martedì 3 dicembre 2013

La mia Svezia...( e di piccola rondine.)


Esiste un paese dove gli abeti e le betulle si specchiano nei laghi ghiacciati; dove il sole non brucia, ma illumina la notte per molti mesi dell’anno e per altri mesi va in letargo, come l’orso bruno e i tanti animali, piccoli e grandi, che popolano le sue foreste.
La Svezia è una signora dai capelli di grano, che cambia vestito ogni stagione; d’estate indossa il blù dei suoi laghi fatati, d’inverno si veste di grigio, come il cielo spietato di questa stagione. Il suo profumo è quello dei mille fiori nordici colorati che inebriano la mente; il muschio incorona la sua testa e tutto di lei sa di freschezza.
Essa è madre che provvede ai piccoli e agli anziani, non abbandona nessuno e vigila, attenta, sulle frontiere.

D’inverno, quando le lancette dell’orologio segnano le tre del pomeriggio si accendono i  lampioni e la notte si avvicina, inesorabilmente. Questa lunga notte del nord che dura tanto ed esercita sull’uomo inerme il suo fascino che, per quanto cinico sia, non può sfuggire alla metafisica che caratterizza questa terra.
E’ come se l’anima del Vichingo aleggiasse disperato nelle tenebre, perché non trova risposta alla sua disfatta, né soddisfazione dai suoi discendenti pacifici e tranquilli. Così, il forestiero, profano ed inesperto, sperimenta la forma sublime ed assoluta del suo silenzio, in cui persino sentire il proprio cuore battere e pensare diventa rumoroso. Questo silenzio che fa sì che l’uomo prenda conoscenza della sua piccolezza di fronte all’immensità, e ai rumori sinistri  dell’aurora boreale.
La solitudine del nord fa perdere il contatto con il resto del mondo e la sua rumorosa realtà.
Esistono delle casette di legno tinte di rosso e di bianco con tendine che ornano le finestre e con dei fiori sui davanzali sperdute nei boschi, sono isolati, eppur vivi, a stretto contatto con la natura e con gli animali che le circondano.
La mia Svezia sta lì, in disparte, perché ha scelto di essere così.
Guarda e vigila il vecchio continente.
Eppure, secoli fa, anch’essa era una guerriera, aveva invaso la Norvegia, la Finlandia, la Danimarca, la Lettonia, l’Estonia e una parte della Germania. Imperatrice, si vestiva di gloria.
Le sue guerre furono rare, ma quelle poche durarono anni.

La guerra contro la Danimarca durò trent’anni.
 Fu così che si elesse Regina del Nord.

In questo paese  regna sovrana la democrazia. E’ nel sangue del re e della regina.
Gustav VI Adolf si chiama Bernardotte ed è discendente di un generale di Napoleone; la regina, Silvia, era una hostess delle Olimpiade ed è tedesca, vissuta in Brasile.
Non era né strano, né inconsueto, incontrare il nonno del re per le vie di Stoccolma in bicicletta.
Il vecchio nonno amava l’archeologia e spesso è stato ospite in Italia nelle vicinanze di Viterbo, dove amava scavare e scoprire i tesori delle tombe etrusche.
I ministri svedesi non sono scortati, né ho mai visto macchine di servizio, usano i mezzi pubblici o vanno a piedi. Non sto farneticando, né è fantasia, ma la pura e semplice verità.
E democratico è anche il popolo. Non si sfregia dei titoli di dottori (anche se laureati), almeno che non è un medico di professione, né esistono professori o professorini.

Sono, siamo, tutti signori.

Il palazzo reale non sovrasta nessun luogo, nessun muro di cinta né cancelli o cancelletti, o qualsiasi barriera, che lo separi dalla gente comune. Esso è situato nella “gamla stan” (città vecchia) e s’affaccia sul lago Mälaren, dove d’inverno blocchi di ghiaccio sottili, per via delle correnti, scivolano silenziosi e vengono rotti da un lento rompighiaccio.
Questo è il lago che d’estate si popola da cigni, papere e barche a vela di tutte le dimensioni e colori.
Nell’oscurità dei pomeriggi invernali si possono intravedere le sagome delle chiese gotiche protestanti i cui campanili, che sovrastano le case, hanno in cima l’eterno gallo che sembra scrutare l’infinito.
Stoccolma si estende pigramente intorno al lago, su tanti isolotti che si ricollegano con ponti e ponticelli. Ecco il significato del nome Stockholm: “stock” significa tronco e “holm” significa isolotto, infatti, la parte vecchia della città, fu costruita su dei tronchi enormi che sono immersi nelle acque profonde. La città che d’inverno dormicchia, d’estate si risveglia: tornano gli uccelli emigratori, rifioriscono i tulipani, le rose selvatiche, i mughetti, le viole e gli alberi si vestono di verde.
I laghi sembrano riprendere vita dalle barche traghetti che scivolano silenziosamente nei canali stretti, costeggiati da alberi che con i loro lunghi rami sembrano salutare i marinai provetti.
Stoccolma è una bomboniera, dove d’inverno il silenzio fa da re e la solitudine fa da regina, ma che d’estate si colora di turisti variopinti e gli svedesi ritornano a  sorridere.

