domenica 6 giugno 2010

Ingegneri, meglio italiani o svedesi?

Nonno Franco, nella sua lunga permanenza nelle terre dei vikinghi (che ci crediate o no ) ha trovato anche il tempo per diventare:"Maskiningenjör." Tradotto:"Ingegnere Meccanico." 
Lo sò, è difficile credere che una persona così splendidamente sublime possa appartenere all'abominevole genìa degli ingegneri ma così è. E tanto vi basti. 
E allora parliamone di questi ingegneri: chi sono, da dove arrivano, cosa fanno? 
Gli ingegneri a Stoccolma arrivano da un luogo oscuro e triste (vedi foto in basso) chiamato. Kungliga Tekniska högskolan (KTH), in inglese Royal Institute of Technology,
Il ruolo della Kungliga Tekniska högskolan: Che io ho indegnamente freguentatto, non è quello di insegnare delle cose o di farti diventare bravo a fare qualcosa. Nossignore. La Kungliga Tekniska högskolan serve (per ammissione dei professori stessi) a darti la "forma mentis". Il che significa che La Kungliga Tekniska högskolan (da qui in poi abbreviato in "KTH") ha il compito di prendere un essere umano, svuotarlo di ogni minimo accenno di sensibilità umana e/o estetica e convincerlo che qualunque problema possa essere risolto diagonalizzando adeguatamente una matrice. Per questa ragione, i più brillanti studenti di ingeneria sono in genere esseri asessuati.
La parola "ingegnere" non contempla infatti il femminile, ma non è poi neanche troppo maschile, con quella  "e"  finale che fa tanto né carne né pesce. Di conseguenza, gli ingegneri più ingegneri sono quelli che non hanno nessuna caratteristica sessuale riconoscibile. Completamente amorfi se vogliamo.
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Differenze tra Svezia e Italia

L'unica differenza sostanziale che ho notato tra gli studenti di ingegneria maschi e femmine è che i maschi italiani fanno i buchi nei muri dei bagni per spiare le femmine, mentre le femmine italiche riempiono tali buchi con le modalità più ingegnose (cicche, rotolini di carta igienica, nastro adesivo..). Chi non ci credesse è pregato di recarsi in pellegrinaggio alle aule della facoltà di ingegneria la Sapienza di Roma uscita raccordo anulare di Tor Vergata.
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Stranezze svedesi: 
Se per caso vedete una ragazza e capite subito che è di sesso femminile ed arrivate magari a trovarla addirittura gradevole alla vista, ed iniziate anche a desiderare di scoprire se sia altrettanto gradevole al tatto. Allora non ci sono dubbi: la ragazza porterà a tracolla il tubo da disegno, simbolo distintivo degli architetti (così come la 24-ore è il simbolo degli ingegneri). Se non ha il tubo, è una matricola e quindi si aprono due possibilità:
1) L'anno prossimo sarà diventata un ingegnere e quindi asessuata. (vedi sopra)
2)L'anno prossimo sarà ancora bellissima e attraente. (foto sotto) Naturalmente avrà cambiato facoltà. (E nella migliore delle ipotesi avrà trovato anche il tempo per diventare mamma.) 

Credetemi: non esistono altre alternative.
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venerdì 4 giugno 2010

Il soffio di Dio...!

 
”C`è nell`uomo un soffio,
Uno spirito che assomoglia
al soffio e allo spirito di Dio.
Gli animali non ne sono privi”.

Giovanni Paolo II
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La mia vita dura 10-15 anni.
Se mi odi mi fai soffrire. Pensaci bene prima di prendermi con te.
Cerca di volermi bene così come sono perché non sono stato io a scegliermi.
Né ho la possibilità di scegliere amici e padroni.
Lasciami il tempo di capire quel che desideri da me.
Prima di sgridarmi,per educarmi, domandati se forse non sei tu che sbagli.
Oppure, sono io che non capisco cosa desideri da me.
Amami perché io vivo per questo.
Non arrabbiarti con me e non castigarmi.
Tu hai il lavoro, i tuoi amici, i tuoi divertimenti; io ho solo te.
Parlami ogni tanto!
Se ti sembra che non capisco, sappi che io so quello che pensi e che senti.
Ricordati che non dimentico mai come ti comporti con me.
Prima di picchiarmi, pensaci bene, potrei morderti, però non lo farò mai.
Quando sono piccolo non considerarmi come un giocattolo che butti se non ti serve più, perché il mio amore per te dura per sempre.
Prenditi cura di me quando invecchierò, rimarrò senza denti, diventerò sordo e non potrò più camminare.
Qualcuno si prenderà cura anche di te perché la vecchiaia è uguale per tutti.
Accompagnami nel mio ultimo viaggio.
Non dire mai “non posso guardare” oppure “fate che succeda in mia assenza”.
Con te tutto è più facile.

