Che ci piaccia o meno, i dati nero su bianco lasciano poco
spazio alle dichiarazioni di sdegno: gli italiani sono indietro agli altri
paesi OCSE su tutti i fronti quando si parla di qualificazione degli adulti, e
questo non aiuta nella collocazione nel mondo del lavoro
La colpa è di tutti.
Questa situazione è frutto dell’incapacità dell’Italia di rinnovarsi
e di stare al passo con il mondo che cambia. Il Paese non è riuscito a trarre
vantaggio – nonostante abbia le capacità – dalla globalizzazione. L’ha solo
subita, ritrovandosi stretto tra un inevitabile processo di de-industrializzazione,
l’assenza di investimenti nella ricerca e una visione miope dello sfruttamento
di una delle più importanti risorse: il turismo. Così, oggi, gli italiani non
sono solo coloro che hanno serie difficoltà con la lingua inglese. Ma sono
anche coloro che hanno meno capacità di operare in un contesto globale e
tecnologico. La colpa è anche della politica, ma non solo. Hanno colpa tutte
quelle forze conservatrici che hanno sempre detto no al cambiamento, a partire
dal sistema scolastico.
Al merito si è preferita l’uguaglianza che poi è stata
declinata nella sua versione più deleteria: l’egualitarismo. Così le eccellenze
non sono mai state premiate e gli studenti sono sempre stati valutati con
sistemi vecchi ed incapaci di dare un giudizio sul vero potenziale umano, con il risultato che ora il
paese si ritrova con 2,5 milioni di neet, cioè di coloro che non studiano (o si formano) né lavorano e molte donne
inoccupate.
Uno spreco di risorse umane che però sembra difficilmente recuperabile. Già Monti aveva definito quella dei 30-40enni come una “generazione perduta”.
Verrebbe da dire che ora non resta che salvare il salvabile e riformare radicalmente il sistema scolastico e universitario. Non si può più rimandare. Perché se oggi si è persa una generazione, domani si potrebbe perdere il Paese, definitivamente.
diverse källor e diritto di critica |
Uno spreco di risorse umane che però sembra difficilmente recuperabile. Già Monti aveva definito quella dei 30-40enni come una “generazione perduta”.
Verrebbe da dire che ora non resta che salvare il salvabile e riformare radicalmente il sistema scolastico e universitario. Non si può più rimandare. Perché se oggi si è persa una generazione, domani si potrebbe perdere il Paese, definitivamente.