La Svezia è il baluardo dell’innovazione in fatto di diritti
sociali e di genere: dopo aver fatto da apripista europeo per femministe, gay e
aiuti statali, nel Paese nordico infuria il dibattito sull’abolizione della
distinzione tra generi.
INFANZIA UNISEX - L’uguaglianza di genere è in Svezia ormai
talmente data per assodata che negli ultimi anni è passata in secondo piano in nome della
neutralità, specie per le nuove generazioni: sempre più bambini infatti sono
chiamati con nomi unisex (ne esistono 170 legalmente riconosciuti) ed educati a
prescindere dal loro sesso. Frasi come “il rosa è un colore da femminuccia”
insomma non valgono niente nel Paese dove i negozi di abbigliamento eliminano i
reparti uomo/donna e le ditte di giocattoli usano come immagine pubblicitaria
un piccolo Spiderman che spinge una carrozzina rosa.
LUI, LEI, HEN - La situazione sta cambiando de facto, ed
esige anche un rinnovamento della lingua che permetta di riferirsi a una
persona senza implicarne il genere. Così da pochi giorni è stato ufficialmente
inserito nella versione online dell’Enciclopedia Nazionale il termine “hen”, un
pronome personale neutro che può essere utilizzato al posto di lui (“han”) e
lei (“hon”). Il termine è da tempo in uso negli ambienti femministi e
omosessuali, ma le sue origini risalgono agli anni Sessanta, e il primo a
proporne l’introduzione nel vocabolario fu lo studioso Hans Karlgren nel 1994.
Jan Guillou |
LE CRITICHE - C’è anche chi, come lo scrittore Jan Guillou,
non ha accolto a braccia aperte la nuova via: per gli scettici la neutralità
del genere potrebbe nuocere su due fronti, la preservazione della lingua
nazionale e la psicologia dei bambini, confusi più che confortati dalla
mancanza di differenze.
La
Svezia e soprattutto il suo sistema scolastico si trovano a cavallo di un
cambiamento che necessiterà di tempo per raggiungere una stabilità e una
coerenza: per il momento gli istituto si arrangiano secondo direttive interne,
per esempio senza distinguere tra aree maschili e femminili, o facendo attenzione
a come gli insegnanti chiamano i bambini.
Se per il mondo degli adulti svedesi
il nuovo pronome è il riconoscimento di una tendenza di pensiero già affermata
(la cui precedente battaglia – non ancora conclusa – è l’abolizione della
sterilizzazione obbligatoria per i trans), il rischio per la vita infantile è
che venga monitorata e incanalata più di quanto veniva fatto in precedenza.
Källa:
gionalettismo di Marta Arniani