Fin’ora vi ho descritto un paese da favola, ma il tempo delle favole è passato da un pezzo. Un paese troppo perfetto per essere reale. Mi è costato un po’ di  fatica scrivere questa ultima parte, perché io mi domando come faccio a mostrare le parti deboli di un paese che amo, perché sono figlia, nata dalle sue viscere, ma la mia Svezia vuole essere quella che è stata per me, senza finzioni o fantasie.
Ci saranno altre “Svezie” per altri occhi e cuori, per altre esperienze diverse dalle mie.

 Ad ognuno la sua verità. Questa è la mia.
 
Difficile è spiegare a voi italiani quando i bambini, ancora piccoli da scuola elementari, portano le chiavi di casa attaccate al collo da un laccio. Tornano a casa e non trovano nessuno, perché i genitori stanno al lavoro. Devono fare tutto da soli. Crescono fin troppo in fretta, così come i figli d’Italia crescono con “ritardo”. E ancor più difficile è spiegare che questi figli svedesi in età dell’adolescenza escono di casa e vanno a vivere da soli. Senza il sostentamento dei genitori.
Molti sono  figli di genitori divorziati, cresciuti con uno o due “papà” (o mamme) diversi dai  propri. Figli del divorzio, perché se è facile sposarsi in Svezia è altrettanto facile divorziare: 6 mesi ed è fatta. Almeno così era ai miei tempi.
Le coppie preferiscono convivere, perché il valore della famiglia è diverso da quella italiana.
Come faccio io a spiegarvi del potere degli assistenti sociale, forte più di quello dei genitori stessi. Vero è che l’intenzione è per il bene del bambino, ma come faccio a spiegare a voi queste testuali parole: “Il padre naturale è soltanto un papà biologico, lo Stato provvederà a tuo figlio”. Parole, queste, pronunciate da un assistente sociale ad un genitore preoccupato per la sorte di suo figlio. Questa famosa e perfetta assistenza sociale svedese, che guai se non ci fosse, però in qualche modo produce solitudine ed abbandono da parte dei parenti dell’assistito. Conosco anziani che non vedono né sentono per telefono i propri parenti da anni, muoiono in casa e lo si scopre dopo giorni e giorni, perché nessuno li aveva cercati. Rimangono le lunghe e silenziose passeggiate solitarie di chi ormai ha vissuto.
Raramente, ho visto dei nipoti accompagnare i nonni nel parco. Come faccio io a spiegare i sentimenti che suscitavano in me, già negli anni sessanta, quando mi trovavo di fronte a degli enormi cartelloni per strada, dove erano stampati i nomi delle giovani vittime della droga? Giovani che erano disposti a qualsiasi cosa pure di ricevere un po’ di illusioni pericolose; giovani abbandonati a se stessi, che già vivono di assistenza sociale e disillusi dalla vita, perché dalla vita sono stati sfruttati, con la benedizione di un benessere che porta il cognome di un malessere sociale. E, infine, cosa dirvi dell’alto tasso di suicidi degli anni passati, del profondo mal di vivere?
by: piccolarondine

Questa, signori miei, è l’altra faccia del sogno Scandinavo, che si chiama incubo.
Il paradiso che non esiste su questa terra, appartiene al cielo. Forse.






venerdì 29 novembre 2013

Svezia: Cercasi Insegnanti.

Cercansi insegnanti. Se siete sconfortati dal concorsone, dalle liste delle graduatorie, non vi resta che prendere un aereo e partire per la Svezia. Nel Paese delle renne i maestri non si trovano. Nessuno vuole salire in cattedra. Questione di prestigio ma anche di stipendio. Eppure il sistema scolastico svedese è uno dei migliori in Europa.

