domenica 3 novembre 2013

Cinque regole "auree" da non sottovalutare in Svezia.

Le cinque regole 'auree' per approcciare in modo corretto e senza troppi danni al quotidiano della vita in Svezia

1-Infrangere la regola “Jantelag”
Tu non sei meglio di tutti gli altri! È questa la prima legge non scritta che regola la società svedese. È chiamata anche Jantelag (legge d`ugualianza) e forma la mentalità svedese come nessun’altra. L’uguaglianza sociale di tutte le persone, senza dubbio un principio ammirevole, assume talvolta delle forme inconsuete per gli stranieri. Per esempio, quando la volontà di non distinguersi rispetto agli altri diventa improvvisamente la norma che non si deve infrangere. Nelle discussioni, evitate assolutamente di monopolizzare la conversazione parlando ad alta voce e di insistere sulla vostra opinione. Questo comportamento è considerato estremamente maleducato. 
2-Non togliersi le scarpe 
Quando si entra in abitazioni private, si tolgono le scarpe sulla porta. Questa usanza è un ricordo dei tempi passati, quando le scarpe erano sporche di letame che, ovviamente, si preferiva lasciare fuori di casa. In questo modo si evita di gocciolare l’acqua della neve e del ghiaccio che al calore si sciolgono. 

3-Saltare la coda 
Ciò che in altri paesi può essere tollerato, è considerato in Svezia antisociale e ingiusto: passare avanti nella fila solo perché si ha fretta. Qui valgono gli stessi presupposti per tutti, ogni cittadino rimane in coda in modo tranquillo e civile. In negozi, banche e uffici postali si prende un biglietto numerato che indica il proprio turno. Gli svedesi hanno interiorizzato questo sistema e lo mettono in pratica anche dove non ci sono biglietti numerati, come alla fermata dell’autobus o davanti ai locali notturni. 
4-Non ringraziare 
Che sia dopo la prima colazione, il pranzo o la cena: quando ci si alza da tavola si ringrazia per il pasto (tack för maten) o per il caffè (tack för kaffet). E questo vale sia in famiglia sia dagli ospiti. Appena possibile, si ringraziano i padroni di casa un’ultima volta per l’invito con un tack för senast (grazie per l’ultima volta). 
5-Ignorare il divieto di sosta nei giorni stabiliti 
A Stoccolma vige un particolare divieto di parcheggio (datumparkering). Nei giorni pari è possibile parcheggiare solo sul lato della strada con i numeri pari, nei giorni dispari solo su quello con i numeri dispari. In questo modo le strade possono essere pulite e sgomberate dalle foglie e dalla neve senza ostruzione da parte dei veicoli in sosta. La mancata osservanza del divieto, indicato da segnali, può costare anche diverse centinaia di corone svedesi.
Allora, uomo avvisato mezzo salvato....!!!





venerdì 1 novembre 2013

Festa di Ognissanti o Halloween .

källa:pinkblog
Il ponte dei morti o Ognissanti cade i primi di novembre e da sempre fa parte della tradizione italiana, mentre Halloween è diventato una moda degli ultimi anni. Si festeggia nel Nord dell’Europa, in quei popoli che hanno avuto una forte dominazione celtica, e negli Stati Uniti, che invece vivono la notte delle streghe come una sorta di Carnevale un po’ più dark. E noi? Noi ci siamo adattati a quello che chiede il mercato.
Siamo abituati a film sulle streghe o ai prodotti americani in cui i bambini girano per le villette prefabbricate per bussare alle porte e chiedere Dolcetto o Scherzetto? Così com’è normale vedere l’organizzazione di enormi party a tema, con tanto di streghette appese al soffitto e meravigliose zucche intagliate fuori dalla porta. La verità però è che questa festa non fa parte di noi, non è cosa nostra. E non lo dico per voglia di criticare.
Le fave da morto Civitavecchiesi
Ciò non vuol dire non trovare una scusa per non festeggiare Halloween che comunque in italia potrebbe essere associata alla festa romana della dea dei frutti e dei semi, Pomona, o alla Parentalia, l`antica festa dei morti ed allora perchè non riunirsi con gli amici per una cena a tema o non fare un bel party in maschera. Divertiamoci, senza scimmiottare troppo, ma a nostro modo e con una certa semplicità.



giovedì 31 ottobre 2013

"Quando si diventa blogger, ci si trasforma."

