“Per un ingresso felice e fausto”.
Così recita in
latino l’iscrizione posta alla sommità di Porta del Popolo, nell’omonimo
piazzale, che ci ricorda un evento particolare: la grande accoglienza che la
Roma del Papa Alessandro VII riservò a Cristina regina di Svezia nel dicembre
del 1655. Avrete senz`altro capito che sono un ammiratore di Cristina
di Svezia ammirazione iniziata quando ancora ragazzino vidi l'omonimo film
interpretato da Greta Garbo.
Oggi non c’è
bisogno di leggere (o andare al cinema) per farsi una cultura sufficiente.
Telefonini e internet sono un comodo supporto per una nuova razza di pigri. Harry Potter, ad
esempio, chi non lo conosce? Per i pochi ancora all’oscuro si tratta di un
giovane mago alle prese con le forze del male alla perenne ricerca della «pietra filosofale». Che è una sostanza
catalizzatrice simbolo dell’alchimia, una pietra capace di risanare la
corruzione della materia. Insomma, oggetto mitico inseguito da sempre, e non
solo da questo Potter. Quattrocento anni orsono, anche Cristina, regina di
Svezia, si mise sulle tracce della pietra.
L’illuminata
sovrana con quel suo carattere impulsivo, irrequieto e così poco svedese è una
figura leggendaria. Se se sono dette di cose su di lei (bruttino il film del
1933 con la Garbo): insonne, ferocemente mattiniera, calma solo di fronte a Dio
e alla Chiesa, sessualmente ambigua. Persino portasfiga. Sull’esilio romano
(dal 1654 e fino alla morte sopraggiunta nel 1689) ne parla compiutamente
l’esperta Anna Maria Partini nel suo «Cristina di
Svezia e il suo Cenacolo romano» edizioni
Mediterranee. Volume interessante che si legge in un fiato, pieno zeppo di
documenti affascinanti a corredo della biografia della donna più ammirata e
calunniata d’Europa, una sorta di vanto e scandalo vivente.
Cristina, che
donna. Chi non la conosceva la trovava strana, con quei capelli sempre in
disordine, le mani imbrattate d’inchiostro e una spalla pià alta dell’altra.
Era bassa ma non ricorreva al trucco del tacco, era tutta d’un pezzo insomma.
Si dice che parlasse cinque lingue, latino compreso. Giunta a Roma nel dicembre
1655 fece il suo ingresso trionfale attraverso la Porta del Popolo (c’è ancora
la scritta). Amava la musica e possedeva una smisurata collezione di strumenti
musicali. Già nel 1647 aveva chiamato a Stoccolma un complesso di violinisti
francesi e nel 1652, scrive la Partini, il romano Vincenzo Albruci.
L`ingresso di palazzo Corsini, l`abitazione romana di Cristina di Svezia. |
A Roma il suo
mecenatismo si estese tra gli altri ad Alessandro Scarlatti e Arcangelo
Corelli. Ma il vero grande amore fu l’alchimia, «la sua vita – scrive ancora la
Partini – si svolse in uno dei secoli più importanti per la ricerca dell’"oro
filosofale". E continua ad esserlo ancora. Non a caso è stata donata alla
biblioteca dell’Accademia dei Lincei residente a Palazzo Corsini, l’antico
Palazzo Riario, una delle più ricche collezioni di manoscritti e stampe rare di
ermenetismo alchemico: il fondo Verginelli- Rota.
källa: il giornale by
Jacopo Granzotto
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Ma il libro
dipinge magistralmente la vita di Cristina nel suo palazzo romano, la sovrana
viveva come una regina circondata da studiosi e cardinali. Raramente dava
opinioni, ascoltava, ma le sue illuminate riunioni settimanali rimarranno nelle
storia magica di Roma.
Buona lettura e buon fine settimana