giovedì 16 aprile 2015

Guardare l`Italia dall`alto in basso.

Dilemma per quelli che tengono al proprio Paese; interesse per chi abbia scopi commerciali; domanda con risposta scontata per chi sia fuggito via; domanda spesso non pervenuta per chi ci governa. Come si può guardare e con che occhi viene vista l'Italia dall'Estero?
In questo caso la risposta è “dall'alto al basso”. Ma, fortunatamente, la risposta è intesa anche in senso geografico, dato che questa volta utilizzerò, come punto di osservazione, la Svezia. In genere, gli svedesi amano l'Italia. Ne conoscono cibi e bevande, ci vanno volentieri in vacanza (anche per sciare, pur essendoci delle stazioni sciistiche svedesi), sono attratti dalla storia. Proprio in questi mesi, vicino a Stoccolma, si tiene una bellissima mostra su Pompei. 
Al Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia negli ultimi anni c'è stata una mostra su Guglielmo Marconi e anche un Arduino Day (per Arduino intendo la piattaforma hardware nata a Ivrea). Molta gente conosce un po' delle glorie del cinema. Ad esempio, Federico Fellini. E non a caso, dato che la svedese Anita Ekberg lavorò sotto la sua regia. Un po' di silenzio in più sulla musica nuova, essendo gli svedesi anglofoni per quanto riguarda la musica pop e data la crisi globale della musica classica contemporanea.
La Svezia presta anche attenzione alla produzione letteraria italiana. Sulle pagine della cultura di un quotidiano, oggi è apparsa una recensione dell'ultimo romanzo di Umberto Eco. Un po' di dolori vengono in libreria, dove, negli scaffali di storia dell'Italia, compaiono quasi unicamente libri sulla mafia. Sembra – mi dicono – che siano gli unici che si vendono. Ci sono aziende di import-export di prodotti italiani (soprattutto alimentari) e una sola azienda italiana quotata in borsa in Svezia.
Come potrebbero vederci – azzardo a dire – gli svedesi? Con curiosità, probabilmente. Perché abbiamo un sacco di cose belle e interessanti da proporre, ma siamo (geograficamente e non solo) distantissimi da loro.
Invece com'è l'Italia, guardata da un italiano all'estero? Per chi c'è da tempo e vive qui, la realtà italiana diventa distante. Nonostante spesso il carattere degli svedesi sia riservato. Distante perché la puntualità dei servizi, la qualità della vita e tante altre cose sono così diverse da rendere l'Italia incomprensibile. In questo caso, spesso, viene da guardare la povera nostra nazione dall'alto al basso, cioè piegando la testa e lasciandosi sfuggire una grande lacrima, che, per orgoglio vorremmo ricacciare giù. Verrebbe da gridare alla gente di smettere di preoccuparsi per le fesserie di destre, sinistre, variabili sulla sessualità, vizi pubblici e (molto) private virtù di tanti amministratori pubblici (alla faccia di quelli che, tra loro, vogliono comportarsi onestamente) e guardarsi attorno. Noi, dall'Italia, immersa nel bacino del Mediterraneo, abbiamo il problema del Medio Oriente e dell'Africa, della convivenza con chi abbiamo accolto (venisse Salvini a vedere quanti Rom ci sono a Stoccolma, si spaventerebbe).
Una famiglia di etnia Rom a Stoccolma
Ci sono due problemi. Uno materiale, perché moltissima gente non arriva a fine giornata (non a fine mese). In più la precarietà è diventata un rassegnato credo per moltissimi. Ed uno culturale. Pensiamo di essere aperti al mondo (lo siamo grazie a tantissime persone, che si dedicano con attenzione ai bisognosi in Italia e nel mondo). Invece siamo ottusamente affascinati dalle retrospettive, inchiodati a vecchi argomenti di conversazione e riflessione, a un pessimismo sterile. 
E non vediamo che, fuori dall'Italia, il mondo va avanti.
källa: quotidiano online
Forse dovremmo augurarci di tornare ad essere un popolo di navigatori (non solo in rete), smettendo di essere passeggeri (prendo in prestito la bella immagine dal duo Dalla – De Gregori). Così, per tornare a scoprire quanto è bello il mondo.
 källa: quotidiano online

lunedì 13 aprile 2015

“Nessun luogo”


Ricordo, era un giorno d`Aprile del 1965, ricordo quel che vedevo e quella sensazione che sale fino alla gola e blocca tutto il resto. Una risposta chiara e forte.
Come dicevo era la primavera del 1965. Quell’anno mi ero trovato a dover ridiscutere tutto. 
A dover gestire un momento di passaggio. Mi ero come ritrovato in mezzo al deserto, senza sapere quanti giorni di cammino mi separassero dalla salvezza, quanti prima di poter approdare a uno spiraglio, una possibilità di ricominciare.
La "Piccola Città" negli anni 60.
Intanto le ferie arrivarono anche in Ericsson le prime ferie della mia vita e con loro la mia prima automobile una 500 acquamarina, consegnatami dalle mani gentili di un`impiegata della ditta ”Fattori” un nome che era una garanzia per la nostra ”Piccola Città.” Partì da solo. Mi diressi verso nord, senza conoscere bene tappe o tempi. Dovevo ancora chiudere il conto con me stesso, lasciato in sospeso da un paio di mesi. Dovevo fare i conti con alcuni fantasmi. E una notte mi ritrovai a guardare Vienna dall’alto, le luci come pennellate fumose, sulla collina e giù, ad addolcire la pianura, per poi risalire sull’altro versante. Allora, guardando giù provai quella sensazione di cui dicevo, l’improvviso abbraccio di tutta quella bellezza e pensai che volevo provare quella bellezza, che al di là di ogni ferita o difficoltà c’era una bellezza insita nelle cose, fruibile da prospettive non studiate. Quella vista mi calmò. Continuai a guardare e il giorno dopo ripartii, abbandonando Vienna, diretto verso la Baviera. Dopo quel deserto si rivelò molto, molto, molto lungo, ma questa è un’altra storia. Una sensazione in qualche modo simile, anche se più matura, la provai in una notte di fine Agosto di qualche anno fa, quando rimasto oramai solo iniziai a leggere un libro, una raccolta di brevi racconti di viaggi, con il titolo Nowhere “Nessun luogo”, un viaggio verso un “non posto”.
Credo allora che dobbiamo stupirci, rivalutarci e sfidarci ai limiti delle nostre forze facendo tesoro delle nostre esperienze, negative o positive non ha importanza è noi che dobbiamo gestire. Tuffarci nel nostro mare, quello azzurro di casa nostra e, con bracciate sicure, raggiungere l`orizzonte, oltre il futuro. Trattenere il fiato quando il vento ci schiaffegerà il viso.
Buttaremo fuori l’aria di colpo e rimaremmo senza, e ingoieremo acqua, ancora e ancora.
Fino all’ultimo respiro per poi tirare su la testa, ancora storditi; scoprirsi confusi ma migliori per ritrovarsi insieme nuovamente.
Di fronte ad un nuovo scopo: Vivere.

Attenzione

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Sono andato, tornato, ripartito.

Sono andato, tornato, ripartito.
E così ora sono qui, in un’altra fase della Vita. Abito vicino al ponte Västerbron, a forma di arpa. E’ bellissimo. La mia gratitudine è a scoppio molto ritardato. Faccio in tempo a dimenticare gli atti, i nomi e i volti prima di aver capito quando dovessi ad ognuno.