Quando si diventa blogger, ci si trasforma. Si subisce una mutazione permanente, irreversibile e perniciosissima.
Prima si scrive, si corregge, si lima il post e poi lo si pubblica. E infine si aspetta. Si aspetta per vedere se il post piace, se viene letto, se interessa, se raccoglie consensi o suscita dibattiti. Tuttalpiù anche un po’ di polemica o di astio vanno bene.
In pratica, in poche parole, si diventa assetati di commenti.
Ebbene sì. Il commento è l’indice di gradimento, l’indicazione che siamo piaciuti o perlomeno che abbiamo destato l’attenzione del pubblico.

È come una specie di Auditel per la TV. Si mette il proprio pensiero in rete e poi si controlla di tanto in tanto che cosa succede. I blogger più maniacali ed ossessivi sono capaci di fare un check  ogni mezz’ora: non si sa mai. Comunque la frequenza può variare; ma tutti, dico tutti, desideriamo essere letti e commentati. Ci dà un brivido di piacere vedere il numerino tra parentesi alla fine del post, che cresce, che sale, che non s’arresta. E se lo fa, se si arresta troppo in fretta, ci soffriamo. Ci domandiamo perché e a volte non troviamo la risposta. “Sarò stata noioso? Scontato? Prevedibilo? Forse banale. O magari a nessuno frega niente di questo argomento. O dovevo cogliere di più il lato ironico? O quello cinico. O sottolineare l’aspetto sarcastico. Dovrei essere più arguto. Ecco la chiave! Arguzia. O cattivo? Forse per suscitare interesse devo essere più "colione triste" o politically uncorrect.”.
E poi si fa il giro per i blog altrui, quelli più seguiti, quelli più cliccati, per capire, per estrapolare il segreto di tanto successo e farlo proprio. Ma non funziona, perché queste cose sono difficili a esaminarsi, sono anche frutto del caso, del momento, chissà. Allora ci si rivolge agli amici e ai parenti e s’implora loro di lasciare un commento e non si manca occasione per farlo. “Mi lasci un commento quando hai un minuto?”; “Hai letto il mio ultimo post?”; “Che cosa ne pensi della mentalità italiana? Ci ho fatto anche sopra un post, dacci un occhio e magari dì la tua!”. Che cosa non si farebbe! Alla fine gli amici ti odiano, odiano te e il tuo blog, non ne possono più delle tue richieste di commenti, dei tuoi messaggi subliminali (“uh quanto è divertente lasciar commenti nei blog” si declama con nonchalance una sera a cena con i vecchi compagni di scuola, quasi come se il tutto fosse perfettamente casuale). A forza di dai e dai, tutti vorrebbero vederti sparire per sempre dalla faccia della terra, tu e il tuo blog del cavolo. A questo punto il commento non te lo lasciano neanche a morire, fossi matto, mi rompe talmente le palle…poi se comincio e lo accontento, non mi smolla più.
by: Eireen die Italienerin

Cari amici, parenti, lettori fissi e lettori casuali, abbiate un occhio di riguardo; non voltate lo sguardo schifati alla richiesta più o meno implicita di commenti  e perdonate tutti quei “E voi che cosa ne pensate, carissimi?” alla fine del post. Cercate di capire le manie di noi aspiranti blogger di fama (inter)nazionale. Dateci una pacca sulla spalla, incoraggiateci.
E lasciate un commento, porca miseria!


Attenzione

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Sono andato, tornato, ripartito.

Sono andato, tornato, ripartito.
E così ora sono qui, in un’altra fase della Vita. Abito vicino al ponte Västerbron, a forma di arpa. E’ bellissimo. La mia gratitudine è a scoppio molto ritardato. Faccio in tempo a dimenticare gli atti, i nomi e i volti prima di aver capito quando dovessi ad ognuno.