Un libro da leggere sotto l`ombrellone per tutti quelli
che rischiano di diventare dei piccoli "Tony Drinkwater" potrebbe
essere: "Per il bene che ti voglio" di Michele Cecchini.
Il libro è ambientato negli anni Venti, quando Antonio
Bevilacqua parte dalla Lucchesia deciso a intraprendere la carriera di attore
nel circuito dei teatri off-Broadway di San Francisco. Qui entra in contatto
con l'ambiente artistico raccolto attorno, tra gli altri, a Lawrence
Ferlinghetti. Elegante e degradata, gelida e solare, accogliente e crudele, San
Francisco esalta e sottopone a cocenti delusioni i suoi figli e i suoi
figliastri: tra questi ultimi i Dagos, gli emigrati di origine italiana. Per un
periodo Antonio si trasferisce a Hollywood, dove viene scritturato in un film
di Chaplin come 'controfigura schermatica'. Sul set, in pratica, ha il
compito di sostituire Chaplin nella predisposizione delle scene: su di lui i
tecnici tarano le luci, impostano il piano dell'inquadratura, la distanza e
l'altezza della macchina da presa, la definizione degli spazi e dei movimenti.
Sembra dunque avere trovato la sua 'Merica' nel 'muvinpicce': con questa
espressione, storpiata dall'inglese 'moving pictures', Antonio indica il
cinema. Lui e tutti gli altri Dagos parlano infatti una strana lingua,
l'italiese, una goffa eppure poetica commistione di italiano e inglese, che
racconta il tentativo di integrarsi in una realtà tanto diversa da quella di
origine. Ad esempio uno dei suoi amici, Mario Peruzzi, lavora come spalatore
della ferrovia. In inglese si indica con l'espressione "sheveller of
the Railroad", che gli italiani storpiano in "sciabolatore di
Re Erode". Nel linguaggio come nella vita Antonio Bevilacqua - nel
frattempo 'divenuto' Tony Drinkwater - abita una terra di mezzo, quella
di chi non è ancora e allo stesso tempo non è più. A proposito di italiese, il
testo è stato integrato con un piccolo vocabolario in calce.
Insomma compratelo aspiranti Drinkwater e
meditate, meditate...!!
Che gli svedesi siano un popolo fedele alle tradizioni
legate in qualche modo alla natura non è un mistero per nessuno. Così ieri
mattina, come ogni anno giorno dell`Ascenzione (Kristi Himmelsfärdsdag)
armati di termos di caffè e panini si sono recati nel boschetto vicino casa per fare”Gökotta” cosa significhi questa
parola impronunciabbile (almeno per me…) ancora non l`ho capito. La
definizione della Encicopedia Nazionale dice : “gita nella natura la mattina
presto di un giorno di primavera – normalmente nel giorno dell’ascensione –
nelle ore in cui il cuculo inizia a cantare”. E siccome gli svedesi non sono
per niente superstizioni mentre fanno colazione parlando del più e del meno
cercano di fare delle previsioni sul loro futuro a seconda del canto del cuculo mentre i più coraggiosi recitano la seguente filastrocca :
“Norrgök är sorgegök,
östergök är tröstergök,
södergök är dödergök,
men västergök är bästergök *****
Che tradotta significa:
“Se il canto del cuculo viene da nord è un canto di
tristezza, se viene da est è un canto consolatorio, se viene da sud è un canto
di morte, ma se viene da ovest è il canto delle cose belle”. E poi dicono che noi italiani siamo superstiziosi…!! Comunque
sia ieri la giornata è iniziata propio bene!
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Sono andato, tornato, ripartito.
E così ora sono qui, in un’altra fase della Vita. Abito vicino al ponte Västerbron, a forma di arpa. E’ bellissimo. La mia gratitudine è a scoppio molto ritardato. Faccio in tempo a dimenticare gli atti, i nomi e i volti prima di aver capito quando dovessi ad ognuno.