domenica 3 ottobre 2010

Ma che volete di più...?


Leggendo un blog italo-svedese ho notato (non con poca sorpresa) come anche le ultime elezioni in Svezia possono diventare oggetto di paragone tra Svezia e Italia. Stranamente è sempre l`Italia che esce da questi confronti piuttosto malconcia, a me oggi le ”balle” non "girano male"... infatti mia figlia mi ha invitato a pranzo (cucina molto bene anche se è nata in Svezia…),però vorrei dire la mia…: Premetto che il paese delle banane,non esiste il paese in cui si vive meglio. Cosa vuol dire che si vive meglio? La cosa è assolutamente soggettiva. Se lo si chiede a 100 persone diverse si otterranno 100 paesi diversi. Chi dice la Svezia, chi la Danimarca, ma se una persona odia il freddo, questi saranno i paesi peggiori.
Per me è l'Italia! La mia bella Italia. Abbiamo l'80% delle opere d'arte mondiali e dei siti archeologici. 5.000 Km di bellissime coste marittime. Isole stupende. Montagne che fanno sognare. Appennini tutti da vivere. La migliore cucina al mondo. Siamo la patria della moda e del buongusto. Le città con le piu' belle architetture. Abbiamo le automobili piu' invidiate e sognate del mondo. Siamo stati la culla della civiltà. Quando tutto il resto del mondo viveva nelle caverne e si cibava di cinghiali allo spiedo, noi avevamo Romolo e Remo, Cesare, Virgilio, Cicerone, Dante, Leonardo e Galileo. Siamo il popolo con la piu' bella fantasia e intelligenza in assoluto. Le piu' grandi opere musicali sono dei nostri musicisti. Siamo un popolo amato in tutto il mondo perchè siamo un popolo dal cuore d'oro. Il centro mondiale della religione è Roma Vaticano. Siamo la patria del diritto. Siamo un popolo che non serba rancore nei confronti di nessuno e che sa perdonare sinceramente.
Secondo i miei amici italiani: sembra che abbiano anche le tasse piú alte del mondo...ma che volete di più?


sabato 18 settembre 2010

Sinistra o Destra...?


Domani in Svezia ci sono le elezioni politiche. L’attuale primo ministro Fredrik Reinfeldt, a capo dell’Alleanza – la coalizione di centrodestra – sfida la leader dell’opposizione e dei socialdemocratici Mona Sahlin. Stando agli ultimi sondaggi, la coalizione guidata da Reinfeldt è in vantaggio di otto punti sulla Sahlin e potrebbe dunque mantenere la maggioranza in parlamento.

Subito dopo i primi segnali della crisi economica iniziata nel 2008, gli analisti politici avevano ipotizzato un progressivo sgretolamento della coalizione, ma così non è accaduto. Reinfeldt è riuscito a mantenere unita l’Alleanza e ora si appresta a vincere le elezioni con un buon distacco dal centrosinistra.

Il più grande aiuto per il governo è stato l’economia. Trattandosi di un mercato aperto (metà del prodotto interno lordo è legato in qualche modo al commercio estero), la Svezia è stata duramente colpita dalla recessione lo scorso anno. Ma quest’anno è tornata in sella. Nel 2010 il PIL crescerà più velocemente di qualsiasi altro paese occidentale dell’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico. Il bilancio sarà in surplus. La Banca centrale ha anche iniziato ad aumentare i tassi di interesse.

Secondo gli analisti, la strada per l’Alleanza sembra essere spianata, ma i socialdemocratici dovrebbero comunque guardarsi anche dai Democratici Svedesi, il partito nazionalista contro l’immigrazione che potrebbe guadagnare seggi e spazi nel parlamento. Il partito è dato al 5,4%, ma entrambe le coalizioni si sono ripromesse di non accettarne il sostegno e, nel peggiore degli scenari, creare un governo di minoranza.

