell`isola hanno lavato, rilavato e risciacquato questo tratto di costa scorticandolo a dovere e lasciando solo la nuda e cruda roccia.
Allora avete capito. Se avete l`occasione di visitare quest`isola mi piace pensare che vi siete fermati proprio in questo punto, tra mucche e rocce corrose dal tempo, per fare una piccola escursione. Solo per questo. E non pensate sempre a male...!! Vi sembrerà di stare sulla luna (a parte che c’è il mare) e chissà. Forse con un pò di fortuna potreste trovare tantissimi fossili (ecco forse... perchè non si possono prendere si rischia la galera meglio di no).
È vero! Tutta l’isola ha una natura particolare diversa da quella che si trova sulla terraferma. Quasi quasi non sembra neanche di essere in Svezia. (Ma questo l`ho già detto in un altro post.)
Beh, visto che sono rimasto il bravo ragazzo dI sempre vi metto anche qualche foto che ho fatto qualche settimana fa.
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La panetteria Andréns Bageri. |
C`è ogni ben di Dio. Anche il gelato più morbido del mondo (mjukglass) non è male. Dite la verità vi è venuta voglia di venirci. Eccovi la mappa!
Non contate su di me, io non ci sono, sono troppo vecchio.
Baci e abbracci svedesi per tutti da nonno Franco.
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venerdì 17 luglio 2020
L’estate senza ritorno
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Viveca Sten a Sandhamn, l’isola dove ambienta i suoi gialli. |
In questo luogo, lo scorrere del tempo riguarda solo il mare, il Baltico, a volte massa scura, compatta, altre imbiancato da guizzanti creste bianche, e il cielo, sempre pronto a trasformarsi da azzurro in nero antracite per soffiare ventate di pioggia, come da cupo in un rassicurante sorriso di sole. Ma sulla terra, sul dorso della piccola isola svedese il cui vero nome è Sandön (isola sabbiosa) ma tutti la chiamano Sandhamn, come il suo paese principale), che si può percorrere per intero, a piedi, in mezza giornata, la clessidra sembra capovolgersi soltanto con il cambiare delle stagioni.
L'ultimo romanzo di Viveca Sten, intitolato L'estate senza ritorno, parte da una momento dell'anno tanto caro alla popolazione dell'isola, la Festa di mezza estate, che si celebra appunto in corrispondenza del Solstizio d'estate. Una festa celtica sfrenata della quale vi ho già parlato, una specie di gran carnevale dove ogni anno ci scappa il morto o un incidente grave. Alcol e droga scorrono a fiumi e i giovani si sballano all'infinito complice il sole di mezzanotte.
C``e anche Nora Linde con il compagno Jonas e la figlia di lui, Wilma, che non perde occasione di separare l'amato padre dalla matrigna. Ma questa volta Wilma sarà anche una delle protagoniste della suspence, non rientrerà a casa dopo la notte di festa. A complicare le cose, Victor il bello della compagnia, ricco, con un padre che pensa che il denaro possa comprare tutto, anche l'affetto, viene trovato morto vicino a una spiaggia. In tanti l'hanno visto prima di morire, l'amico di sballi Tobbe, la fidanzatina Felicia, forse Wilma, ma nessuno ricorda niente.
Toccherà, come al solito, a Thomas Andreasson, ispettore della contea di Stoccolma a sciogliere la matassa ingarbugliata, con l'aiuto di Nora, sua amica (ma tanto amica) da sempre.
Non posso dirvi di più, ma sullo sfondo del racconto l'autrice indaga su tre grandi problemi: la frattura tra genitori e figli, gli adolescenti in crisi senza punti di riferimento, e l'infelicità dietro la felicità apparente delle famiglie.
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In Italia per il Salone Internazionale del Libro di Torino, Viveca Sten ha svelato qualcosa in più riguardo a L’estate senza ritorno:
"Ha scelto un argomento a dir poco difficile. Il mondo degli adolescenti è una sfida sia dal punto di vista della narrazione, considerando le diverse regressioni nel testo, sia dal punto di vista psicologico, ovvero comprenderli e parlare di loro. Come mai ha scelto questo insidioso terreno? A dire il vero, ho scritto il libro mentre i miei figli affrontavano l’adolescenza. È stato quello il momento in cui ho iniziato a raccontare di questa vicenda. È un’età complessa, è vero. Bevono quando non dovrebbero. Escono da soli, magari anche la sera, aumentando lo stato di agitazione dei genitori. Quando viene chiesto loro dove sono stati, la risposta è sempre lapidaria. Fuori. Se i genitori esprimono le loro preoccupazioni, ricevono risposte come “ho il telefono con me”. Le dinamiche sono queste, e si ripetono dietro la porta di ogni casa in cui vive un adolescente. È un’esperienza molto comune."
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Come dire: "tutto il mondo è paese." Aggiunge nonno Franco.
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Sono andato, tornato, ripartito.

E così ora sono qui, in un’altra fase della Vita. Abito vicino al ponte Västerbron, a forma di arpa. E’ bellissimo. La mia gratitudine è a scoppio molto ritardato. Faccio in tempo a dimenticare gli atti, i nomi e i volti prima di aver capito quando dovessi ad ognuno.