Ho appena finito
di leggere: “Diversamente Svezia” scritto da un nostro connazionale Marco
Buemi, il quale avendo vissuto
qualche tempo a Stoccolma cerca di spiegare (dal suo punto di vista) l`eterno
dilemma che mi ronza in testa (oramai senza risposta) da quasi cinquant`anni:
“Svezia
inferno o paradiso”. Che l`autore ci riesca lo lascio giudicare a voi. (Se
comprerete il libro.) Io comunque consiglio sempre di leggere scrittori come
Stieg Larsson e Henning Mankell – l’autore del commissario Kurt
Wallander per intenderci – . Certo si tratta di narrativa di
genere: noir, gialli per intenderci; ma che danno uno spaccato reale e veritiero sulla Svezia di oggi.
Invece mi
ha colpito molto la prefazione di Filippa Lagerbäck, volto noto della
televisione italiana, che con pragmatismo tutto svedese spiega in due parole il
fenomeno Svezia.
Ve lo propongo augurandovi buona domenica.
Filippa Lagerbäck nella trassmisione di Fabio Fazio "Che tempo che fa" |
Finito il
liceo sono partita per un anno sabbatico prima dell’università, ma non sono mai
più tornata in patria. Dopo dieci anni in giro per il mondo ho trovato l’amore
e il lavoro in Italia, dove vivo attualmente con il mio compagno e nostra
figlia, Stella, otto anni. Quando è nata volevo farle percepire da subito le
sue radici scandinave e dopo un solo mese di vita le avevo già procurato il
passaporto svedese. Con lei ho sempre parlato nella mia lingua madre. Andiamo
spesso a trovare i suoi nonni su al nord, dove le insegno il rispetto per la
natura, il senso civico e il gusto di viaggiare per scoprire il pianeta,
proprio come ho fatto io. Vorrei che un giorno si sentisse non solo
italo-svedese, ma cittadina del mondo, un piccolo pezzo del grande puzzle, che
capisca di far parte di un disegno più ampio, non costretta in una piccola
realtà locale.
Con lei
parlo di pari opportunità, del ruolo della donna e dell’uomo nella società, le
spiego che deve prendersi le proprie responsabilità, aiutare in casa e
diventare autonoma. I miei fratelli facevano il bucato da soli a dieci anni,
andando in giro con le t-shirt rosa prima che imparassero a dividere i colori!
Ognuno doveva aiutare nelle faccende domestiche. Se dicevi: “Non lo so fare!”,
la risposta era: “È l’occasione per imparare!”. E se dicevi: “Ma io lo
so già fare!”, la risposta era: “Bene, così ci metti meno tempo!”.
La Svezia è
in continua evoluzione, segue il mondo che cambia. Nei tempi di crisi, i soldi
vengono investiti nel rinnovo dell’istruzione e nello sviluppo della ricerca.
La scuola che conoscevo io non esiste più. Il programma del liceo si è
aggiornato alle più moderne esigenze educative globali. In questo progetto
interculturale l’integrazione degli immigrati diventa inevitabilmente una
delle questioni più delicate e controverse del mio Paese. Attualmente c’è un
acceso dibattito, in particolare nella città di Malmö, che tra l’altro
partecipa alla campagna Unesco “Città contro il razzismo”. Mio padre, in
qualità di psicologo-mediatore, è coinvolto nella disputa. Il suo ruolo è
quello di favorire un dialogo tra i cittadini appartenenti a differenti etnie e
religioni. Ci deve essere spazio e rispetto per tutti e si stanno compiendo
enormi sforzi per riuscire a inserire nuove culture, tenendo conto delle
esigenze, delle problematiche e delle incompatibilità delle differenti
comunità.
L’obiettivo è rappresentato da uno slogan semplice ed efficace: “Il
mondo nella città, l’equilibrio in una società multiculturale”. La Svezia, con
una popolazione sempre più vecchia, ha bisogno degli immigrati perché
rappresentano una risorsa nel mercato del lavoro.
Ecco una frase di questo libro che mi ha colpito molto: “Ciò
che ha contraddistinto la Svezia rispetto ad altri Paesi è che le riforme
sociali, una volta varate, sono state accettate da tutti, anche da coloro che
si erano opposti fino a quel momento alla loro introduzione”. Per me la politica è sempre stata concreta,
costruttiva, efficiente. Non un cane che si morde la coda. La cosa più
importante è non perdere di vista il futuro, per il bene di tutti, non solo per
il bene del singolo individuo. Un’utopia? Io non credo. Certamente nessuno è
perfetto, ma finché si riconoscono le proprie debolezze, c’è sempre spazio per
i miglioramenti.
Sono orgogliosa di essere svedese, ma innamorata del mio
Paese d’adozione, l’Italia.
Mi sento... diversamente Europea.
Filippa
Filippa