Intanto sulla scena politica prende sempre più forza la figura di Jimmi Akesson (vedi foto).Trentuno anni, capelli scuri e impomatati, occhiali da vista all’ultima moda. L’estrema destra in Svezia non si presenta sotto forma di un vichingo biondo e slavato ma nei panni di Jimmi con faccia da bravo ragazzo, classe 1979, da cinque anni leader dei Democratici di Svezia (SD), il partito di estrema destra che si appresta a varcare la soglia del 4% alle elezioni di domenica e fare il suo ingresso storico nel parlamento di un Paese la cui scena politica è stata dominata per quasi ottant’anni dai socialdemocratici.

Questi ultimi potrebbero addirittura realizzare il loro peggior risultato elettorale negli ultimi 100 anni. Così, il giovane leader che di recente ha dichiarato che «l’Islam è la più grande minaccia straniera per la Svezia dai tempi della Seconda Guerra Mondiale» potrebbe diventare l’ago della bilancia nel governo di un paese composto per il 14% da immigrati di origine irachena, polacca, slava.

Negli ultimi giorni di campagna elettorale sia Reinfeldt che Sahlin hanno categoricamente escluso una collaborazione con il partito di estrema destra («non li toccherei neanche con le pinze», ha detto il premier uscente) mettendo in guardia gli elettori sui pericoli di un successo di SD. Ma intanto, Akesson ha già cominciato a gongolare: «per il semplice fatto di trovarci in parlamento, li spaventeremo e li costringeremo ad adattarsi. Vogliamo essere i giullari di corte così che gli altri partiti adottino le nostre politiche», soprattutto in fatto di immigrazione. E di welfare. Anche su questo infatti l’estrema destra ha puntato la sua campagna elettorale, in uno stato che del suo stato sociale ha fatto un motivo di vanto in tutto il mondo. L’immigrazione di massa sta corrodendo il nostro welfare, urlava ieri Akesson in un comizio davanti a poche decine di sostenitori circondati da 200 poliziotti e centinaia di contestatori che protestavano al suono delle ‘vuvuzelas’. «La nostra priorità è chiara, ripristinare lo stato sociale svedese».
Nello stesso momento, da un’altra parte della città, il ministro delle Finanze Anders Borg chiedeva agli attivisti di centro-destra di «pregare gli elettori, per il bene della Svezia, di non votare SD». Sullo sfondo di elezioni difficili, un Paese che ha fatto registrare una ripresa economica tra le più forti in Europa e uno stato delle finanze pubbliche tra i più sani dell’Ue. Risultati che però, sottolinea l’opposizione socialdemocratica, hanno comportato grossi tagli alle tasse e, di conseguenza, al famoso welfare ‘dalla culla alla tomba’.

(vedremo domani...)

domenica 12 settembre 2010

Våld mot kvinnor en folkhälsofråga.

Il post: Un triste primato della Svezia. Ha destato non poche perplessità in un gruppo di ”maschietti” italiani i quali fanno parte di una associazione (da loro fondata) che sembra fatta apposta per odiare le donne i quali invece di consultare un medico possibilmente specializzato in psycatria hanno ritenuto più opportuno fare qualche commento rivolto verso la mia persona (il più simpatico mi ha dato dello scemo…) naturalmente essendo tutti anonimi e quindi non degni di risposta sono tutti finiti nel posto a loro più congeniale;
la spazzatura o monnezza come si dice dalle mie parti. Ho comunque ritenuto opportuno di scrivere un post Nr2 per mettere qualche puntino sulle (i) riguardo la situazione delle donne in Svezia, ma andiamo per gradi e iniziamo a conoscere chi è Maria Carlshamre:

Maria, (vedi foto) è una giornalista svedese la quale conduceva un popolare talk show, un bel giorno decide di raccontare cosa succede nell`ambito delle sue pareti domestiche. I responsabili della rete televisiva dove lavorava avevano tentato di tutto per farla tacere. Il suo boss l’aveva messa in guardia: l’argomento è off-limits, lascia perdere. Lei, 48 anni e da un decennio costretta a subire violenze dall’uomo che amava, non ha ascoltato. E un giorno ha deciso di fissare la telecamera e ha iniziato a parlare, in diretta: «Volete sapere che faccia ha una donna che è stata picchiata? Eccola. Mio marito abusa di me da più di dieci anni». La direzione l’ha licenziata.

