venerdì 11 ottobre 2013

“Per un ingresso felice e fausto”



“Per un ingresso felice e fausto”
Così recita in latino l’iscrizione posta alla sommità di Porta del Popolo, nell’omonimo piazzale, che ci ricorda un evento particolare: la grande accoglienza che la Roma del Papa Alessandro VII riservò a Cristina regina di Svezia nel dicembre del 1655. Avrete senz`altro capito che sono un ammiratore di Cristina di Svezia ammirazione iniziata quando ancora ragazzino vidi l'omonimo film interpretato da Greta Garbo.
 
Oggi non c’è bisogno di leggere (o andare al cinema) per farsi una cultura sufficiente. Telefonini e internet sono un comodo supporto per una nuova razza di pigri. Harry Potter, ad esempio, chi non lo conosce? Per i pochi ancora all’oscuro si tratta di un giovane mago alle prese con le forze del male alla perenne ricerca della «pietra filosofale». Che è una sostanza catalizzatrice simbolo dell’alchimia, una pietra capace di risanare la corruzione della materia. Insomma, oggetto mitico inseguito da sempre, e non solo da questo Potter. Quattrocento anni orsono, anche Cristina, regina di Svezia, si mise sulle tracce della pietra.

L’illuminata sovrana con quel suo carattere impulsivo, irrequieto e così poco svedese è una figura leggendaria. Se se sono dette di cose su di lei (bruttino il film del 1933 con la Garbo): insonne, ferocemente mattiniera, calma solo di fronte a Dio e alla Chiesa, sessualmente ambigua. Persino portasfiga. Sull’esilio romano (dal 1654 e fino alla morte sopraggiunta nel 1689) ne parla compiutamente l’esperta Anna Maria Partini nel suo «Cristina di Svezia e il suo Cenacolo romano» edizioni Mediterranee. Volume interessante che si legge in un fiato, pieno zeppo di documenti affascinanti a corredo della biografia della donna più ammirata e calunniata d’Europa, una sorta di vanto e scandalo vivente.

Cristina, che donna. Chi non la conosceva la trovava strana, con quei capelli sempre in disordine, le mani imbrattate d’inchiostro e una spalla pià alta dell’altra. Era bassa ma non ricorreva al trucco del tacco, era tutta d’un pezzo insomma. Si dice che parlasse cinque lingue, latino compreso. Giunta a Roma nel dicembre 1655 fece il suo ingresso trionfale attraverso la Porta del Popolo (c’è ancora la scritta). Amava la musica e possedeva una smisurata collezione di strumenti musicali. Già nel 1647 aveva chiamato a Stoccolma un complesso di violinisti francesi e nel 1652, scrive la Partini, il romano Vincenzo Albruci.
L`ingresso di palazzo Corsini, l`abitazione romana di Cristina di Svezia.
A Roma il suo mecenatismo si estese tra gli altri ad Alessandro Scarlatti e Arcangelo Corelli. Ma il vero grande amore fu l’alchimia, «la sua vita – scrive ancora la Partini – si svolse in uno dei secoli più importanti per la ricerca dell’"oro filosofale". E continua ad esserlo ancora. Non a caso è stata donata alla biblioteca dell’Accademia dei Lincei residente a Palazzo Corsini, l’antico Palazzo Riario, una delle più ricche collezioni di manoscritti e stampe rare di ermenetismo alchemico: il fondo Verginelli- Rota. 
källa: il giornale by
Jacopo Granzotto

Ma il libro dipinge magistralmente la vita di Cristina nel suo palazzo romano, la sovrana viveva come una regina circondata da studiosi e cardinali. Raramente dava opinioni, ascoltava, ma le sue illuminate riunioni settimanali rimarranno nelle storia magica di Roma. 

Buona lettura e buon fine settimana
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Sono andato, tornato, ripartito.

Sono andato, tornato, ripartito.
E così ora sono qui, in un’altra fase della Vita. Abito vicino al ponte Västerbron, a forma di arpa. E’ bellissimo. La mia gratitudine è a scoppio molto ritardato. Faccio in tempo a dimenticare gli atti, i nomi e i volti prima di aver capito quando dovessi ad ognuno.