Questo deve essere il tuo preciso impegno in cambio della fedeltà e della dedizione che ti ho sempre mostrato.
Quando non ci sarò più non essere triste, piuttosto cerca di far felice qualche altro cane e amalo come hai amato me.

La sfida svedese...!


La prossima sfida che la Svezia si appresta ad affrontare è: salvare l'occupazione, aggiornare il catalogo delle libertà, stringere i rapporti con l'Europa
Questo è quanto afferma Mona Sahlin, 52 anni, parlamentare dal 198, ex ministra della giustizia,
è dal 17 marzo 2007 la nuova leader del Partito cialdemocratico svedese (Sap). È la prima volta, nonostante la tradizione progressista e femminista della Svezia, che una donna sale sul gradino più alto della forza politica che dal 1932 in poi ha governato ripetutamente il paese. Da almeno un decennio militanti ed elettori socialdemocratici chiedevano una donna al posto di comando. Alla fine degli anni '90, la ricerca di una nuova leadership si era indirizzata verso Anna Lindh, ex segretaria dei giovani del Sap, ministra degli esteri in carica quando fu assassinata da uno squilibrato il 3 settembre 2003 mentre faceva le compere nel grande magazzino Nordiska di Stoccolma. Era lei che avrebbe dovuto guidare il partito nelle elezioni del 2006, quando è invece toccato nuovamente al sessantenne Göra Persson - premier dal 1994 per tre legislature - tentare l'ennesima conferma contro il quarantenne Fredrik Reinfeldt, l'attuale premier che guida un governo imperniato sull'alleanza tra centristi, moderati e liberali.
Il problema per i socialdemocratici svedesi negli ultimi anni non era ovviamente solo quello di mutare leadership e di collocare una donna al vertice, anche se il valore simbolico di questa scelta non va trascurato. In Scandinavia, la sinistra socialdemocratica governa attualmente solo in Norvegia e ha perso le elezioni anche in Finlandia. Nuove idee e nuove politiche sono perciò da tempo all'ordine del giorno dei socialisti di Stoccolma.

Segnali di globalizzazione
La Svezia, con il referendum del 2003, ha rifiutato di adottare l'euro. La corona svedese è restata salda ( ca.uno a uno nel cambio con la moneta europea) fino alla bufera della recentissima crisi economica e finanziaria. In queste settimane anche l'economia di Stoccolma è travolta dalla crisi ed è in recessione, seppure minima, con la contrazione del Pil dello 0,1%. Il governo conservatore ha stanziato 25 miliardi di corone (2, 5 miliardi di euro), sotto forma di prestiti straordinari e garanzie sui crediti, per arginare la crisi nel settore dell'auto che ha colpito Saab e Volvo (20 mila lavoratori occupati). L'obiettivo di Anders Borg, ministro
delle finanze di Stoccolma che ha stabilito l'entità dell'intervento statale, è assicurarsi che i settori della ricerca e della produzione di Saab e Volvo rimangano in Svezia. Ma intanto 6 mila operai sono andati in cassa integrazione nell'impianto della Volvo di Göteborg. Anche la Skf, leader mondiale nel settore dei cuscinetti a sfera, ha annunciato una riduzione di organico che riguarderà almeno 2.500 lavoratori. La Electrolux, primo produttore di elettrodomestici in Europa e secondo al mondo, si prepara a tagliare oltre 3 mila posti di lavoro.
Come se queste notizie non bastassero ad allarmare i 9 milioni di abitanti della Svezia, lo scorso 16 dicembre la Commissione europea ha approvato il piano di emergenza di 225 milioni di corone che le autorità svedesi hanno concesso alla Carnegie Investment Bank. Il governo si è impegnato a fornire un piano di ristrutturazione di questa banca entro il 2010.