Poi sono arrivate le prime e-mail, le telefonate. «Anche il mio uomo mi riempie di botte». «Mi ha stuprato, ma nessuno mi crederebbe». La cortina di silenzio e vergogna iniziava a lacerarsi. Non siamo in Arabia Saudita, dove la bellissima anchor-woman Rania al-Baz aveva trovato il coraggio di mostrare ai fotografi la devastazione del suo volto, le 13 fratture che avevano cancellato quell’ovale perfetto incorniciato dallo chador. Ai colleghi giornalisti aveva raccontato il pestaggio subito dal marito: «Voglio usare quello che mi è successo perché si cominci a parlare della violenza sulle donne nel nostro Paese». L’altra donna, quella che ha rivelato in tv il suo dramma, può darsi che conoscesse la storia di Rania. Del resto, sono molte le affinità che le uniscono. Maria Carlshamre è anch’essa una giornalista, ha pure lei occhi scuri e capelli neri. Ma è svedese. Vive, cioè, in un Paese dove la parità dei sessi ha smesso da decenni di essere un’utopia, dove i posti nelle stanze dei bottoni si dividono tra quote «azzurre» e «rosa», e l’ipotesi di dar vita a un partito «femminista» piace a un elettore su cinque.

Oggi il Paese dell’uguaglianza ha scoperto di essere il Paese delle urla nel silenzio. «La violenza contro le donne è aumentata negli ultimi due anni. Quella commessa da uomini che hanno un legame affettivo con le vittime è altamente sottostimata. Solo il 15-25% sporge denuncia». Una condanna senza appello, pronunciata un anno fa da Amnesty International, impegnata nella campagna mondiale Svaw ( Stop Violence Against Women ): «È il fallimento di un sistema». Intendiamoci, i mariti o i fidanzati svedesi non sono più violenti dei loro omologhi italiani, spagnoli o americani. Il problema sta nelle donne. Nella loro vergogna. Nelle loro bocche sigillate. Gli episodi di violenza sono aumentati a un ritmo vertiginoso:? 140% tra 1980 e 2000, dati ufficiali. Ma è il sommerso a fare la differenza. Come ovunque. Solo che qui, appunto, siamo nel regno dell’equità. E soprattutto della privacy: insieme alla leadership nella tutela dei diritti «rosa», essa è stata per decenni il «lenzuolo bagnato» che celava drammi laceranti, accusa Eva Hassel Calais, tra i coordinatori nazionali, in Svezia, dei centri per donne maltrattate.

C’è voluto un anno, in Svezia, perché il private matter diventasse pubblico, in un doloroso processo di autocoscienza. Gudrun Schyman, deputato di sinistra e femminista, ha proposto una «tassa sugli uomini» per pagare le conseguenze di botte e stupri. In novembre il ministro della Giustizia Thomas Bodström dichiarava: «Il silenzio è un tradimento per le vittime degli abusi e un aiuto per gli uomini violenti». Nel 2007 (mi sembra…) il procuratore generale ha annunciato di voler creare un team di 35magistrati specializzati nella violenza contro le donne. A Riad, a luglio, Rania al-Baz ha ritirato la denuncia contro il marito, sfinita da minacce e pressioni. In Svezia, oggi, Maria Carlshamre ammette: «Dobbiamo cambiare l’immagine di noi stessi. Non siamo i campioni del mondo dell’uguaglianza».

(vagabondo)

martedì 17 agosto 2010

Una gita a Rosengård: primo quartiere islamico in Europa.

