martedì 10 febbraio 2015

Piccola storia dell'emigrazione italiana in Svezia

L'origine della presenza italiana in Svezia si perde nella notte dei tempi e, fin dai primi secoli dello scorso millennio, sulla scia dei primi missionari che dalla Germania e dall’Inghilterra si avventuravano fino a queste latitudini estreme, si trovano tracce di individui provenienti dall'Italia. Nella maggior parte dei casi sono religiosi, navigatori, artisti, saltimbanchi, artigiani, che vengono e stabilirsi oppure transitano per il paese. La prima notizia sul reclutamento di mano d'opera dall'Italia è quella legata al primo sovrano  del paese, Gustavo Vasa. Si racconta infatti che, secondo il protocollo di corte, in uso a quei tempi, anche a causa delle continue congiure che mettevano costantemente a repentaglio l'incolumità del sovrano, al termine dei banchetti, il bicchiere nel quale aveva bevuto il re doveva essere distrutto.
A quell'epoca i bicchieri, i vasi e gli oggetti ornamentali di vetro in genere, venivano importati da Venezia, ragion per cui l'acquisto e l'importazione di questi prodotti rappresentava una voce molto importante nel bilancio economico della "neonata" monarchia. Fu questo il motivo per cui la corte decise di creare una propria vetreria e per tale ragione, due maestri vetrai vennero reclutati da Venezia e cominciarono a lavorare nella celebre Kungsholms Glasbruk di Stoccolma. In tal modo questi veneziani esportarono fuori dai confini della repubblica veneta i segreti dell'arte di produrre oggetti di vetro. Come per il vetro, sia detto per inciso, così pure per la filigrana gli svedesi dovettero ricorrere al "know-how" - si direbbe oggi - di qualificati artigiani stranieri. Verso la metà del 1700 infatti, avendo le autorità constatato un pericoloso aumento delle falsificazioni di cartamoneta, decisero di "importare" - questo verbo improprio, che equi-para l'individuo alla merce, appare con frequenza negli articoli e durante il dibattito parlamentare per il reclutamento di mano d'opera straniera nel dopoguerra - specialisti dall'estero in grado di inserire il "marchio d'acqua" sulle banconote. La filigrana era stata introdotta nella carta come marchio di fabbrica nel tredicesimo secolo dai cartai di Fabriano nelle Marche.
Tumbabruk
L'ambasciatore svedese in Olanda reclutò segretamente i fratelli Jan e Erasmo Mulder, che introdussero la filigrana nella carta prodotta dalla Tumbabruk, la nota cartiera alla periferia di Stoccolma, oggi di proprietà della Banca Centrale di Svezia. Il paese fiammingo, che in quell'epoca era all'avanguardia per l'alta qualità della carta prodotta nelle sue cartiere, vigilava gelosamente sui maestri cartai che, vincolati da un severo giuramento, erano consci che qualora avessero esportato la tecnica di produrre la carta fuori dai confini del paese, sarebbero stati arrestati. Ciò accadde infatti ad Erasmo Mulder che, scoperto mentre stava per varcare il confine con la Germania per recarsi in Svezia, venne condannato a 16 anni di carcere. Per quanto concerne la presenza italiana in Svezia inoltre, a partire dal 1600 abbiamo varie testimonianze che ci rivelano la presenza di artisti e artigiani. Compagnie girovaghe di saltimbanchi e di teatro, musicisti, pittori, scultori, stuccatori, artigiani e tecnici che in genere attraversavano l'Europa in lungo e in largo, autori, tra l'altro, delle scene, dei costumi e degli effetti scenici ancora oggi esistenti e in uso nel famosissimo teatro della reggia di Drottningholm.
Alcuni di questi individui, che abitualmente giravano da un paese all'altro mettendosi al servizio dei potenti per poi far rientro in patria, restarono in Svezia e per tale motivo, ancora oggi, ci si trova di fronte a svedesi "purosangue" che hanno cognomi prettamente italiani, quali Orlando, Ambrosiani, Martini, Cavalli, Zanichelli, Notini, Ferrari, Bianchini e tanti, tanti altri.
Francesco Uttini
Molti tra i primi immigrati si inseriscono a pieno titolo nell'assetto sociale svedese. Essi sono i musicisti che vengono assunti dei maggiori teatri del paese, alcuni dei quali diventano famosi quali il bolognese Francesco Antonio Baldassarre Uttini (Bologna 1723 - Stoccolma 1795) che fu ingaggiato con tutta la compagnia dal sovrano Adolf Fredrik e il veronese Jacopo Foroni, (Valeggio sul Mincio 1825 - 1858 a Stoccolma), compositore e direttore dell'orchestra del Teatro Reale di Stoccolma e maestro do cappella dal 1849 alla morte, il quale, avendo partecipato a Milano alle Cinque Giornate, per non cadere nelle grinfie degli austriaci dovette scappare e rifugiarsi a Stoccolma ove conquistò una notevole popolarità tra l'alta società della capitale. Lo dimostra infatti il commovente necrologio a firma dello scrittore Auguste Blanche che descrive il suo ultimo incontro con il trentenne Foroni, poche ore prima che il colera causasse la morte del musicista italiano.
Maria Taglioni
A Stoccolma, da un matrimonio tra un italiano e una svedese, nacque colei che doveva divenire una grande celebrità della danza classica mondiale: Maria Taglioni (Stoccolma 1804 - 1884). Suo padre, Filippo (Milano 1777 - Como 1871), maestro di ballo e coreografo di successo, sposò nel 1803 la figlia del cantante - attore svedese Cristoffer Karsten e dal 1821, si dedicò interamente al successo della figlia Maria, per la quale coreografò il famoso “ballet blanc”, La Silfide. Trascorse gli ultimi anni in una villa sul lago di Como, divenuto quasi cieco in seguito a un colpo ricevuto in testa dalla caduta di una scena. La Taglioni è considerata ancora oggi una delle più grandi ballerine di tutti i tempi. 
È verso la metà dell'Ottocento che si verifica il primo fenomeno consistente di immigrazione dal nostro paese. Si tratta per la maggior parte di suonatori di cornamuse provenienti dagli Abruzzi, dal Molise e dall'altopiano cassinense, ai confini tra la Campania e il Lazio, suonatori ambulanti di organetto, domatori di orsi e artisti circensi provenienti dal granducato di Parma, Piacenza e Guastalla. Il marchio Gipskatter, che per decenni ha contraddistinto la componente italiana in Svezia, deriva invece dalle caratteristiche statuine in gesso, che raffigurano particolarmente gatti, prodotti dai figurinai della lucchesia. 
Questi girovaghi, che in principio vengono a trascorrere soltanto i mesi estivi nella Penisola scandinava, provenienti principalmente dalla Russia, diventano ben presto una componente di colore nella vita quotidiana svedese. Molti dei loro discendenti, come i fratelli Giulio e Mario Mengarelli, Jolanda Figoni, e alcuni membri della numerosa famiglia Jaconelli, si sono fatti onore come ballerini e musicisti e spesso ottenevano il plauso della cronaca nelle recensioni degli spettacoli ai quali prendevano parte come interpreti.
testo di Angelo Tajani
Si stabiliscono definitivamente in Svezia anche alcuni artisti, tra cui cantanti lirici e professori d'orchestra, reclutati direttamente dall'Italia in qualità di solisti oppure giunti in Scandinavia con le compagnie teatrali itineranti verso la fine del secolo scorso e all'inizio dell'attuale.  
Ci riferiamo agli antenati dei Frati, Galli, Tomba, Turicchia, Vecchi e di tante altre persone ormai inserite a pieno titolo nel contesto svedese. 
Curiosità tratte dal libro:
 “Gipskattor Och Positiv” di Christian Catomersi.