I problemi svedesi non sono tuttavia solo economici. Ciò che accade sul fronte sociale indica che la globalizzazione non risparmia neppure la Svezia. Gli scontri tra poliziotti e immigrati assomigliano terribilmente a quelli periodici nelle periferie di Parigi. L'immigrazione è un tema incandescente anche in un paese civilissimo che si vanta delle sue politiche di accoglienza e integrazione. Un milione di immigrati di prima generazione e il 20% del totale dell'intera popolazione composta da immigrati di seconda generazione sono un fenomeno da governare con sapienza, pena una frattura sociale dalle imprevedibili conseguenze.

A Stoccolma, come in altri paesi europei, affiora perfino la questione morale, un vero e proprio shock per un paese di cultura protestante (la stessa Moni Sahlin ha rischiato di veder finire la sua carriera politica nel 1995, quando usò la carta di credito di parlamentare per comprarsi una tavoletta di cioccolato). È sotto inchiesta l'Accademia svedese che assegna i premi Nobel. Uno dei giurati del Nobel della medicina di quest'anno faceva parte del Consiglio di amministrazione della Astra Zeneca, una delle case farmaceutiche che potrebbe ricavare benefici dalla ricerca premiata. La procura svedese indaga per accertare se la multinazionale con sede in Gran Bretagna abbia esercitato delle pressioni indebite sulla giuria. Altri giurati sono sotto pressione per analoghi sospetti (alcuni si sono dimessi). Si prospetta perciò - come un fulmine che fa barcollare una delle più rispettate istituzioni svedesi - la riforma del metodo di assegnazione dei Nobel.

Un rinnovamento indispensabile
Il Sap riparte dal 35% ottenuto nelle elezioni del 2006. La sconfitta di 5 anni fa ha delle similitudini con il vuoto lasciato da Olof Palme nel 1986 (il premier fu assassinato il 28 febbraio di quell'anno), preludio del ritorno al governo dei conservatori nel 1991, e con la crisi economica del 1990, quando per la prima volta in Svezia la disoccupazione raggiunse l'8,5%. In quel passaggio cruciale, i socialdemocratici riuscirono nel miracolo di tornare al governo nel 1994 e di riconvertire l'economia dell'acciaio e del legno verso settori a elevato contenuto tecnologico per l'export. Contemporaneamente, ci furono massicci investimenti nelle comunicazioni (il boom dei telefonini Ericsson), nell'informatica (è svedese l'invenzione del sistema di decodifica a banda larga) e nell'industria di salvaguardia dell'ambiente.
Grazie all'azione dei governi presieduti da Persson, l'eredità lasciata 5 anni fa al governo del conservatore Reinfeldt era davvero invidiabile: disoccupazione al 5%, spesa pubblica per l'istruzione pari al 7,8 del Pil (con il 4% destinato alla ricerca), 45 mila laureati ogni anno, spesa sanitaria e di protezione sociale pari al 33% del Pil, popolazione femminile attiva sul mercato del lavoro pari al 48%, alti tassi di natalità grazie alle politiche di sostegno a madri e padri, crescita annuale del Pil oltre il 3%. Mona Sahlin ha facile gioco nella polemica politica interna quando punta l'indice contro l'attuale governo che per uscire dalla crisi propone il taglio delle tasse e la riduzione delle tutele garantite dal welfare. Ma il problema dei socialdemocratici - avverte giustamente la loro leader - non si risolve esclusivamente con il richiamo alla propria nobile tradizione: il Sap deve saper indicare un progetto di rinnovamento della società svedese.
Fin dal discorso di investitura a leader del partito e a candidata a premier per le prossime elezioni del 2010, Mona Sahlin ha parlato della necessità di ritrovare il coraggio per «buttarsi in una nuova avventura politica», segnalando come priorità un rapporto più intenso con l'Unione europea. Si è infatti incrinata nel Sap la convinzione che si possa salvare il welfare svedese continuando a operare in un paese solo o al massimo di concerto con Norvegia, Danimarca, Finlandia e Islanda. Fino al 2006, sono stati più europeisti i conservatori che i socialdemocratici.
Altro obiettivo del nuovo corso è il mantenimento dei livelli di occupazione. «Il movimento socialdemocratico si è sempre basato sul diritto al lavoro per tutti, anche se oggi si chiedono condizioni di salario e di sicurezza più flessibili», ha detto più volte negli ultimi mesi Mona Sahlin. Per lei, è assolutamente necessaria la riqualificazione permanente della forza lavoro per raggiungere l'obiettivo di un mercato del lavoro dinamico e capace di guardare anche alle esigenze delle imprese. La principale differenza con i conservatori sta nell'idea che non si debba smantellare e deprimere il settore pubblico.
(vagabondo)

