Dilemma per quelli che tengono al proprio Paese; interesse
per chi abbia scopi commerciali; domanda con risposta scontata per chi sia
fuggito via; domanda spesso non pervenuta per chi ci governa. Come si può
guardare e con che occhi viene vista l'Italia dall'Estero?
In questo caso la risposta è “dall'alto al basso”.
Ma, fortunatamente, la risposta è intesa anche in senso geografico, dato che
questa volta utilizzerò, come punto di osservazione, la Svezia. In genere, gli svedesi amano l'Italia. Ne conoscono cibi
e bevande, ci vanno volentieri in vacanza (anche per sciare, pur essendoci
delle stazioni sciistiche svedesi), sono attratti dalla storia. Proprio in
questi mesi, vicino a Stoccolma, si tiene una bellissima mostra su Pompei.
Al
Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia negli ultimi anni c'è stata
una mostra su Guglielmo Marconi e anche un Arduino Day (per Arduino intendo la
piattaforma hardware nata a Ivrea). Molta gente conosce un po' delle glorie del
cinema. Ad esempio, Federico Fellini. E non a caso, dato che la svedese Anita
Ekberg lavorò sotto la sua regia. Un po' di silenzio in più sulla musica nuova,
essendo gli svedesi anglofoni per quanto riguarda la musica pop e data la crisi
globale della musica classica contemporanea.
La Svezia presta anche attenzione alla produzione letteraria italiana. Sulle pagine della cultura di un quotidiano, oggi è apparsa una recensione dell'ultimo romanzo di Umberto Eco. Un po' di dolori vengono in libreria, dove, negli scaffali di storia dell'Italia, compaiono quasi unicamente libri sulla mafia. Sembra – mi dicono – che siano gli unici che si vendono. Ci sono aziende di import-export di prodotti italiani (soprattutto alimentari) e una sola azienda italiana quotata in borsa in Svezia.
La Svezia presta anche attenzione alla produzione letteraria italiana. Sulle pagine della cultura di un quotidiano, oggi è apparsa una recensione dell'ultimo romanzo di Umberto Eco. Un po' di dolori vengono in libreria, dove, negli scaffali di storia dell'Italia, compaiono quasi unicamente libri sulla mafia. Sembra – mi dicono – che siano gli unici che si vendono. Ci sono aziende di import-export di prodotti italiani (soprattutto alimentari) e una sola azienda italiana quotata in borsa in Svezia.
Come potrebbero vederci – azzardo a dire – gli svedesi? Con
curiosità, probabilmente. Perché abbiamo un sacco di cose belle e interessanti
da proporre, ma siamo (geograficamente e non solo) distantissimi da loro.
Invece com'è l'Italia, guardata da un italiano
all'estero? Per chi c'è da tempo e vive qui, la realtà italiana diventa
distante. Nonostante spesso il carattere degli svedesi sia riservato. Distante
perché la puntualità dei servizi, la qualità della vita e tante altre cose sono
così diverse da rendere l'Italia incomprensibile. In questo caso, spesso, viene
da guardare la povera nostra nazione dall'alto al basso, cioè piegando la testa
e lasciandosi sfuggire una grande lacrima, che, per orgoglio vorremmo
ricacciare giù. Verrebbe da gridare alla gente di smettere di preoccuparsi per
le fesserie di destre, sinistre, variabili sulla sessualità, vizi pubblici e
(molto) private virtù di tanti amministratori pubblici (alla faccia di quelli
che, tra loro, vogliono comportarsi onestamente) e guardarsi attorno. Noi,
dall'Italia, immersa nel bacino del Mediterraneo, abbiamo il problema del
Medio Oriente e dell'Africa, della convivenza con chi abbiamo accolto (venisse
Salvini a vedere quanti Rom ci sono a Stoccolma, si spaventerebbe).
Ci sono due problemi. Uno materiale, perché
moltissima gente non arriva a fine giornata (non a fine mese). In più la
precarietà è diventata un rassegnato credo per moltissimi. Ed uno culturale.
Pensiamo di essere aperti al mondo (lo siamo grazie a tantissime persone, che
si dedicano con attenzione ai bisognosi in Italia e nel mondo). Invece siamo
ottusamente affascinati dalle retrospettive, inchiodati a vecchi argomenti di
conversazione e riflessione, a un pessimismo sterile.
E non vediamo che, fuori
dall'Italia, il mondo va avanti.
Forse dovremmo augurarci di tornare ad essere un popolo
di navigatori (non solo in rete), smettendo di essere passeggeri (prendo in
prestito la bella immagine dal duo Dalla – De Gregori). Così, per tornare a
scoprire quanto è bello il mondo.
källa: quotidiano online |
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