In Italia
non solo le donne lavorano poco, ma quando lo fanno non riescono a raggiungere
posizioni di rilievo: la percentuale delle dirigenti d'impresa non raggiunge il
5%. Le lavoratrici italiane percepiscono in media un reddito stimato inferiore,
tra il 10% e il 30%, a quello dei lavoratori. Fortunatamente non in tutti i
Paesi il ruolo delle donne è marginale, basti volgere lo sguardo alla Svezia
che ha sempre avuto un'alta partecipazione delle donne al mercato del lavoro,
in cui i tassi di attività e di occupazione femminili superano il 70%.
Perchè
questa sostanziale differenza tra Italia e Svezia? I motivi sono molteplici;
infatti la parità dei sessi viene spesso intesa come una questione di diritti
politici e sociali mentre la politica svedese per l'eguaglianza dei sessi si
basa su una forte tradizione a favore della natalità e del sostegno sociale.
In Svezia
l'elevata natalità non pregiudica il tasso di occupazione femminile, che anzi
si attesta ai vertici delle classifiche europee; la donna sposata è coperta
dalla stessa legislazione lavorativa, fiscale e assicurativa degli uomini.
Nessun beneficio è accordato alla donna per il suo ruolo di moglie ed inoltre
il tasso di disoccupazione delle donne è inferiore a quello degli uomini.
La politica
sociale svedese ha riconosciuto da lungo tempo il doppio ruolo della donna come
madre e come sostenitrice della famiglia. L'eredità demografica ed economica
della politica svedese per l'eguaglianza dei sessi è di particolare importanza
in quanto l'Europa deve affrontare la sfida dei tassi di natalità in
diminuzione e dell'invecchiamento demografico.
Di massima
importanza, è che il tasso di natalità più alto deve essere accompagnato dalla
libertà di scelta della donna e che la politica demografica deve riconoscere le
donne lavoratrici come "fatto sociale". Questa capacità di aver
saputo combinare la politica demografica e il femminismo contribuisce a
spiegare il successo ottenuto dalla politica paritaria svedese.
*****