sabato 4 gennaio 2014

La valigia dell`attore.



L’insegnante che sbarca il lunario come cantante a Barcellona. Il biologo di Latina che diventa editore a Berlino. L’avvocato che vive all’Aja e sogna di fare il deejay a Parigi. Storie di giovani. Giovani italiani che partono. Per andare dove? A volte basta “altrove” per diventare qualcuno perché qui non sono nessuno. Hanno tra i 25 e i 40 anni e hanno deciso di lasciare l`Italia
A raccontare le loro vite Claudia Cucchiarato. Che nel suo libro, da poco anche documentario, “Vivo Altrove” ha voluto descrivere cosa vuol dire andarsene per questi emigrati del nuovo millennio. La stessa autrice si può definire tale. Figlia di quell’”effetto Erasmus” che a 21 anni le fa  prendere l’aereo per Barcellona senza sapere che poi sarà quella la città dove ancora oggi vive. 

Il suo attaccamento all’Italia, però, è comunque forte e crede che sia giusto continuare a sperare di renderlo un Paese dove si possa e debba vivere bene. Anche se ora non è cosi.
È sempre maggiore, infatti, il numero di persone che se ne va e alla fine non torna. Non si hanno cifre precise e affidabili perché molti di loro non si registrano agli Italiani all’Estero. E spesso vagano per città e continenti, sono una generazione cosiddetta liquida. È una scelta non facile quella di lasciare tutto, amici, casa e famiglia per l’assoluto ignoto. Non si tratta solo di cervelli in fuga, certi di trovare all’estero opportunità migliori, ma anche di ragazzi normali che sentono questa Italia troppo statica, chiusa e rivolta solo a se stessa. Dove fin da subito si convive con un eterno senso di disillusione per quel che sarà. E allora a volte si fa quel salto verso un futuro prossimo o meno che sia.

È una scelta non sempre fortunata e spesso piena di difficoltà, contraddizioni e sacrifici. Il laureato in Ingegneria, che si adatta a fare il cameriere a Londra da più di 3 anni ne è un esempio vivente. Ma quello che stupisce di più è leggere nei loro occhi un entusiasmo e una grinta che anche a 20 anni difficilmente ormai riesci più a incrociare. Sul sito di Vivo Altrove colpisce e quasi commuove la lettera di un giovanissimo attore che scrive con la valigia in mano e pieno di rabbia annuncia la propria fuga. Le sue sono grida di sofferenza e amarezza contro uno Stato totalmente indifferente, che non ascolta e non agisce.

In tanti, forse in troppi, ci hanno detto e ripetuto che l’Italia non è un paese per giovani. I primi a farlo sono proprio coloro che l’hanno resa così e che addolorati oggi consigliano ai figli di esiliare. Ed ecco quindi che sorge il dilemma più grande, qual è la vera sfida rimanere o andare via? Chi vince, chi perde?
Se ti rendi conto che lì le cose vanno meglio perché non cercare di cambiarle qui? A volte nemmeno ci si prova. Forse allora non è più soltanto una questione di rabbia e di rancore per un sistema che indubbiamente ha tradito tante promesse, che non è stato in grado di evolversi e che ha eliminato dal vocabolario la parola meritocrazia. Forse, un po’, è anche la paura di rimboccarsi le maniche e di ricostruire pezzetto dopo pezzetto questa vecchia e deludente Italia? Perché con lo stesso entusiasmo e determinazione con cui, con pochi euro in tasca, puntano il dito sulla mappa e scoprono realtà migliori che li arricchiscono, perchè non scelgono di crederci ancora e di ritornare a casa? (Chissà...)
(diverse källor)

venerdì 3 gennaio 2014

Giorno di inizio gennaio.

Giorno di inizio gennaio, Stoccolma sotto un cielo grigio, nebbiolina leggera, fastidioso vento freddo e umido. Le tende e gli alberi dello stesso colore grigio, entrambi, ondeggiano.

Scuri i tetti delle case dei miei vicini.Uggiosa l’aria. Un giorno di inizio gennaio, dall’apparenza triste.

Un giorno d`inverno svedese che sembra un giorno d`autunno italiano.

Mai fermarsi alle apparenze. Ciò che sembra in realtà non è.

Questo giorno, dall’apparenza triste, potrebbe nascondere colori di gioia e allegria.