Reinventare la libertà
L'altro tema della nuova avventura socialdemocratica è l'aggiornamento della lotta per le libertà. «Oggi la libertà ha nuovi limiti, che non sono le deduzioni fiscali. La libertà moderna è avere la possibilità di sfidare le norme, di crearsi le proprie e di non avere ostacoli nelle decisioni individuali pur salvaguardando il diritto all'uguaglianza della comunità di cui si fa parte», ha detto Mona Sahlin nel discorso programmatico dopo l'elezione a leader del suo partito. Ne consegue che il pervasivo stato svedese, inventato dai socialdemocratici in quanto a diritti e doveri, deve fare qualche passo indietro rispetto al detto made in Sweden «il welfare ti accompagna dalla culla alla tomba».
Un altro tema decisivo è quello di tingere sempre più di verde l'economia e il welfare per ottenere nuovi posti di lavoro. Lotta contro il cambiamento climatico, fine della dipendenza dai combustibili fossili entro il 2020, ricerca sulle fonti energetiche alternative, certificazione ambientale per tutte le produzioni industriali sono il perno della nuova piattaforma dei socialdemocratici.
Infine, c'è il problema della democrazia nel partito. Mona Sahlin ha una netta convinzione: i tre governi consecutivi guidati da Persson avevano finito per far identificare il Sap con l'intero sistema politico. Da qui l'avvio di una discussione che ha costretto il partito a misurarsi con la sconfitta elettorale e con la perdita di appeal verso i settori più giovanili dell'elettorato. Per il rilancio del Sap, che resta un partito di massa con i suoi 125 mila iscritti, è ritenuto decisivo anche ritessere il tradizionale rapporto con il movimento sindacale (Lo), che in Svezia ha sempre costituito il più solido radicamento sociale ed elettorale dei socialdemocratici.

Il «modello svedese» dei tempi di Tage Erlander e Olof Palme, fatto di neutralismo attivo in politica estera e di uno stato sociale che si prefiggeva perfino il superamento della proprietà privata con le leve della democrazia economica e della democrazia sociale (il Piano Meidner), è irripetibile nella sua radicalità. Ma la «nuova avventura» avviata da Mona Sahlin è altrettanto ambiziosa: rimodellare il welfare senza abbatterlo, far uscire la Svezia dall'isolazionismo e dimostrare che Stoccolma non abbandona gli ideali socialdemocratici nella sua organizzazione sociale.
(vagabondo)

giovedì 3 giugno 2010

Italiani:piccoli piccoli...! ( e il 2 Giugno).


Oggi è stato il 2_Giugnio festa della nostra republica e sui blogg italosvedesi "compreso il mio" nemmeno un piccolo commento, solamente una signora svedese ha avuto per tutti noi un piccolo “pensierino” ma lei si sà è una donna intelligente non per niente ha sposato un napoletano verace...! Tack !


