giovedì 12 aprile 2012

Due modelli,due crisi.

Due modelli differenti, quello italiano e quello svedese. Dai risultati diametralmente opposti. Entrambi oggi in crisi per motivi diversi, ed entrambi bisognosi di riforme. Ma mentre la Svezia è pronta al cambiamento, il Belpaese è ancora molto indietro.

Björn nasce nello stesso anno di Franco. Björn a Stoccolma, in Svezia. Franco invece a Roma, Italia. Björn comincia la sua carriera scolastica in uno dei paesi con livelli d’istruzione più efficienti ed alti al mondo (la Svezia investe in istruzione lo 7,5% del PIL). La sua famiglia dall’asilo fino all’università non dovrà pagare alcuna tassa per il suo diritto allo studio perchè l`istruzione è gratuita.

Franco nasce in una nazione che vanta livelli di istruzione e di innovazione tecnologica tra i più bassi in Europa (meno del 5% del PIL è investito in istruzione, ovvero meno della media europea) nonché percentuali di analfabetismo del 12% (Unla, 2005). Franco paga le tasse per l’istruzione allo stato, i libri, nonché – a seconda delle scuole – una sovratassa definita “di contributo scolastico”.

IL MONDO DEL LAVORO - Dall’asilo all’Università. Björn riceve dallo stato svedese un assegno mensile per sei anni (2492 corone svedesi, circa 270 euro) che gli permette di coprire circa il 30% delle sue spese, anche se risulta uno studente universitario part-time. Potrà incrementare fino a 7,259 corone svedesi, circa 770 euro, se chiederà un prestito d’onore.
Questi soldi dovrà rimborsarli in futuro allo Stato, il quale chiederà un 4% di interesse annuo. Questo gli permette di andare via da casa intorno ai 17-18 anni, in genere in un monolocale o casa dello studente a prezzi ovviamente vantaggiosi. Franco, una volta laureato e trovato un lavoro, se ne andrà di casa tra i 30-32 anni. Alla fine della sua carriera scolastica ed universitaria potrà dire di aver vissuto alle spalle della propria famiglia per 30 anni della sua vita. Björn una volta laureato (intorno ai 24 anni), se non riesce a trovare lavoro va alla Arbetslöshetskassa (Ufficio per la disoccupazione) e riceverà 320 SEK al giorno (circa 35 euro) fino a quando non troverà un lavoro. Ma dovrà dimostrare di cercarlo continuamente, altrimenti gli verrà negato l’assegno. Franco trova lavoro dopo alcuni anni di ricerca e di lavoretti saltuari e provvisori tramite la conoscenza di un amico di famiglia. Björn dopo aver lavorato tutta la sua vita intorno tra i 61 e i 67 anni deciderà di andare in pensione. La sua pensione dipenderà dalla quantità di contributi versati nella sua vita lavorativa (il 18,5% del suo stipendio verrà utilizzato per la sua pensione). Verranno inseriti anche gli anni di università e i giorni di malattia.

CONFRONTO IMPIETOSO? - In questo parallelismo tra la vita di uno svedese ed un italiano ci rendiamo conto delle differenze lampanti tra i due stati. Björn è figlio del più efficiente womb-to-tomb system al mondo (letteralmente dall’utero alla tomba). Uno Stato madre che organizza e aiuta i propri figli-cittadini, e rappresenta il più grande datore di lavoro della nazione. Una Svezia che è fiera di definirsi socialdemocrazia, che è rimasta come un faro ed un modello per tutti i partici socialisti europei.

Franco è figlio di un paese che ha attraversato due disastrose guerre mondiali, un successivo e straordinario boom economico e demografico, ma che poi ha perso il treno per l’innovazione non riuscendo ad adeguare i suoi obsoleti e farraginosi sistemi di stato sociale. Un’Italia che guardava da una parte al sistema capitalistico anglosassone, ma allo stesso tempo continuava ad utilizzare quello corporativo di stampo fascista per assicurare il protezionismo dallo Stato e la famiglia come nucleo fondamentale dell’azienda.

DUE MODELLI, DUE CRISI - Fin qui il sogno. Ma da qualche anno il welfare state svedese sta attraversando la più grande crisi della sua lunga e gloriosa vita. Il collasso del sistema ha portato al declino del suo più grande idealizzatore e sostenitore: alle ultime elezioni del 2006, infatti, il Partito Socialdemocratico ha incontrato la peggior sconfitta di sempre, cedendo il trono alla coalizione di centro-destra. La crisi viene da molto lontano, dagli anni ‘70 e tra gli economisti si è in disaccordo sulle sue cause. Dagli anni ‘80 in poi la disoccupazione è cominciata a crescere in modo esponenziale, le ore lavorative sono diminuite (in parte anche grazie ad una legge assurda per cui il datore del lavoro non può verificare se il proprio dipendente che si mette in malattia è veramente malato), e poi sono arrivate la crisi del comparto industriale, il collasso del sistema previdenziale troppo generoso, la crescita della popolazione, la congiuntura internazionale ecc. Ma forse la crisi del sistema svedese nasce da un fattore non svedese: l’immigrato. Il 12.5% della popolazione è di origine non svedese, per lo più mediorientali e asiatici, i quali spesso diventano veri e propri parassiti dello stato sociale, rompendo i pilastri del sistema di convivenza: egualitarismo, onestà e lagom (concetto svedese che non ha equivalenti in altre lingue è che significa “moderato, il giusto tanto, né troppo né poco”). La Svezia quindi si sta avviando in un periodo di crisi epocale del suo welfare system e potrà salvarsi solo attuando importanti riforme strutturali per stare al passo coi nuovi tempi.Conosco bene la Svezia e sono certo che a breve si troverà una soluzione di compromesso per mantenere un forte stato sociale più flessibile e probabilmente meno generoso: conoscendo i loro tempi a la loro tenacia. I figli di Björn probabilmente non avranno di che temere in futuro.

Chissà se invece i figli di Franco, in un paese in cui le riforme strutturali sembrano solo miraggi o vaghe promesse elettorali, riusciranno a vedere uno spiraglio di cambiamento.

Attenzione

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Sono andato, tornato, ripartito.

Sono andato, tornato, ripartito.
E così ora sono qui, in un’altra fase della Vita. Abito vicino al ponte Västerbron, a forma di arpa. E’ bellissimo. La mia gratitudine è a scoppio molto ritardato. Faccio in tempo a dimenticare gli atti, i nomi e i volti prima di aver capito quando dovessi ad ognuno.