Diciamoci la verità: non ci sono più gli emigranti di una
volta.
Oggi l’emigrazione, perlomeno in molti paesi europei, ha cambiato completamente volto. Ai nostri giorni, come prima cosa, si chiama “espatrio” oppure “expatriation”, che fa tanto figo. Chi emigra è l’”expatriate” o “expat”, che fa ancora più figo. Ben lungi dall’essere l’omino disperato con la valigia di cartone, l’expat odierno è, più spesso che no, un privilegiato. Se ne va perchè ha ricevuto una ghiotta offerta di lavoro all’estero o perchè al seguito di qualcuno che ne ha ricevuta una a sua volta. Prende il primo volo che trova – magari pagato dal futuro datore di lavoro – oppure la sua macchinina e via che parte con la valigia piena e il cuore ricolmo di speranza o svuotato dalla paura, a seconda delle circostanze. Certo, se è furbo, l’expat prima di partire ha seguito appositi corsi di lingua straniera, per non arrivare completamente impreparato e impossibilitato a comunicare con chiunque. Oppure si arrangia con l’inglese che ha imparato a scuola e va bene così. Diversamente si mette on lain e segue un corso gratuito di lingua, prima e dopo la partenza.
Oggi l’emigrazione, perlomeno in molti paesi europei, ha cambiato completamente volto. Ai nostri giorni, come prima cosa, si chiama “espatrio” oppure “expatriation”, che fa tanto figo. Chi emigra è l’”expatriate” o “expat”, che fa ancora più figo. Ben lungi dall’essere l’omino disperato con la valigia di cartone, l’expat odierno è, più spesso che no, un privilegiato. Se ne va perchè ha ricevuto una ghiotta offerta di lavoro all’estero o perchè al seguito di qualcuno che ne ha ricevuta una a sua volta. Prende il primo volo che trova – magari pagato dal futuro datore di lavoro – oppure la sua macchinina e via che parte con la valigia piena e il cuore ricolmo di speranza o svuotato dalla paura, a seconda delle circostanze. Certo, se è furbo, l’expat prima di partire ha seguito appositi corsi di lingua straniera, per non arrivare completamente impreparato e impossibilitato a comunicare con chiunque. Oppure si arrangia con l’inglese che ha imparato a scuola e va bene così. Diversamente si mette on lain e segue un corso gratuito di lingua, prima e dopo la partenza.
Dunque l’expat giunge nella sua nuova città e inizia a cercare di
ambientarsi. E lo fa tramite i motori di ricerca su Internet. In poche
ore, infatti il nostro tramite la rete, comodamente da casa sua, riesce ad
individuare nell’ordine:
- L’associazione di italiani più vicina a casa sua e alla quale rivolgersi nel caso di problemi pratici o linguistici.
- L’agenzia immobiliare più conveniente e che offra la possibilità di vedere in anteprima le foto e magari i filmati degli appartamenti disponibili, con tutti i dettagli del caso.
- L’asilo, la scuola o la babysitter più adatti per i figli.
- I supermercati o i negozi in zona che vendano prodotti alimentari provenienti dal proprio paese d’origine, per poter continuare a mangiare come si deve.
Sì insomma, la sua
situazione è decisamente migliore di quella dell’omino summenzionato, che
doveva cuccarsi mesi e mesi di solitudine, senza poter comunicare con i cari
rimasti a casa, se non al prezzo di costose telefonate internazionali; doveva
adattarsi a imparare la lingua locale quanto prima, per non soccombere; doveva
dormire magari dove capitava; doveva, volente o nolente, adattarsi al cibo
locale, dimenticare la pizza e, nel caso della Svezia, accettare il falukorv (vedi foto), che gli piacesse
o no; adattarsi altresì al gelo invernale svedese, senza poter prendere un
charter e trascorrere 10 giorni a Sharm el Sheik per scaldarsi…e via sulla
stessa linea.
Vedrete che vi passa subito, fidatevi!
(fonte:die italienerin)