Nonostante un tasso di disoccupazione al 7,7 per cento
(quasi 4 punti in meno dell’Italia), la Svezia si riscopre terra di
emigrazione, soprattutto per i giovani. Tra i 15 e i 24 anni, infatti, il dato
sui senza lavoro è molto più pesante della media nazionale: sono il 23,9 per
cento, dice l’Ocse. Il fenomeno, che inizia a preoccupare il governo del
moderato Fredrik Reinfeldt, ha una direzione chiara: i giovani vanno
soprattutto in Norvegia, per ragioni di lingua, di legami storici (fino al 1905
i due paesi erano sotto la stessa corona), ma anche di buste paga: quelle
norvegesi sono in media il 14 per cento più alte. Il risultato è che ora gli svedesi che lavorano
in Norvegia sono 75 mila: se prima dello scoppio della crisi a cercare
occupazione oltre confine erano 4 mila ogni anno, nel 2011 sono stati quasi 10
mila.
CHE COSA
HANNO SCRITTO
Nella città
di Söderhamn, colpita da una grave deindustrializzazione, racconta il Wall
Street Journal, il centro di collocamento locale è arrivato al punto di fornire
ai giovani non solo un passaggio in autobus verso la Norvegia, ma anche una
somma in denaro e ospitalità per un mese in ostello, durante la ricerca di un
lavoro. La forza lavoro svedese è essenziale per mantenere il boom economico
norvegese, alimentato dalla produzione di gas e petrolio. E, come spiega
il quotidiano Dagens Nyheter, i giovani sotto i 30 anni rappresentano oltre un
terzo degli svedesi che lavorano in Norvegia. Fra di loro non c’è solo
manodopera generica, ma anche un numero crescente di laureati. Ma questa
emigrazione «privilegiata», spiega l’economista Malin Sahlén, rischia di minare
nel lungo termine le prospettive di sviluppo e di benessere della loro paese
d’origine, la Svezia.
CHE COSA
SUCCEDERÀ?
Il
mercato del lavoro svedese, come ricordava nei suoi studi Elsa Fornero, è un
esempio di «flessibilità buona». Il modello ha però qualche ombra, come sul
fronte dell’accesso femminile ad alcune professioni. Ai nuovi problemi nei settori immobiliare e bancario
ora si somma la disoccupazione giovanile. Ma a Stoccolma la politica ha già iniziato a
dare risposte efficaci: il governo è intervenuto sul mercato occupazionale,
fornendo training e informazioni ai disoccupati e abbassando le tasse sul
lavoro. Tutto senza compromettere i conti pubblici.