Basta prendere un treno per capire che l’innovazione tecnologica, la burocrazia, i fogli di carta non esistono perché a scuola qualcuno ha insegnato a usare internet fin da bambini, molti giovani non hanno mai visto una banca e gli uffici postali tradizionali sono stati soppressi agli inizi degli anni 2000. In Svezia si fa tutto online e tutti sanno usare internet.
Tutti sanno l’inglese, dal venditore di aringhe Nystekt Strömming in piazza Slussen al controllore del treno che da Kiruna attraversa tutta la Lapponia fino alla capitale in 18 ore. Se entri in una skola ti è subito chiaro che l’innovazione non è “qualcosa in più”, come in Italia, ma fa parte dell’insegnamento. Non ci sono laboratori informatici, ma una lavagna multimediale per ogni sezione. A scoprire una classe mi accompagna Kristina Bjorkegren Linder, operations strategist del settore education della Municipalità di Stoccolma. Non ci sono bambini perché sono ancora in vacanza. Appena entro provo con il mio iPhone a cercare la rete wifi: «Oramai abbiamo la banda larga in ogni scuola – mi anticipa Kristina – e tutti i dirigenti scolastici possono fare richiesta della Lim. Sta a loro e al corpo docente poi decidere se usarla o meno, ma da parte delle istituzioni vi è stato un grande impegno nella formazione dei docenti in merito». L’uso delle innovazioni tecnologiche è realtà quotidiana: secondo i numeri della banca dati Ocse, già nel 2009 l’utilizzo dei personal computer da parte degli studenti quindicenni durante le lezioni di lingua svedese e lingue straniere era tra i più alti in Europa. Dopo Danimarca e Norvegia, la Svezia è terza in classifica.
L’idea del ministero dell’istruzione è di passare nei prossimi anni da una didattica che usa i personal computer ai tablet, che sono già una realtà persino sui banchi degli asili. Noto appesi alle pareti dei cartelloni scritti in altre lingue: «Nel nostro sistema d’istruzione se vi sono almeno cinque ragazzi figli di migranti che chiedono di avere lezioni anche nella loro lingua, hanno diritto ad avere un’insegnante madrelingua», mi spiega la dirigente del Comune di Stoccolma. Sono sempre più convinto di vivere su un altro pianeta rispetto all’Italia, dove ci sono ancora politici che insultano un ministro di colore. Un mondo dove ogni bambino ha diritto all’istruzione fin dalla tenera età: l’offerta di educazione prescolare comprende la scuola preprimaria (Förskola), la cura pedagogica (Familjedaghem) e la scuola preprimaria aperta (Öppen förskola). Alle municipalità è richiesto di offrire una scuola preprimaria per tutti i bambini da uno a 5 anni di età che abbiano genitori che lavorano o studiano. I bambini di genitori disoccupati o in congedo parentale hanno diritto a un posto per almeno 3 ore al giorno o per 15 ore a settimana. Ciò che è definito “cura pedagogica” consiste nell’accoglienza da parte di educatori che ricevono e si prendono cura nel proprio domicilio di bambini in età prescolare.
Un sistema basato su scuole pubbliche e scuole private che non sono finanziate dallo Stato, ma sulle quali vi sono gli interessi di privati alla loro gestione. «Tutti i bambini, svedesi o meno, nati qui o all’estero, hanno diritto ad un finanziamento per studiare erogato alle famiglie in base al loro reddito, alla loro situazione abitativa e familiare. Sono i genitori a scegliere in quale scuola mandare il proprio figlio, che non deve necessariamente andare in quella del quartiere». Un modello che crea concorrenza. Il vero problema è trovare i maestri. Negli scorsi anni è stata fatta (ed è di nuovo in previsione) la campagna “Un incentivo per gli insegnanti”, che prevedeva l’aumento del salario e una formazione in itinere con la possibilità, per chi non ha il titolo universitario, di laurearsi mentre lavora.
källa: ilsoleventiquattrore,
A. Corlazzoli

Per un attimo penso a quanto sarebbe necessaria anche in Italia una promozione della figura del docente, così come un reclutamento fatto dalle municipalità o dalle singole scuole, abolendo l’assurdo sistema di concorsi e graduatorie. Ma siamo su un altro pianeta.
Tanti saluti alla povera patria Italia dalla Svezia.

Attenzione

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Sono andato, tornato, ripartito.

Sono andato, tornato, ripartito.
E così ora sono qui, in un’altra fase della Vita. Abito vicino al ponte Västerbron, a forma di arpa. E’ bellissimo. La mia gratitudine è a scoppio molto ritardato. Faccio in tempo a dimenticare gli atti, i nomi e i volti prima di aver capito quando dovessi ad ognuno.