Che i nostri occhi vedano al di là della linea di confine tra ciò che è e ciò che potrebbe essere. Che i nostri occhi vedano al di là dei tetti che si intravvedono all’orizzonte. Che i nostri occhi vedano al di là dei bianchi e neri.


martedì 31 dicembre 2013

Buon Anno 2014.

Ci siamo, l`anno nuovo, auguri, gioia, spumante e musica. In fondo si tratta solamente di un altro anno, il 2014, siamo a gennaio, un mese che a queste latitudini non promette niente di buono, freddo neve e gelo si ritorna a scuola i bambini all`asilo e le giornate ancora buie e corte.  Dunque celebriamo cosa? Le tasse da pagare o quell’accidente dell’assicurazione casa/auto sempre più cara ? Insomma, questo grande desiderio di festeggiare non lo capisco mica tanto, il fatto che da dicembre si passi a gennaio e che diventiamo tutti più vecchi. 

Una volta era diverso.  Quando ero ragazzino a Capodanno c`era qualche focherello artificiale, il permesso di stare sveglio fino a mezzanotte, una fettina (propio piccola) di panettone e un goccino di spumante.  Poi via di corsa a nanna, in fretta, sarai stanchissimo (non ero stanco per niente…)Probabilmente i miei parenti volevano un po’di pace, un pò di serenità e la libertá di essere un pò brilli, fatto il loro dovere da bravi adulti

Certamente non saranno stati molto felici nemmeno loro, persone già di una certa età, con il pensiero di crescere un moccioso problematico come me e sempre tanto stress. Niente grandi cenoni coi cappellini da party, risate e champagne per loro.  Sempre a casa la sera, feste comandate o no, davanti al televisore (quello dei vicini), le finestre ben chiuse perché quelli di fronte sono matti da legare, sparano colpi di pistola in aria…Era vero!!!

Lo ammetto, anch’io ci casco nel trappolone dell’anno nuovo, speranza nuova, eccetera eccetera.  Forse, chissà si potrà scorgere quella luce che si aspetta da tanto, troppo tempo, forse si riuscirà ad ottenere una porzioncina (piccola piccola) di quella serenità così anelata. Forse si possono anche riallacciare rapporti, i legami troncati dal tempo, dalla distanza, dalla rabbia, dai disaccordi, dalla paura di soffrire e di far soffrire, dalla follia della vita. 
Forse chiameranno i desaparecidos, fantasmi vivi e un pò vigliacchi che si sono quardati bene da farsi inquadrare dal radar della vita, strisciando silenziosi attraverso una vita che non amano, ma a cui sono rassegnati per pigrizia e vigliaccheria. La rassegnazione fa male all`anima ma non lo avete ancora capito…?

Di vita ne abbiamo solamente una, nonostante io dica sempre nella ”prossima” farò così, sarò un pilota di formula1, guiderò una rossa, abiterò a Montecarlo…Non ce n’è un’altra, solo quella che abbiamo in mano e cerchiamo inutilmente di capire. Sprecarla è probabilmente il peccato più grande. Ma lo facciamo tutti, perché, perché…Dobbiamo comportarci in un certo modo quello che ci impone la società ”civile” per cui stiamo zitti e ingoiamo. Tutto. I martiri di solito rimangono martiri e basta, anche di eroi se ne vedono pochi in giro e poi ne valeva la pena? 

Benvenuto 2014, eccomi qui ad accoglierti a piè pari, braccia conserte e tanta diffidenza dentro. 
No, non mi fido tanto di te, ma ti aspetto ugualmente perché, ecco, perchè mi esplode sempre quella maledetta speranza che non muore neanche se l’ammazzi.  Allora, desaparecidos, fatevi sotto senza paura afferrate l’attimo fuggente con tutta la vostra forza, anzi afferriamolo insieme.  
Non ce ne rimangono molti, infine. Buon Anno 2014 a tutti!



Attenzione

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Sono andato, tornato, ripartito.

Sono andato, tornato, ripartito.
E così ora sono qui, in un’altra fase della Vita. Abito vicino al ponte Västerbron, a forma di arpa. E’ bellissimo. La mia gratitudine è a scoppio molto ritardato. Faccio in tempo a dimenticare gli atti, i nomi e i volti prima di aver capito quando dovessi ad ognuno.