I Franchi del Cerreto di Tarsogno, frazione del Comune di Tornolo (Parma), si stabilirono dopo un lungo girovagare a Stoccolma in Svezia e divennero famosi prima per le loro statuine di gesso (utilizzate per l’originale mestiere di “Figurinaio”) e poi come esperti stuccatori.
Il capostipite fu Antonio Franchi, nato a Tarsogno nel 1853, che insofferente alla miseria e sostenuto da uno spirito intraprendente, dopo il matrimonio con una Bricca dei “Luigion” del Senato (frazione di Tarsogno), decise di partire con un organetto alla volta del Nord Europa. Nel volume “Gipskattor Och Positiv” di Christian Catomersi si legge: “Antonio era un italiano partito dalla Diocesi di Piacenza, era un suonatore d’organetto, girovagava per le piazze di Stoccolma era il re tra i suonatori, possedeva tutti gli strumenti che circolavano e li noleggiava ai suoi connazionali, guadagnando un sacco di soldi ”.

 Stoccolma 1895. La famiglia Franchi del Cerreto: in alto da sinistra Giuseppe Franchi detto “Pinò”, accanto la figlia Luigia “Gigina”, moglie di Antonio Bricca “Mantovan”, primo da sinistra Luigi (“Gigin”), secondo Antonio Franchi, ultima a destra la moglie Virginia Lunardini “di Gobbi”.











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Sono andato, tornato, ripartito.

Sono andato, tornato, ripartito.
E così ora sono qui, in un’altra fase della Vita. Abito vicino al ponte Västerbron, a forma di arpa. E’ bellissimo. La mia gratitudine è a scoppio molto ritardato. Faccio in tempo a dimenticare gli atti, i nomi e i volti prima di aver capito quando dovessi ad ognuno.