Ricordo, era un giorno d`Aprile del 1965, ricordo quel che
vedevo e quella sensazione che sale fino alla gola e blocca tutto il resto. Una
risposta chiara e forte.
Come dicevo era la primavera del 1965. Quell’anno mi ero
trovato a dover ridiscutere tutto.
A dover gestire un momento di passaggio. Mi
ero come ritrovato in mezzo al deserto, senza sapere quanti giorni di cammino
mi separassero dalla salvezza, quanti prima di poter approdare a uno spiraglio,
una possibilità di ricominciare.
Intanto le ferie arrivarono anche in Ericsson le prime ferie
della mia vita e con loro la mia prima automobile una 500 acquamarina, consegnatami
dalle mani gentili di un`impiegata della ditta ”Fattori” un nome che era una
garanzia per la nostra ”Piccola Città.” Partì da solo. Mi diressi verso nord, senza
conoscere bene tappe o tempi. Dovevo ancora chiudere il conto con me stesso, lasciato
in sospeso da un paio di mesi. Dovevo fare i conti con alcuni fantasmi. E una notte mi ritrovai a guardare Vienna dall’alto, le
luci come pennellate fumose, sulla collina e giù, ad addolcire la pianura, per
poi risalire sull’altro versante. Allora, guardando giù provai quella
sensazione di cui dicevo, l’improvviso abbraccio di tutta quella bellezza e pensai
che volevo provare quella bellezza, che al di là di ogni ferita o difficoltà
c’era una bellezza insita nelle cose, fruibile da prospettive non studiate.
Quella vista mi calmò. Continuai a guardare e il giorno dopo ripartii,
abbandonando Vienna, diretto verso la Baviera. Dopo quel deserto si rivelò molto, molto, molto lungo, ma questa
è un’altra storia. Una sensazione in qualche modo simile, anche se più matura,
la provai in una notte di fine Agosto di qualche anno fa, quando rimasto oramai
solo iniziai a leggere un libro, una raccolta di brevi racconti di viaggi, con
il titolo Nowhere “Nessun luogo”, un viaggio verso un “non posto”.
Credo allora che dobbiamo stupirci, rivalutarci e sfidarci
ai limiti delle nostre forze facendo tesoro delle nostre esperienze, negative o
positive non ha importanza è noi che dobbiamo gestire. Tuffarci nel nostro mare,
quello azzurro di casa nostra e, con bracciate sicure, raggiungere l`orizzonte,
oltre il futuro. Trattenere il fiato quando il vento ci schiaffegerà il viso.
Buttaremo fuori l’aria di colpo e rimaremmo senza, e ingoieremo acqua, ancora e ancora.
Fino all’ultimo respiro per poi tirare su la testa, ancora storditi; scoprirsi confusi ma migliori per ritrovarsi insieme nuovamente.
Di fronte ad un nuovo scopo: Vivere.
Buttaremo fuori l’aria di colpo e rimaremmo senza, e ingoieremo acqua, ancora e ancora.
Fino all’ultimo respiro per poi tirare su la testa, ancora storditi; scoprirsi confusi ma migliori per ritrovarsi insieme nuovamente.
Di fronte ad un nuovo scopo: Vivere.