Se volete conoscere meglio la Svezia, non esitate prendetevi una settimana di vacanza a Rosengård, il sobborgo a prevalenza islamica di Malmö, la terza città della Svezia. Qui le vacanze durano tutto l`anno (in pratica non lavora nessuno…) infatta il tasso di disoccupazione degli immigrati sfiora l’80 per cento. La maggioranza dei nuovi arrivi viene dalla Palestina, dal Kosovo, dall’Iraq.I profughi che cercano riparo dalla guerra mondiale islamica portano in Svezia la loro rabbia, le loro rivendicazioni politiche, l'antisemitismo. Lo scorso anno, la nazionale di Tennis israeliana passa da Malmo per un evento sportivo e scatta il boicottaggio. Gli islamici protestano in piazza. Stessa storia durante l’ultima Guerra di Gaza. Gli ebrei scendono in strada per una manifestazione di pace. Sventolano bandiere con la stella di David.
I dimostranti vengono circondata dai militanti islamici e da quelli della sinistra antagonista. Volano insulti, fischi, bottiglie. La polizia non reagisce. Il capo della sicurezza dichiara che gli islamici hanno il diritto di protestare perché è la legge svedese che glielo consente. Qualche tempo fa puntuale, riscoppia l’Intifada contro polizia e vigili del fuoco. Bruciano cassonetti e cabine del telefono. Un ragazzo viene ferito. Le bande di giovani teppisti arabi spadroneggiano per le strade di quella che doveva essere la società europea più avanzata dal punto di vista dei modelli di integrazione sociale. La dolce, quieta e un po’ noiosa Malmo, si risveglia in preda al panico.
Forse è vero che i “riots” di Rosengård sono il prezzo, endemico, che dovremo pagare prima di assistere una normalizzazione nei processi di integrazione fra islamici ed europei. Non avendo la palla di vetro è impossibile sapere cosa accadrà nel 2050, se la "fantascienza" eurabica dovesse avverarsi,oppure se assisteremo alla nascita di un Islam europeo. Certo è che il governo svedese e un intero modello politico e sociale, quello dell’accogliente socialismo dei Paesi nordici, sembra aver fallito. La Svezia aveva offerto una grande opportunità ai nuovi arrivati ed è stata tradita. Dagli anni Settanta i programmi di edilizia popolare della sinistra svedese diedero case a buon mercato alla arbetarklassen (classe operaia) che successivamente è stata sostituita dalla popolazione immigrata. Sussidi di disoccupazione, servizi sociali, assistenza sanitaria, istruzione. Il risultato è stato da una parte l'integrazione mancata dall'altra l’aumento esponenziale della conflittualità, soprattutto dopo l’11 Settembre e la pubblicazione delle “vignette sataniche”.
A Rosengard la sera scatta il coprifuoco ma il sindaco continua a ripetere che vuol farne una zona residenziale come tutte le altre. Un sindaco socialista che evidentemente ha chiuso gli occhi sulla alleanza fra “rossi” e “verdi”, arabi e anarchici, islamici e centri sociali, che votano nello stesso modo e manifestano insieme contro gli ebrei. Minoranze, si dirà, ma il mondo dell’immigrazione araba è una delle constituency della sinistra europea che lo difende e lo coccola con la stessa esagerazione con cui gli autori del genere eurabico lo attaccano e lo ostracizzano. La risorgenza di un “comunismo verde” o islamismo di sinistra, fortemente antisemita e anticristiano, non è un'invenzione fascista, razzista e bigotta. E' proprio il modello multiculturale svedese ad aver prodotto una polarizzazione etnica e politica che favorisce gli estremismi idelogici (e religiosi).
L'islamizzazione di Malmö, in definitiva, rappresenta la crisi d'identità in cui vegeta la sinistra europea e la sua incapacità di gestire la conflittualità sociale prodotta da decenni di multiculturalismo e relativismo culturale.
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Nella foto accanto:

Zlatan Ibrahimović idolo dei bambini multietnici di Råsenborg, dove è nato, il 3 ottobre, da genitori bosniaci. Attaccante del Paris Saint-Germain e della Nazionale svedese della quale è anche capitano.

FoF




Attenzione

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Sono andato, tornato, ripartito.

Sono andato, tornato, ripartito.
E così ora sono qui, in un’altra fase della Vita. Abito vicino al ponte Västerbron, a forma di arpa. E’ bellissimo. La mia gratitudine è a scoppio molto ritardato. Faccio in tempo a dimenticare gli atti, i nomi e i volti prima di aver capito quando dovessi ad ognuno.