Sembravano due ragazzi che giocavano, come noi da bambini, a mago o libero.
Lui, il tunisino, che scappava tra gli ulivi della terra mia e lui, il questurino, che lo inseguiva a cavallo. Uno contro uno, senza odio. Perché ognuno capiva l’altro, non aveva nulla contro di lui, è la vita a opporli. Era un po’ forzato l’agente a cavallo nella parte del mago.
Era giocosamente disperato l’immigrato, nella parte del libero. Se l’acchiappi hai vinto e lo riporti nel recinto. Quando sei uno contro uno, capisci la sua voglia di salvarsi, di lasciarsi alle spalle la fame, il brutto esodo, i soldi pagati, ma lasciando pure la madre, il fratello, il villaggio.
Capisci la voglia di costruirsi l’avvenire a morsi,come non sappiamo più fare noi. Il poliziotto non sguazza nel lusso ma è nato in un posto migliore, ha uno stipendio, una divisa e sta a cavallo. Agita il manganello per indicare lo status di mago nel gioco, ma non lo usa.
Magari si ricorda che suo nonno partì emigrato pure lui, e poi mandò i soldi per far campare i suoi. E ora vede che il suo sud scassato è per il tunisino l’eldorado.