Basta prendere un treno per capire che l’innovazione
tecnologica, la burocrazia, i fogli di carta non esistono perché a scuola
qualcuno ha insegnato a usare internet fin da bambini, molti giovani non hanno
mai visto una banca e gli uffici postali tradizionali sono stati soppressi agli
inizi degli anni 2000. In Svezia si fa tutto online e tutti sanno usare
internet.
Tutti sanno l’inglese, dal venditore di aringhe Nystekt
Strömming in piazza Slussen al controllore del treno che da Kiruna attraversa
tutta la Lapponia fino alla capitale in 18 ore. Se entri in una skola ti è
subito chiaro che l’innovazione non è “qualcosa in più”, come in Italia, ma fa
parte dell’insegnamento. Non ci sono laboratori informatici, ma una lavagna
multimediale per ogni sezione. A scoprire una classe mi accompagna Kristina Bjorkegren
Linder, operations strategist del settore education della Municipalità di
Stoccolma. Non ci sono bambini perché sono ancora in vacanza. Appena entro
provo con il mio iPhone a cercare la rete wifi: «Oramai abbiamo la banda larga
in ogni scuola – mi anticipa Kristina – e tutti i dirigenti scolastici possono
fare richiesta della Lim. Sta a loro e al corpo docente poi decidere se usarla
o meno, ma da parte delle istituzioni vi è stato un grande impegno nella
formazione dei docenti in merito». L’uso delle innovazioni tecnologiche è
realtà quotidiana: secondo i numeri della banca dati Ocse, già nel 2009
l’utilizzo dei personal computer da parte degli studenti quindicenni durante le
lezioni di lingua svedese e lingue straniere era tra i più alti in Europa. Dopo
Danimarca e Norvegia, la Svezia è terza in classifica.
L’idea del ministero dell’istruzione è di passare nei
prossimi anni da una didattica che usa i personal computer ai tablet, che sono
già una realtà persino sui banchi degli asili. Noto appesi alle pareti dei
cartelloni scritti in altre lingue: «Nel nostro sistema d’istruzione se vi sono
almeno cinque ragazzi figli di migranti che chiedono di avere lezioni anche
nella loro lingua, hanno diritto ad avere un’insegnante madrelingua», mi spiega
la dirigente del Comune di Stoccolma. Sono sempre più convinto di vivere su un altro pianeta
rispetto all’Italia, dove ci sono ancora politici che insultano un ministro di
colore. Un mondo dove ogni bambino ha diritto all’istruzione fin
dalla tenera età: l’offerta di educazione prescolare comprende la scuola
preprimaria (Förskola), la cura pedagogica (Familjedaghem) e la scuola
preprimaria aperta (Öppen förskola). Alle municipalità è richiesto di offrire
una scuola preprimaria per tutti i bambini da uno a 5 anni di età che abbiano
genitori che lavorano o studiano. I bambini di genitori disoccupati o in
congedo parentale hanno diritto a un posto per almeno 3 ore al giorno o per 15
ore a settimana. Ciò che è definito “cura pedagogica” consiste nell’accoglienza
da parte di educatori che ricevono e si prendono cura nel proprio domicilio di
bambini in età prescolare.
Un sistema basato su scuole pubbliche e scuole private che
non sono finanziate dallo Stato, ma sulle quali vi sono gli interessi di
privati alla loro gestione. «Tutti i bambini, svedesi o meno, nati qui o
all’estero, hanno diritto ad un finanziamento per studiare erogato alle
famiglie in base al loro reddito, alla loro situazione abitativa e familiare. Sono
i genitori a scegliere in quale scuola mandare il proprio figlio, che non deve
necessariamente andare in quella del quartiere». Un modello che crea concorrenza. Il vero problema è trovare
i maestri. Negli scorsi anni è stata fatta (ed è di nuovo in previsione) la
campagna “Un incentivo per gli insegnanti”, che prevedeva l’aumento del salario
e una formazione in itinere con la possibilità, per chi non ha il titolo
universitario, di laurearsi mentre lavora.
Per un attimo penso a quanto sarebbe necessaria anche in
Italia una promozione della figura del docente, così come un reclutamento fatto
dalle municipalità o dalle singole scuole, abolendo l’assurdo sistema di
concorsi e graduatorie. Ma siamo su un altro pianeta.
Tanti saluti alla povera patria Italia dalla Svezia.