Introdotto in Svezia il “Bechdel test”. Un film è valido se risponde a questo criterio: "Ci sono almeno due donne, di cui si conosce il nome e che parlano tra loro di qualcosa che non siano gli uomini"
Come si fa a sapere se un film si presta alla
discriminazione di genere e non fa abbastanza attenzione alle donne rispetto
all’universo maschile? Non c’entrano il numero di nudità esposte o di battute
volgari contenute nella sceneggiatura, basta che venga rispettata una nuova
regola aurea che molti cinema svedesi hanno deciso di considerare quando
trasmettono in sala un film."
REGOLA AUREA. La regola aurea in questione dice così: perché
un film superi in modo eccellente il cosiddetto “Bechdel test” ci devono essere
almeno due donne, di cui si conosce il nome e che parlano tra loro di qualcosa
che non siano gli uomini. «L’intera trilogia del Signore degli anelli o di Star
Wars non passa questo test. E neanche Pulp Fiction», afferma al Guardian il
direttore di Bio Rio, Ellen Täjle, un cinema molto in voga a Stoccolma che ha
lanciato l’iniziativa. «L’obiettivo dell’iniziativa è quello di vedere più
storie al femminile nelle nostre sale».
LO STATO APPOGGIA L’INIZIATIVA. L’iniziativa è così lodevole
che l’Istituto statale dei film svedese ha appoggiato ufficialmente
l’iniziativa, seguito dal canale tv Viasat Film che userà sempre l’indice
sull’uguaglianza di genere per recensire i film e ha promesso che il prossimo
17 novembre trasmetterà solo pellicole che in questa speciale classifica hanno
preso come voto una bella “A”, come Hunger Games. E pazienza se i film non sono
dei capolavori, quello che conta non è la qualità ma l’uguaglianza di genere.
LE CRITICHE DEI CRITICI. L’indice del gender al cinema non è
altro che l’ultimo modo con cui la Svezia cerca di promuovere l’uguaglianza tra
uomini e donne. Non tutti però sono d’accordo con la nuova iniziativa: «Ci sono
così tanti film che passano il Bechdel test ma che non aiutano per niente la
società a diventare migliore e viceversa», afferma il critico cinematografico
Hynek Pallas.
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Ma soprattutto, come fa notare la famosa blogger svedese Tanja
Bergkvist, che si occupa spesso della “genderfollia”: «Se vogliono film diversi
non hanno bisogna di incolpare gli altri: basta che se li producano».