Il mio amico Giulio invece mi ha telefonato e mi ha detto: Franco, siamo (congiuntivo imperativo) noi i “Veri” italiani. Ed io abbassando la voce per non farmi sentire da mia moglie perchè mi vergogno un pò di essere italiano...gli bisbiglio: Parla piano la V maiuscola va bene, però, la i è piccola, piccolissima. Pure, un lieve disagio permane : da sempre l’idea di essere qualcosa, in esclusione di un’altra, mi disturba, e poi, quando si tratta di “identità ...” Silenzio ! Qui non facciamo psicologia, ma cultura. E il mio compitino di questa notte di mezza estate svedese è dire, in due parole, chi sono questi italiani, perché per rivolgerci ai Veri (con la V maiuscola) bisognerà capire chi sono quelli con la i minuscola. Ma allora, appunto, chi sono questi Italiani ?
Senza aprire qui un complesso dibattito storico (ma prima o poi lo apriamo, eh ?), potremmo subito sottolineare un paradosso tutto "italiano" : a differenza di quanto è accaduto ("normalmente", verrebbe da dire) negli altri paesi occidentali gli italiani hanno cominciato ad essere prima che esistesse una nazione Italia.

Da quando ? Quando cioè quelli che abitavano all’interno delle frontiere di quella che oggi chiamiamo l’Italia hanno cominciato ad esser tali ? Forse subito dopo l’anno Mille, o forse proprio con Dante, il "nostro poeta nazionale".

Ma Dante più che all’Italia pensava a Firenze, e il suo uso del volgare non aveva i fini politici che gli si sono prestati dopo. Certo, questo suo volgare pone un nuovo "italianissimo" paradosso : gli italiani attuali di cultura media capiscono quasi interamente il vocabolario e la sintassi della Divina Commedia ; e comunque molto di più di quanto, gli svedesi (esse minuscola…) di cultura media possano capire, August Strindberg il quale è cronologicamente molto più vicino. Esisterebbe dunque una misteriosa esistenza di una lingua-cultura italiana che avrebbe preceduto di più di cinque secoli la nascita di una stato unitario ?

Chi parlava "italiano" quando l’Italia "s’è desta", nel 1861 ? e questo, nonostante i bellissimi, anch’essi "prodigiosi" Promessi Sposi ? E del resto, chi "s’era destato" ? Non voglio togliere nulla ai nobili ideali dei patrioti ottocenteschi, né sostituire una retorica patriottarda con un’altra antipatriottica per principio (per quanto…) : pure, mi sembra inoppugnabile che l’Italia nazione sia il risultato più che di una coscienza collettiva e rivoluzionaria, delle annessioni successive al regno del Piemonte – nonostante Dante e Manzoni, Ariosto e Leopardi, e tanti altri geni italiani, di cultura italiana ne circolava assai poca : perché l’italiano diventi la prima lingua degli italiani bisognerà aspettare la televisione, degli anni cinquanta...

La nazione Italia sarebbe forse solo un fragile artificio ? Non esageriamo : tuttavia non potremo non notare che, ora monarchica ora repubblicana, ora savoiarda ora mazziniana, ora piemontese ora siciliana, ora europeista ora mediterranea, ora fascista ora antifascista (o ancora – dopo le elezioni del 2008 – « definitivemente » postfascista. In neanche 150 anni di storia l’Italia ha conosciuto e tentato diverse strade, fra loro diversissime. Non nel senso scontato per cui in una nazione possono coesistere progetti politici diversi, ma nel senso fondamentale, nel contempo culturale e civico, di ciò che comunemente costituisce il nucleo, il filo conduttore di un’identità nazionale. Dovremmo allora esagerare ? L’artificio sarebbe stato veramente troppo fragile... E troppo pochi, di nuovo, minoritari, sarebbero stati quelli che combattendo il fascismo fondarono la « Repubblica nata dalla Resistenza », troppo pochi quelli che negli anni sessanta e settanta animarono le grandi battaglie sociali e culturali, facendo pensare che l’Italia avesse infine affermato una solida comunità civile – dietro, c’era e c’è sempre in agguato quello che Carlo Levi definì « l’eterno fascismo italiano », e che io invece chiamo:

l

l’eterna Italia cialtrona ...in cui noi, purtroppo siamo sempre troppo, troppo pochi...!

...e rischiamo sempre di "infilarci in un vicolo cieco..."

Attenzione

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Sono andato, tornato, ripartito.

Sono andato, tornato, ripartito.
E così ora sono qui, in un’altra fase della Vita. Abito vicino al ponte Västerbron, a forma di arpa. E’ bellissimo. La mia gratitudine è a scoppio molto ritardato. Faccio in tempo a dimenticare gli atti, i nomi e i volti prima di aver capito quando dovessi ad ognuno.