Anna Maria Corazza Bild |
Onorevole, lei è una europeista convinta: non crede che
il progetto europeo oggi sia in crisi?
«Tutt'altro. Credo invece che, oggi più che mai, ci sia
bisogno di più Europa. La crisi dei rifugiati, il terrorismo, il rischio
Brexit, l'ascesa dei nazionalismi: sono questioni che richiedono risposte comuni
e coesione tra Stati Membri. L'Europa è nata sulle ceneri di una grande guerra
e le grandi crisi sono state un'opportunità di crescita e consolidamento. Sarà
così anche questa volta, non c'è alternativa».
L'incapacità di gestire I flussi migratori e la minaccia
del terrorismo stanno frantumando Schengen e la libera circolazione: c'è chi
alza I muri e chi, come la Svezia, dopo decenni di "porte aperte", ha
ceduto di fronte ad un flusso che pare inarrestabile. Come si esce da questa
crisi?
«Quella dei muri non è Europa. Sono Stati membri che violano
i Trattati. I Paesi che hanno reintrodotto i controlli, invece, lo fanno
rispettando le regole, ma solo se per un periodo di tempo limitato. I Trattati
lo prevedono. Il problema è che non si può pensare di abbandonare il principio
della libera circolazione: è un pilastro fondamentale della costruzione europea
e non si può tornare indietro. Sarebbe gravissimo. Schengen significa
ricchezza, posti di lavoro, crescita, competitività. Abolirlo significherebbe affrontare
dei costi enormi per la circolazione delle merci, oltre che disagi per i
cittadini europei».
Cosa pensa della decisione austriaca di ripristinare I
controlli al Brennero?
«Mi preoccupa moltissimo. La soluzione alla crisi che stiamo
vivendo non sono né i muri né i controlli alle frontiere. Bisogna rispettare le
regole che già esistono e attuare le decisioni del parlamento europeo,
affrontando tutto in un'ottica comunitaria. Bruxelles può fare tanto, ma se gli
Stati non collaborano è inutile».
Cosa dovrebbero accettare I singoli Stati?
«Intanto un meccanismo non volontario, ma obbligatorio per
la redistribuzione e l'accoglienza dei migranti. Poi un controllo europeo delle
frontiere esterne e l'identificazione dei profughi che hanno diritto di essere
accolti fatta direttamente nei campi delle Nazioni Unite per evitare quei
viaggi della speranza che costano la vita a migliaia di esseri umani. Infine
serve un sistema di rimpatri rapido ed efficace. I migranti economici non
possono restare in Europa: non possiamo risolvere tutti i problemi del mondo,
non siamo in grado. Ma abbiamo il dovere di salvare tutti coloro che possiamo
salvare ed evitare altre stragi nel Mediterraneo».
A proposito, lei ha avuto la possibilità di visitare
Lampedusa…
«Si, ho guidato la delegazione del Parlamento europeo. È
stata un'esperienza indimenticabile. Penso all'efficienza della nostra Marina
militare, all'umanità della popolazione di Lampedusa, dei volontari, dei nostri
militari che hanno un cuore più grande di qualsiasi organizzazione
umanitaria... ecco, se penso a loro, sono fiera di essere italiana. E penso ai
tanti bambini che ho visto...»
Sono i piccoli i più esposti ai mali del mondo «dei
grandi»: è così?
«Sono facili prede della criminalità organizzata e ogni anno
sono decine di migliaia i bambini stranieri non accompagnati che spariscono nel
nulla. Bisogna lavorare per registrarli ed identificarli appena arrivano, così
da farli entrare nel sistema di protezione».
Porte aperte indiscriminatamente ha significato anche
aggressioni sessuali alle donne, come accaduto a Colonia e in altre città
europee a Capodanno. Cosa possono fare le istituzioni?
«Sono crimini inaccettabili che vanno perseguiti e puniti
con severità. Gli immigrati che vengono in Europa hanno diritti, ma anche
doveri e una presunta diversità culturale non può giustificare violenze e
violazioni della legge. Ma attenzione a non demonizzare tutti i rifugiati,
sarebbe un errore».
Esiste un problema che riguarda l'integrazione e, più un
generale, il rapporto di alcune culture con le donne?
«Si, e va affrontato con la cultura e l'educazione. La
scuola è uno strumento potente per facilitare l'integrazione».
La «sua» Svezia può essere considerata un modello
nell'accoglienza e per l'integrazione. Come ci riuscite?
«Il budget che mettiamo a disposizione per questo è
superiore a quello della Difesa. I bambini non accompagnati, per esempio, hanno
diritto alla scuola, all'alloggio, al cibo. E si tratta di minori che hanno
viaggiato per mesi, traumatizzati, vittime di soprusi e violenze. Grazie al
nostro sistema avranno la possibilità di costruirsi un futuro e diventare
cittadini del nostro Paese».
Il Papa è volato sull'isola di Lesbo, ad accogliere I
migranti, I bambini senza nulla… Che impressione le ha fatto?
«Quando ho visto quelle immagini avevo le lacrime agli
occhi. Con la sua semplicità ha rimesso al centro la persona, l'essere umano. E
davanti a noi abbiamo visto non più numeri, ma persone. E bambini innocenti. È
stato un gesto straordinario».
A proposito di bambini, il "modello svedese" è
considerato il migliore dal punto di vista del welfare famgliare. Come ci siete
riusciti?
«Da noi tutti i bambini hanno diritto ad un posto all'asilo
e questo avviene, ovviamente, indipendentemente dal reddito delle famiglie. Poi
c'è il congedo parentale obbligatorio e anche i padri possono prendersi due
mesi per assistere il nuovo arrivato, dare una mano. Ciascuno nelle famiglie
deve dare il suo contributo e la legge può favorire questo principio. Le leggi
possono contribuire a cambiare la cultura».
Un'ultima domanda. Cosa pensa quando legge che la Gran
Bretagna potrebbe uscire dall'Ue, della cosiddetta «Brexit»?
«Mi preoccupo moltissimo. La disgregazione dell'Europa è il
rischio più grande che corriamo oggi. Senza Gran Bretagna, l'Unione si
indebolirebbe, l'unità e la coesione tra gli Stati sarebbe compromessa e non
avremmo la forza per contrastare le minacce globali che ci assediano: crisi
economica, immigrazione, terrorismo.
Speriamo non accada, ma sono fiduciosa che
non sarà così».
(källa: iltempo.by:Mara Carfagna)