domenica 23 ottobre 2011

Colori Svedesi


Abbiamo un bel lamentarci noi degli stereotipi che ci appiccicano addosso gli stranieri. Il fatto è che loro, poveretti, sono vittime di denigrazioni altrettanto ingiustificate da parte nostra. Prendete gli svedesi, per esempio: alzi la mano chi, in tutta coscienza, sente di poter dire che non li immagina tutti tristi e noiosi come i personaggi delle bergmaniane «Scene da un matrimonio». Poi arrivi all'aeroporto di Stoccolma e scopri che - a tua conoscenza - è l'unico scalo al mondo dove sia previsto uno spazio per giocare a campana. Sarebbe per i bambini. Sarebbe. Poi basta bighellonare lì intorno qualche minuto per sorprendere qualche uomo d'affari che, nella sua inappuntabile grisaglia, si mette a saltare da un riquadro all'altro stringendo la ventiquattr'ore.
Metro a Stocolma
Piccola cosa forse, questa dell'area destinata allo scatenamento del fanciullino che alberga in ogni manager. Ma è un piccolo seme che ti fa germogliare il dubbio che, se è vero che spaghetti e mandolino sono un po' limitati come riferimenti descrittivi di noi genti italiche, non sarà che per caso si dia la possibilità di vedere anche svedesi allegri? 
Poi scendi nella metropolitana e il germoglio diventa un vigoroso albero di certezza. Il fatto è che la metropolitana di Stoccolma è bella, bella come un museo d'arte contemporanea. Sono più di 150 gli artisti che si sono prodigati per fare di ciascuna delle stazioni un'esperienza estetica, e molti ci sono riusciti in maniera davvero spettacolare, tanto che qui immergersi nelle gallerie della metropolitana è stato trasformato da seccatura inevitabile a must turistico.

Altro luogo comune mediterraneo riguardante le terre iperboreali: d'estate va tutto bene, con le giornate interminabili, le notti bianche e via dicendo; ma nella irredimibile tenebra invernale non vi può essere spazio per levità di cuori. Errore ciclopico. Proprio questo è in realtà uno dei momenti in cui meglio si può fare esperienza del buonumore di cui sono capaci i discendenti dei Vichinghi. L'inverno quassù è di sicuro la stagione dalle giornate che, dipendesse dal sole, non comincerebbero mai davvero: passi dal buio a una cosa che non sai bene come chiamare perché non ha ancora finito di essere alba ed è già tramonto. Ma, nell'atmosfera vagamente irreale delle giornate in cui a mezzogiorno le ombre si proiettano lunghissime sulla neve che la luce calda tinge di giallo, gli svedesi, e primi fra tutti gli abitanti di Stoccolma, si sanno perfettamente organizzare per divertirsi, anche con pubbliche occasioni di festa.
La stagione dei festeggiamenti invernali comincia ogni anno il 28 novembre, con l'apertura del primo mercatino di natale rievocativo a Skansen. Gli svedesi vanno matti per questo parco-villaggio-museo ospitato su una delle isole che formano la loro capitale. E' la ricostruzione fedele, se non proprio di un autentico villaggio dei secoli passati, almeno degli elementi costitutivi di esso, tutti messi insieme a formare una sorta di abitato ideale, distillato di tutti quelli reali. Ora, i mercatini di Natale in sé sono quanto di più tradizionale il mondo nordico abbia da offrire per il periodo dell'Avvento. Ma qui non si limitano a un mercatino qualsiasi: con un notevole gusto iperrealistico ne organizzano uno che è la fotocopia (ma forse sarebbe più confacente dire il dagherrotipo) dei mercatini natalizi di cent'anni fa. Con il contorno delle case e botteghe artigiane del parco, la gente in costume e tutti i minuziosi dettagli che qui sono bravissimi.
Prima, però, è la volta di un altro genere di celebrazioni: il 10 dicembre è il giorno della cerimonia di consegna del premio dei premi, il Nobel, ai ricercatori che di volta in volta meglio si siano distinti nello sforzo di migliorare la conoscenza del mondo attraverso le scienze, ai medici che abbiano dato un contributo rilevante alla riduzione delle sofferenze che affliggono l'umanità, agli economisti che più a fondo abbiano esplorato i meccanismi reconditi della creazione della ricchezza, nonché a quello ritenuto più rappresentativo fra quei medici dell'anima che sono i poeti e i narratori. In contemporanea con la cerimonia alla presenza della famiglia reale svedese nel Municipio di Stoccolma, nell'altra capitale della penisola scandinava, Oslo, viene conferito il Nobel inevitabilmente più significativo e insieme più controverso di tutti, quello per la pace.

È in particolare nel mercatino natalizio di Skansen che, ogni sabato e domenica pomeriggio, si festeggia Santa Lucia con una processione. Il giorno di massima gloria di Lucia arriva naturalmente un paio di settimane più tardi. Nel corso di quel 13 dicembre, che la nostra tradizione popolare accredita di “giorno più corto che si sia” con un'anticipazione del solstizio forse dettata dall'amore per la rima, la processione che termina a Skansen con un concerto di canti ispirati alla santa e carole natalizie ha poi il suo giusto compimento con la deposizione sul capo di una graziosa e inevitabilmente bionda fanciulla della corona che sta ad indicare l'elezione della fanciulla medesima quale rappresentante pro-tempore della siciliana Santa Lucia in veste di “Regina della luce”. Ed è davvero mirabile la disinvoltura che la Lucia di turno riesce a sfoggiare portandosi in giro-presumibilmente guardata a vista dai vigili del fuoco confusi fra la folla, perché da queste parti non si corrono rischi-quello scomodissimo candeliere con tanto di fiammelle accese.
Certo la cerimonia e il sontuoso banchetto che la chiude sono riservate a una selezionatissima lista di invitati e benefattori, ma la presenza in città dei campioni dell'umanità si fa sentire per tutta la settimana e finisce per coinvolgere anche i comuni mortali che non hanno accesso alla sala decorata dai quintali di fiori donati ogni anno dal comune di San Remo a ricordo del fatto che lì, sulla Riviera ligure, il signor Nobel scelse di trascorrere gli ultimi anni della sua esistenza itinerante.
Per amore della netiquette e di Paoletta: l`articolo è di Gianni Campi.
(il collage però è mio)

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Sono andato, tornato, ripartito.

Sono andato, tornato, ripartito.
E così ora sono qui, in un’altra fase della Vita. Abito vicino al ponte Västerbron, a forma di arpa. E’ bellissimo. La mia gratitudine è a scoppio molto ritardato. Faccio in tempo a dimenticare gli atti, i nomi e i volti prima di aver capito quando dovessi ad ognuno.