L’insegnante che
sbarca il lunario come cantante a Barcellona. Il biologo di Latina che diventa
editore a Berlino. L’avvocato che vive all’Aja e sogna di fare il deejay a
Parigi. Storie di giovani. Giovani italiani che partono. Per andare dove? A
volte basta “altrove” per diventare qualcuno perché qui non sono nessuno.
Hanno tra i 25 e i 40 anni e hanno deciso di lasciare l`Italia
A raccontare le
loro vite Claudia Cucchiarato. Che nel suo libro, da poco anche documentario,
“Vivo Altrove” ha voluto descrivere cosa vuol dire andarsene per questi
emigrati del nuovo millennio. La stessa autrice si può definire tale. Figlia di
quell’”effetto Erasmus” che a 21 anni le fa prendere l’aereo per
Barcellona senza sapere che poi sarà quella la città dove ancora oggi vive.
Il
suo attaccamento all’Italia, però, è comunque forte e crede che sia giusto
continuare a sperare di renderlo un Paese dove si possa e debba vivere bene.
Anche se ora non è cosi.
È sempre
maggiore, infatti, il numero di persone che se ne va e alla fine non torna. Non
si hanno cifre precise e affidabili perché molti di loro non si registrano agli
Italiani all’Estero. E spesso vagano per città e continenti, sono una
generazione cosiddetta liquida. È una scelta non facile quella di lasciare
tutto, amici, casa e famiglia per l’assoluto ignoto. Non si tratta solo di
cervelli in fuga, certi di trovare all’estero opportunità migliori, ma anche di
ragazzi normali che sentono questa Italia troppo statica, chiusa e rivolta solo
a se stessa. Dove fin da subito si convive con un eterno senso di disillusione
per quel che sarà. E allora a volte si fa quel salto verso un futuro prossimo o
meno che sia.
È una scelta
non sempre fortunata e spesso piena di difficoltà, contraddizioni e sacrifici.
Il laureato in Ingegneria, che si adatta a fare il cameriere a Londra da più di
3 anni ne è un esempio vivente. Ma quello che stupisce di più è leggere nei
loro occhi un entusiasmo e una grinta che anche a 20 anni difficilmente ormai
riesci più a incrociare. Sul sito di Vivo Altrove colpisce e quasi commuove la lettera di un
giovanissimo attore che scrive con la valigia in mano e pieno di rabbia
annuncia la propria fuga. Le sue sono grida di sofferenza e amarezza contro uno
Stato totalmente indifferente, che non ascolta e non agisce.
In tanti, forse in
troppi, ci hanno detto e ripetuto che l’Italia non è un paese per giovani. I
primi a farlo sono proprio coloro che l’hanno resa così e che addolorati oggi
consigliano ai figli di esiliare. Ed ecco quindi che sorge il dilemma più
grande, qual è la vera sfida rimanere o andare via? Chi vince, chi perde?
Se ti rendi conto
che lì le cose vanno meglio perché non cercare di cambiarle qui? A volte
nemmeno ci si prova. Forse allora non è più soltanto una questione di rabbia e
di rancore per un sistema che indubbiamente ha tradito tante promesse, che non
è stato in grado di evolversi e che ha eliminato dal vocabolario la parola
meritocrazia. Forse, un po’, è anche la paura di rimboccarsi le maniche e di
ricostruire pezzetto dopo pezzetto questa vecchia e deludente Italia? Perché
con lo stesso entusiasmo e determinazione con cui, con pochi euro in tasca, puntano il dito sulla mappa e scoprono realtà migliori che li arricchiscono, perchè non scelgono di crederci ancora e di ritornare a casa? (Chissà...)
(diverse källor)